sabato 21 luglio 2012

Finalmente ho capito chi sono i moderati



Sono anni che si sente parlare dei moderati. Una categoria antropologica non meglio definita (conoscete qualcuno che si autodefinisce ‘un moderato’? Berlusconi a parte, naturalmente) ma che a detta di tutti, sinistra e destra, laici e cattolici, giovani e meno giovani, è importante intercettare per vincere le elezioni.
Ho cercato i moderati per anni, volevo chiedere loro come si fa a essere così speciali, ambiti, desiderabili. Volevo capire se potessi essere loro amico, se loro mi ritenessero sufficientemente moderato per poter stare con loro.
Da oggi, finalmente, ho capito cosa sono i moderati italiani. Sono persone che ritengono che l’amore tra due persone dello stesso sesso abbruttisca la società e che non ritengono che l’amore sia un diritto. Sono persone che si sposano, divorziano, vanno di giorno al Family Day e di notte organizzano festini così divertenti da mandare le signorine moderate in ospedale.
Sono persone che ignorano gli esiti di un referendum e fanno di tutto per privatizzare i beni comuni, l’acqua in particolare. In Italia però c’è un organismo che si chiama Corte Costituzionale, evidentemente non molto moderato, che ricorda ai moderati che nell’articolo uno della Costituzione c’è scritto: “La sovranità appartiene al popolo”. Almeno per il momento.
Sono persone che ritengono Mangano un eroe, Borsellino un po’ meno, Ingroia un cancro. I moderati vincono le elezioni ma certe volte finiscono in carcere per mafia. I moderati hanno promesso ‘Meno tasse per tutti’ e grazie a frasi così belle da dire e difficili da rendere realtà si sono fatti eleggere. Oggi so che i moderati dicono bugie. Soprattutto i loro tesorieri.
I moderati hanno case bellissime, anche se la loro proprietà non è sempre chiarissima. Sempre a proposito di case: i moderati ridono dopo i terremoti.
I moderati si sono alleati con chi voleva dividere l’Italia e nello stesso tempo applaudivano chi la voleva tenere unita. I moderati lottano per il crocifisso, respingono il migrante disperato non si preoccupano di creare il reato di tortura. I moderati si dicono liberali ma vogliono decidere come devo morire.
Adesso che ho capito cosa sono i moderati, ho capito anche che non lo sono. E non me ne dispiaccio.

lunedì 16 luglio 2012

Le due facce del Pd

di 

Ai lettori che chiedono conto delle nostre frequenti critiche al Pd (troppo frequenti secondo alcuni), rispondiamo mettendoci dalla parte dei tanti elettori democratici che quelle critiche, ormai, possono esprimere nel solo modo loro consentito: non votare più Pd. La separazione di proposte e valori tra vertice e base fotografa la crisi di tutti i partiti, ma nel caso delle forze di sinistra o che dalla sinistra hanno origine, si esprime con un di più di coinvolgimento emotivo.
Cinque anni fa, nel suo stato nascente, il Partito democratico aveva suscitato grandi speranze tra i tanti fiduciosi che la fusione del ceppo progressista e di sinistra con quello cattolico democratico avrebbe prodotto cose buone per l’intero paese. Purtroppo, la fusione è risultata fredda sommando più i difetti che i pregi dell’una e dell’altra componente, perché non sempre (o forse quasi mai) in politica uno più uno fa due. Lo vediamo nelle questioni di schieramento dove una parte spinge per l’alleanza con Casini e Vendola che escluda Di Pietro, mentre altri chiedono esattamente il contrario.
D’accordo, meglio un partito litigioso e incasinato dove però si discute a viso aperto del partito caserma, incapace perfino di respirare in assenza del caporalmaggiore. Ha ragione Bersani quando definisce il ritorno di Berlusconi “agghiacciante”. Ma pure gli ultimi messaggi che arrivano dal Pd qualche brivido lo mettono. Quando Enrico Letta preferisce che i voti in libera uscita “vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo”, rende pubblica una pulsione del gruppo dirigente per nulla o quasi per nulla condivisa dagli (ex?) elettori.
Per non parlare del contrasto esploso ieri in piena assemblea nazionale sul tema sensibile delle unioni gay . È troppo chiedere che il gruppo dirigente di una forza politica che si dice aperta al nuovo non ragioni come una casta asserragliata nel bunker? È troppo sperare che, chiamato a pronunciarsi su alcuni fondamentali diritti civili e della persona, il partito che si richiama a Obama non si faccia intimorire dai rimproveri del cardinal Bagnasco? Questo è il Pd che non ci piace. Il Pd che ci piace esiste ma, al momento, non riusciamo a trovarlo nelle stanze di via del Nazareno.

domenica 15 luglio 2012

La classifica dei sistemi sanitari

Su 34 sistemi sanitari europei quello italiano si trova al 21° posto. Siamo superati non solo dai nostri tradizionali concorrenti (Germania, Francia, Regno Unito, al primo posto in classifica l’Olanda), ma anche da paesi dell’ex Europa orientale come Repubblica Ceca, Slovenia e Croazia.
Destò scalpore – e fu accolta in Italia con grande soddisfazione  – la classifica dei migliori sistemi sanitari del mondo predisposta dall’OMS e pubblicata nel 2000 nel suo Rapporto annuale “Health Systems: Improving Performance”.  Al primo posto la Francia e subito dopo l’Italia.  Colpiva il fatto che ai primi posti vi fosse una forte concentrazione di paesi mediterranei e che nazioni come Spagna, Portogallo e Grecia surclassassero nazioni con solidi e ben più rinomati sistemi sanitari come Regno Unito, Svezia, Germania e Canada.
Tre i criteri utilizzati per misurare la performance dei diversi sistemi sanitari e allestire la graduatoria:
1)    Il buono stato di salute della popolazione – good health – (la durata della vita in buona salute);
2)    L’equità del finanziamento – fair financing – (nessuno dovrebbe andare in rovina a causa di una malattia);
3)    La capacità del sistema di rispondere ai bisogni dei pazienti –responsiveness -  (il rispetto della dignità, della riservatezza e dell’autonomia, la tempestività nella risposta, la scelta del luogo di cura, il comfort ambientale, la possibilità di parenti e amici di essere vicini a un paziente ricoverato).
Particolarmente sul punto 3) – la responsiveness – si aprì una discussione, e alla fine una critica serrata, sul metodo di rilevazione delle informazioni utilizzato dalla ricerca dell’Oms. Infatti le domande non erano state rivolte agli utenti o ai pazienti (come sembrava naturale, quasi ovvio), ma a degli “esperti”.  E quando – successivamente – la ricerca fu ripetuta avendo come bersaglio pazienti  ricoverati e pazienti ambulatoriali,  pazienti poveri e pazienti anziani,  i risultati sono stati molto diversi. E paesi come Spagna, Portogallo, Grecia e – ahimè –  l’Italia si sono trovati in fondo alla classifica (dei paesi più industrializzati).  Per questo motivo la classifica dell’Oms ha perso valore e credibilità.
Se dopo l’esperienza del 2000 l’Oms ha cessato di stilare classifiche di valutazione dei sistemi sanitari, questo compito ha deciso di assolverlo – limitatamente ai paesi europei –  l’Health Consumer Powerhouse, agenzia indipendente, nata a Stoccolma nel 2004 allo scopo di promuovere la cultura della valutazione e della trasparenza in campo sanitario, partendo dal punto di vista dei cittadini-utenti. La filosofia dell’iniziativa è che la valutazione comparativa sulla qualità dei sistemi sanitari genera un circolo virtuoso: per gli utenti una migliore informazione crea la migliore piattaforma per scegliere e agire; per i governi, le autorità sanitarie e i produttori di servizi il focus sulla soddisfazione dei cittadini e sulla qualità dei risultati li aiuterà a introdurre i necessari cambiamenti nei confronti delle aree critiche o insufficienti.
Il primo prodotto è stato lo Swedish Health Consumer Index, che dal 2005 è diventato Euro Health Consumer Index (EHCI), con la valutazione di 34 sistemi sanitari europei, giunto nel 2012 all’ottava edizione (per scaricare il Rapporto clicca su questo sito). Vengono esplorate e valutate attraverso una serie d’indicatori – con un punteggio massimo complessivo di 1000 punti potenziali – le seguenti aree: 1) Diritti e informazione dei pazienti; 2) Tempi di attesa per ricevere i trattamenti; 3) Risultati di salute; 4) Gamma e accessibilità dei servizi offerti; 5) con particolare riferimento ai farmaci.
Nel Rapporto 2012 in testa alla classifica, con 872 punti, c’è l’Olanda, mentre l’Italia, con 623 punti, si trova al 21° posto (vedi Figura 1).
Figura 1. EHCI 2012. Punteggio complessivo dei 34 sistemi sanitari europei












A pag 14 e 15 del Rapporto c’è una tabella riepilogativa dei risultati: in verde sono segnati gli indicatori positivi, in giallo gli intermedi, in rosso i negativi.  Per quanto riguarda l’Italia i punti verdi riguardano soprattutto i risultati di salute (es. mortalità infantile, mortalità evitabile, sopravvivenza da tumori e da infarto), per il resto predominano i colori giallo e rosso.