sabato 8 gennaio 2011

INFIBULAZIONE....BASTA!



L'infibulazione  è una mutilazione genitale femminile. Consiste nell'asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale.
Ha nascita esclusivamente culturale, ma oggi è adottata e praticata soprattutto in molte società in Africa, nella penisola araba e nel sud-est asiatico.

econdo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità 130 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito la barbarie della mutilazione genitale femminile e 2 milioni ogni anno rischiano di subirla. “StopFgm”, la campagna internazionale che si batte contro questa pratica, è nata dalla volontà e dalla determinazione di Emma Bonino ed è condotta dalle Ong Non c’è Pace Senza Giustizia e da Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), che da vent’anni è impegnata su questo fronte. Viene lanciata nel dicembre 2001 con una conferenza internazionale che si svolge al Parlamento europeo di Bruxelles e in quell’occasione parte la raccolta di sottoscrizioni su un Appello/Manifesto contro le MGF che sarà, nei mesi successivi, sottoscritto da numerose personalità di rilievo internazionale oltre che da migliaia di cittadine e cittadini in tutto il mondo. Protagoniste della campagna sono soprattutto le militanti anti-mutilazione arabe e africane in prima persona coinvolte e toccate da questo fenomeno e la campagna si propone proprio di essere un veicolo operativo in grado di accelerare il raggiungimento dell’obiettivo che è quello di arrivare alla completa eradicazione del fenomeno. Una delle tappe fondamentali della campagna è stata la Conferenza del Cairo sugli strumenti legali nazionali e internazionali, che si è tenuta nel giugno 2003 e che ha visto autorevoli partecipazioni, tra cui quella della First Lady Suzanne Mubarak, che ha aperto i lavori, e quella delle due massime autorità religiose egiziane: l’Imam Tantawi e il rappresentante del capo della Chiesa Copta, che hanno ribadito che le MGF non sono in alcun modo una pratica da ricondurre all’islamismo e al cristianesimo. Sulla scia della Conferenza del Cairo, nel luglio 2003, è stato approvato a Maputo il Protocollo sui Diritti delle Donne Africane che, all’articolo 5, specifica che le pratiche definite tradizionali e gravemente lesive per donne e bambine, in particolare le MGF, dovrebbero essere proibite e condannateLe attività della campagna “StopFgm” per il 2004/2006 saranno incentrate proprio sulla ratifica del Protocollo di Maputo da parte del maggior numero di Paesi possibile affinché entri in vigore e sia operativo quanto prima.

La disoccupazione giovanile in Italia: una conseguenza del mancato raccordo tra scuola e mercato del lavoro

Anno nuovo, problemi vecchi. I recenti dati sul mercato del lavoro, resi noti dall’ufficio 
europeo di statistica, registrano per il nostro Paese un tasso di disoccupazione giovanile 
tra i più alti d’Europa. Secondo Eurostat ogni 100 giovani italiani ne contiamo ben 20 
che non hanno un lavoro. O almeno, considerando le rilevanti dimensioni della 
economia sommersa in Italia, non hanno un lavoro regolare e dichiarato. Peggio di noi 
stanno soltanto la Romania (21 per cento), la Polonia (20,5 per cento) e la Grecia, che si 
colloca al primo posto di questa poco invidiabile graduatoria, con un tasso di 
disoccupazione giovanile pari al 22,6 per cento. 
Si tratta di dati per nulla rassicuranti e che confermano una percezione alquanto diffusa 
di insicurezza e preoccupazione circa il futuro occupazionale dei nostri figli. 
Eppure, a ben vedere, i dati non sono poi così negativi come potrebbe sembrare ad una 
prima e sommaria valutazione. Certo, siamo davvero lontanissimi dai Paesi europei più 
virtuosi. Pensiamo in particolare all’Olanda  che, grazie soprattutto alla diffusione del 
lavoro a tempo parziale, registra un invidiabile 5,4 per cento. E pensiamo anche 
all’Irlanda, all’Austria e alla Germania che, in termini di disoccupazione giovanile, 
oscillano tra l’8 e il 10 per cento. È poi anche vero che siamo messi peggio di un Paese 
come la Francia, attestata su un modesto 18,4 per cento, e che pure ha recentemente 
registrato sul tema delle prospettive occupazionali dei giovani una stagione di vibrante 
protesta e aspra contestazione sociale sfociata in clamorose manifestazioni di piazza 
contro il Governo. 
Nel leggere i recenti dati di Eurostat non possiamo tuttavia non ricordare, prima di ogni 
altra considerazione, da dove partiva il  nostro Paese. La disoccupazione giovanile, 
attestata attorno al 24 per cento nel 1977, era poi cresciuta spaventosamente nel 
decennio successivo, giungendo a toccare  quota 35,5 per cento nel 1987. È questa 
drammatica situazione del mercato del lavoro (aggravata dalla bassa occupazione 
femminile e dei lavoratori  over 50) che ha spinto il legislatore italiano ad avviare un 
complesso processo di riforma che trova  le sue tappe fondamentali nel 1997, con il 
Pacchetto Treu, e nel 2003, con la Legge Biagi. Ebbene, nel 1997 la disoccupazione 
giovanile era attestata intorno al 33,6 per  cento per poi scendere di poco negli anni 
successivi, fino a giungere al 29,7 per cento nel 2003. 
Anche grazie a queste contestate riforme la disoccupazione giovanile è dunque calata in 
modo rilevante negli ultimi anni, recuperando ben 15 punti percentuali rispetto al 1987. 
Le recenti rilevazioni dell’Istat dello scorso dicembre testimoniano, in effetti, che nel 
2007 il numero degli occupati regolari è risultato pari a 23.417.000 unità, l’1,8 per cento 
in più rispetto a un anno prima. In un anno si sono cioè creati oltre 400 mila nuovi posti www.fmb.unimore.it 
Bollettino Adapt, 14 gennaio, n. 1  2
di lavoro, che diventano complessivamente  circa 3 milioni e mezzo se partiamo dal 
2001, anno di approvazione del primo segmento della riforma Biagi (quello cioè sui 
nuovi contratti a tempo determinato). 
Se poi ci vogliamo soffermare sul confronto con gli altri Paesi europei possiamo rilevare 
la vera anomalia del caso italiano, che tanto incide sulle prospettive occupazionali dei più 
giovani. I dati di Eurostat si riferiscono infatti a soggetti di età compresa tra i 15 e i 24 
anni. Ed è ampiamente noto che, a differenza di quanto avviene in molti altri Paesi, non 
solo europei, i nostri giovani entrano molto tardi nel mercato del lavoro, di regola non 
prima dei 25 anni. Qui l’Italia sconta il  problema del mancato raccordo tra scuola e 
mercato del lavoro. E soprattutto il mancato decollo di alcuni strumenti fondamentali 
contenuti nella Legge Biagi. La presenza di uffici di orientamento e collocamento nelle 
scuole e nelle università, in primo luogo. Ma anche l’apprendistato di primo livello, 
quello cioè rivolto a costruire percorsi formativi ed educativi in contesti e assetti 
lavorativi. Uno strumento ampiamente sperimentato nei Paesi più virtuosi e che bene si 
concilia con le logiche della nuova economia che hanno definitivamente rotto la barriera 
tra scuola e impresa. 
Molto è stato fatto nell’ultimo decennio  per sostenere l’occupazione giovanile. Il 
confronto con gli altri Paesi, invece di stimolare il diffuso sentimento di 
autocommiserazione di noi italiani, dovrebbe per contro indicarci che vi è ancora molto 
da fare e che risultati migliori sono oggi davvero a portata di mano. Basterebbe solo 
attuare concretamente riforme che sono già legge e che aspettano solo di essere messe 
alla prova.

Diossina, Fazio rassicura

"E' possibile rintracciare le uova importate dalla Germania". Lo ha detto oggi il ministro della Salute, Fazio, in riferimento alla contaminazione da diossina riscontrata in alcuni allevamenti tedeschi. "L'Italia ha importato un numero limitato di uova -ha aggiunto Fazio- ma sono etichettate". Sul tema  martedì previste riunioni tecniche a Bruxelles.

Nord Africa è in subbuglio, scontri ad Algeri e Tunisi

Le proteste a causa dell'aumento dei prezzi dei beni alimentari.
Ad aggravare la situazione, i dati sul sempre altissimo tasso di disoccupazione nel Paese.
Anche la Commissione Europea ha espresso "preoccupazione" per le violente proteste tunisine e algerine. Bruxelles "deplora l’uso della violenza e la perdite di vite umane" e "chiede di non fare ricorso all’uso della forza e di   rispettare le libertà fondamentali". La Farnesina chiede agli italiani che vivono o che hanno intenzione di recarsi nella zona di prestare la massima attenzione.

PER UN' ITALIA MIGLIORE: PD - : Bersani propone patto per paese, Veltroni: ...

PER UN' ITALIA MIGLIORE: PD - : Bersani propone patto per paese, Veltroni: ...: "Una nuova lotta all' interno del Partito Democratico. Bersani propone , in accordo con Di Pietro (IDV), di dar vita alla nuova coalizi..."

Wikio

PD - : Bersani propone patto per paese, Veltroni: «Non so di cosa si parli»

Una nuova lotta all' interno del Partito Democratico. 
Bersani propone , in accordo con Di Pietro (IDV), di dar vita alla nuova coalizione , di cui se ne parla da tempo, riunendo tutte le forze del centro-sinistra  e che ponga al centro del programma le politiche per affrontare la questione sociale e la grave crisi economica.
Dei  provvedimenti economici strutturali su fisco, lavoro e precarietà ed inoltre la riforma della legge elettorale, la risoluzione del conflitto d'interessi, il federalismo e l'abbattimento dei costi della politica.
Lo stesso Vendola di SEL, in accordo con Bersani, ha auspicato di mettere in campo  una strategia di salvezza per il Paese cercando  un punto di unità per dare speranza all’Italia. Il tutto per arrivare alle primarie di coalizione non escludendo un accordo con l' UDC di Casini.
Ma Veltroni dice  "Leggo sui giornali di indiscrezioni che riguardano mie decisioni sulla vita interna del Pd e conseguenti sgraziate risposte varie ad esse. Posso semplicemente dire che non so di cosa si parli". 


Sembra che invece  Veltroni voglia un congresso solo per un dibattito sincero e unitario ma  Bersani ha fatto presente che i lavoratori non capirebbero un'assise congressuale in un momento come questo.
Insomma ci risiamo, parlano tutti di unità ma poi al momento dei fatti nascono sempre delle controversie che non fanno altro che irritare gli elettori e far felice Berlusconi.





Wikileaks - Si salvi chi può


Il dipartimento di Stato americano ha iniziato ad avvisare centinaia di diplomatici dei rischi a cui potrebbero andare incontro in seguito alla diffusione dei loro nomi nei documenti di Wikileaks. Alcuni di loro sono già stati trasferiti in sedi più sicure.
Il dipartimento di Stato non ha voluto rendere noti i nomi delle persone che sono già state trasferite, ma il New York Times scrive che l’ambasciatore libico Gene Cretz – che aveva definito Gheddafi “eccentrico” e aveva descritto la sua abitudine di non separarsi mai da una misteriosa bionda infermiera ucraina – sarebbe già stato richiamato a Washington e chedifficilmente potrà tornare in Libia. Tra i diplomatici più a rischio sembra esserci anche l’ambasciatore russo John R. Beyrle, che aveva criticato duramente Vladimir Putin.

venerdì 7 gennaio 2011

Parlamento pulito. Il Senato discute la legge popolare di Beppe Grillo

In commisisone a palazzo Madama tornano le 350mila firme di cittadine e cittadine che hanno detto sì a una politica senza condannati
A pochi giorni dall’evento di Cesena – la nuova Woodstock grillesca per cui gli organizzatori prevedono l’arrivo di almeno 70 mila persone nella città romagnola – la commissione Affari costituzionali del Senato ritira fuori dai cassetti le 360mila firme della proposta di legge del Movimento 5 Stelle per un “Parlamento pulito”.

“Questo ddl – afferma il presidente della commissione, Carlo Vizzini(Pdl) – proprio come ha scritto il Fatto (il 9 settembre scorso, ndr), essendo già alla seconda legislatura, rischia di morire e perdersi per sempre. Per il rispetto che dobbiamo ai 360mila cittadini che hanno firmato, la commissione ha deciso di riprenderlo in esame”. Insomma, dopo l’articolo del Fatto – che spiegava come una proposta di legge popolare resta in vita per due legislature prima che le firme vengano portate in un polveroso archivio parlamentare – i senatori hanno ricominciato a discutere del provvedimento che chiede: un Parlamento senza condannati (in via definitiva, o anche in primo grado se si tratta di mafia), un limite di due mandati per onorevoli e senatori e la reintroduzione delle preferenze.

IL rischio grosso dell’archiviazione è diventato concreto quando la poltrona di Palazzo Chigi su cui è seduto Silvio Berlusconi ha cominciato a scricchiolare con la scissione del Pdl. Un rischio niente affatto scongiurato, ma Vizzini prende un impegno: “Speriamo di ricongiungere questa proposta di legge al dibattito complessivo sul sistema elettorale. Altrimenti tenteremo di rimandare alla discussione in Aula, comunque, quei tre punti toccati da quest’iniziativa di legge popolare”. I tempi sono tiranni, ma Vizzini avverte: “Purtroppo il dibattito su questo provvedimento non può essere breve: andranno fatte altre audizioni tecnico-giuridiche, penso fra gli altri al procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso. Perché, ad esempio , personalmente non sono certo che la reintroduzione delle preferenze sia un fatto completamente positivo, soprattutto in alcune aree del Sud”.

Beppe Grillo, dal canto suo, commenta così: “Non vorrei aggiungere altre parole, vorrei cominciare a vedere qualche fatto. Io sono andato a parlare con questi signori, ho fatto la vittima, ho fatto di tutto. Se questa legge popolare finirà in Parlamento mi aspetto che il primo firmatario possa andare a spiegare che cosa quel testo contiene. Se sarò interpellato dai senatori, quindi, andrò volentieri”. Se, però, la discussione ripresa in commissione non dovesse portare a nulla, se la proposta di legge popolare finirà in soffitta con una fine prematura della legislatura? Il comico Beppe si trasforma nel Grillo mannaro di sempre: “Pazienza, ma non finiranno in nessuna soffitta, andremo a riprendercele noi quelle firme”.

Unità d’Italia, Napolitano: “Chi governa rispetti il tricolore”

Il tricolore come simbolo unitario degli italiani indicato dalla Costituzione. In un passaggio del suo discorso di apertura per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia (1861-2011) il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva aperto stamattina la cerimonia con l’alzabandiera a Reggio Emilia in piazza Prampolini, sottolinea il valore della bandiera e ricorda alle istituzioni il proprio ruolo, che impone di rispettare i simboli comuni: ”Non fu per caso che venne collocato all’articolo 12 il riferimento al tricolore italiano come bandiera della Repubblica”.

Bossi: "Celebrare? Dopo il federalismo". Dopo una prima replica di Luca Zaia, è il leader del Carroccio Umberto Bossi a ribaltare lo scenario. All'agenzia Agi il Senatùr dichiara: "Celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia senza il federalismo, con tutto ancora centralizzato a Roma, sarebbe una cosa negativa" perché non gioverebbe alle "legittime istanze di riforma federalistica". Poi, all'Ansa, Bossi è ancora più diretto. "Festeggiare i 150 anni dell'Unità d' Italia? Sì, dopo che sarà approvato il federalismo. Se non si attua il federalismo vorrebbe dire che 150 anni sono passati invano. Dobbiamo ricordare quel che disse Cavour a questo proposito. Perchè l'unità d'Italia col centralismo romano non va bene".


la rivolta dei Vespa contro il premier - qualcosa si muove

Dalla primavera di Praga a quella di Cortina: si respira aria di rivoluzione, terremoto di valori. E in mancanza del centrosinistra (che, come è noto, langue), questa brezza non può che soffiare a destra, con effetti speciali capaci di stupire. Sarà l’aria rarefatta del Cadore? O sarà l’effetto inebriante di un fungo allucinogeno? Sta di fatto che in due soli giorni, a partire dallo storico tempio cisnettiano (quello dove un tempo spopolavano Gianni non ancora “Aggiungi-un-posto all’Atac” Alemanno e Magdi, non ancora Cristiano, Allam), si è diffusa nel centrodestra una strana e inebriante aria di rivolta, persino tra gli storici quadrumviri del berlusconismo. Chi critica il Cavaliere, chi lo motteggia, chi ne dichiara imminente la scomparsa, chi lo sbeffeggia, chi gli detta ultimatum. Povero premier. Eppure non era la festa de Il Fatto, ma lo stesso Palalexus dove in anni passati bastava dire “Silvio” per raccogliere applausi impellicciati con il badile.

Il primo feroce attacco al primato morale e (sessuale) del “Cavaliere di Hardcore” (copyright travagliesco) non è venuto dunque dagli autori di Papi, ma da quel Vittorio Feltri che alcuni lettori di centrodestra nostalgici della vecchia linea sui siti ci rimproverano – nientemeno – di aver “plagiato”. Ebbene, Feltri due-la vendetta ha picchiato duro: “Mi auguro che il prossimo presidente della Repubblica non sia Berlusconi: immaginate che cosa potrebbe succedere… Escort al Quirinale…”. In linea con il nuovo corso eversivo di Libero, su cui Maurizio Belpietro difende Tremonti, mentre sul Il Giornale Mario Giordano gli fa la pelle, come possibile traditore del Cavaliere. Ma si potrebbe dire: Feltri è Feltri, poi gli altri hanno rimediato. Invece anche Bruno Vespa, deve aver avuto qualche istante di trance, o deve essere caduto vittima del fungo travaglista. Infatti, dallo stesso palco, con il suo meraviglioso completino girocollo in taffetà nera (pare una divisa rubata ai Clingon di Star Trek, lo ha messo anche da Antonello Piroso) ha tuonato “Se Berlusconi campa ancora due anni politicamente….”. Se? “Deve avere il coraggio di mettere le palle sul tavolo e fare le grandi riforme, altrimenti – ha aggiunto Vespa – siccome il problema della quarta settimana non ce l’ha, è meglio che se ne vada!”.

Nientemeno. Un avviso di sfratto. E così Berlusconi si trova stretto tra gli antiberlusconiani di destra, e le affettuosità al curaro degli alleati (un tempo!) affidabili. Come il ministro dell’InternoBobo Maroni, che ha discettato spericolatamente in Transatlantico su corrispondenze asimmetriche tra calcio e politica: “E’ una legge infallibile. Se il Milan va bene la politica di Berlusconi va in crisi, quando il Milan va male Silvio Vince le elezioni, eh, eh…”. E c’è davvero poco da ridere per due motivi. Il primo: il Milan ieri ha vinto (contro il nostro amato Cagliari, sigh) ed è primo in classifica (applicando il teorema Maroni significa perlomeno crisi). E poi perchè l’ultima coltellata è arrivata – tu quoque – proprio da dove Silvio non immaginava tradimenti, dal fortino della guardia repubblicana di Alessandro Sallusti. Possibile? Sì, possibile. Due giorni fa, su Il GiornaleVittorio Macioce, l’elzevirista del quotidiano, da interista, ha dedicato uno spillo alla speranza che i rossoneri perdano lo scudetto. Il pezzo si intitolava: “Mi consenta”. Il dissenso berlusconiano, ormai, ha assunto dimensioni drammatiche: Sacharov al confronto era un dilettante.

(da "Il Fatto")

Giustizia italiana troppo lenta: maxi condanna della Corte Europea

L’Italia è una lumaca. Non solo per quanto riguarda i processi, ma anche quando si tratta di indennizzare le vittime di questa lentezza. Ecco arrivare quindi la bacchettata di Strasburgo, che condanna il nostro Paese per non aver eseguito le condanne. La Corte Europea dei diritti dell’uomoha infatti emesso una maxi condanna nei confronti dell’Italia per i ritardi con cui vengono pagati gli indennizzi legati alla lentezza dei processi. 
Un problema che i giudici di Strasburgo hanno definito in una nota ”diffuso in Italia“, dato che riguarda475 casi di ricorrenti, che hanno dovuto attendere dai nove mesi ai quattro anni, per poter incassare il risarcimento che gli era stato riconosciuto in altrettanti procedimenti, tra il 2003 e il 2007.
Procedimenti in cui, quasi a voler completare il quadro, si faceva riferimento alle legge Pinto sull’eccessiva lunghezza dei processi. La Corte invita quindi le autorità italiane a rivedere la legge Pinto, istituendo un apposito fondo che consenta di pagare gli indennizzi in tempi ragionevoli. Anche perché, sottolineano a Strasburgo, al momento, oltre ai casi già esaminati, ci sono più di 3900 ricorsi pendenti su questa questione.
 Ma i giudici di Strasburgo si spingono più in là, suggerendo anche il possibile quadro normativo pur non condividendo tutte le riforme attualmente all’esame della Camera. “La Corte – si legge inoltre nella sentenza –  considera che questo sia l’ambito ideale per prendere in considerazione le indicazioni e le raccomandazioni sinora fatte dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa“.

Disoccupazione all'8,7 % Il dato più alto dal 2004 - quella giovanile che si attesta al 28,9 %

Il tasso di disoccupazione a novembre rimane sostanzialmente  stabile all'8,7%, lo stesso livello registrato a ottobre, anche se fuori dagli arrotondamenti si nota un lievissimo calo (dall'8,729% all'8,678%). Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie. Il tasso all'8,7% è il più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004. Le persone in cerca di occupazione sono stimate dall'Istat in 2 milioni e 175 mila.

Ad aumentare è soprattutto la disoccupazione giovanile: il tasso si è attestato al 28,9%, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,4 punti rispetto a novembre 2009. Anche in questo caso si tratta di un livello record dall'inizio delle serie storiche a gennaio 2004.

Sulla base delle informazioni finora disponibili, il numero di occupati a novembre risulta in aumento dello 0,2% rispetto a ottobre e dello 0,1% rispetto a un anno prima. Il tasso di occupazione, pari al 56,8%, è in crescita di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto a novembre 2009. Il numero delle persone in cerca di occupazione è in diminuzione dello 0,4% rispetto al mese prima e in aumento del 5,3% rispetto a novembre 2009.

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni aumenta dello 0,1% su base mensile e dello 0,6% su base annua. Il tasso di inattività, pari al 37,8 per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a novembre 2009.

L'occupazione maschile diminuisce a novembre dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,8% rispetto allo stesso mese del 2009. L'occupazione femminile aumenta dello 0,7% rispetto a ottobre e dell'1,4% su base annua. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,4%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,7 punti percentuali negli ultimi dodici mesi. Il tasso di occupazione femminile è pari al 46,3%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a ottobre e di 0,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009.

La disoccupazione maschile risulta in diminuzione del 2,1% rispetto al mese precedente e in aumento del 5,5% rispetto a novembre 2009. Il numero di donne disoccupate aumenta dell'1,5% rispetto a ottobre e del 5% rispetto a un anno prima. Il tasso di disoccupazione maschile è pari al 7,8%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009. Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,3 punti percentuali su base annua.

Gli uomini inattivi aumentano dell'1,2% tra ottobre e novembre 2010 e del 2,5% su base annua. Il numero di donne inattive risulta in diminuzione dello 0,5% rispetto a ottobre e dello 0,4% rispetto a novembre 2009.

La disoccupazione nell'eurozona a novembre è rimasta stabile rispetto a ottobre, a quota 10,1%. E' il dato destagionalizzato diffuso da Eurostat, l'Ufficio statistico dell'Unione europea. Nel novembre del 2009 il dato era stato pari a 9,9%. Stabile il tasso di disoccupazione anche per l'Ue a 27 stati membri, a novembre fermo al 9,6% come a ottobre. Nel novembre 2009 era al 9,4%. Anche per l'Italia la disoccupazione è rimasta stabile a novembre con l'8,7% come a ottobre. Era all'8,3% nel novembre 2009.

Eurostat stima i disoccupati nell'Ue in agosto a 23,24 milioni, di cui 15,92 nell'eurozona. Il calo rispetto a ottobre è stato di 39.000 unità nell'eurozona e di 35.000 nell'Ue-27. Rispetto al novembre del 2009 c'è stato invece un aumento di 347.000 persone nell'eurozona e di 606.000 nell'Ue-27.

I paesi in cui si sono registrati i tassi più bassi di disoccupazione sono l'Olanda (4,4%), il Lussemburgo (4,8%) e l'Austria (5,1%), mentre i più alti si sono registrati in Spagna (20,6%), Lituania (18,3%) e Lettonia (18,2%).
 

(fonte"La Repubblica"

ANNO NUOVO, VITA VECCHIA - Usa: prima esecuzione del 2011

Un afroamericano di 39 anni e' stato giustiziato ieri sera in Oklahoma, nel sud degli Stati Uniti, con una iniezione di pentobarbital, un anestetico veterinario usato abitualmente per praticare l'eutanasia sugli animali. Si tratta della prima esecuzione capitale negli Stati Uniti nel 2011. Billy Don Alverson era stato condannato a morte per l'uccisione nel 1995 a colpi di mazza da baseball di Richard Yost, 30 anni, commesso di una drogheria di Tulsa.

Ma quando si decideranno a diventare un paese davvero civile.
Pena di morte, guerre, torture, razzismo e tanto ancora
Eppure c'è chi li considera il paese più democratico del mondo

Berlusconi l'Intoccabile di Michele Ainis

In nessun Paese al mondo - nessuno - il capo dell'esecutivo gode di un salvacondotto come quello che martedì prossimo sarà giudicato dalla Corte Costituzionale. E che regala al nostro premier anche la licenza di uccidere



È legittimo il legittimo impedimento? Risponderà, a giorni, la Consulta. E a quanto pare dal suo responso dipende la salute del governo, la prosecuzione della legislatura, la sopravvivenza del pianeta. Ma c'è un'altra domanda che ci risuona in gola ormai da anni: davvero in Italia la politica cammina a capo nudo sotto la grandine giudiziaria? Davvero soltanto alle nostre latitudini manca un ombrello normativo che possa ripararla da indagini capziose, accuse strumentali, processi in mala fede?

A mettere in fila le iniziative battezzate dai vari governi Berlusconi, la risposta parrebbe un sì tondo e sonoro. Nell'ordine: la legge sulle rogatorie internazionali (2001); quella sul legittimo sospetto (2002); la sforbiciata ai termini di prescrizione (2005); l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (2006). Senza dire dei tentativi andati a vuoto, come il processo breve (2009), che per salvare il premier avrebbe lasciato a piede libero migliaia di malfattori. O senza contare infine le riforme più esplicite e dirette, quelle sull'immunità degli organi costituzionali. Il lodo Schifani (2003), segato dalla Corte costituzionale l'anno dopo. Il lodo Alfano (2008), caduto anch'esso sotto la mannaia della Consulta. Il lodo Alfano costituzionale (2010), in discussione nell'aula del Senato. Di lodo in lodo il fiore delle immunità ha perso un petalo alla volta: il primo s'estendeva alle cinque cariche più alte, l'ultimo ne copre solo due. Ma il presidente Berlusconi è sempre lì presente, nei lodi, negli scudi, negli impedimenti.

Eppure non è affatto vero che la Carta del 1947 gli neghi ogni tutela. Da parlamentare gode dell'insindacabilità per le proprie opinioni: una garanzia che risale all'Inghilterra del 1397, durante il regno di Riccardo II. Gode inoltre dell'immunità dagli arresti prima d'una sentenza definitiva di condanna: altra antica garanzia, codificata nella Francia del 1790. Dunque il presidente del Consiglio fruisce già di una speciale protezione per i reati comuni, a meno che gli manchi uno scranno in Parlamento; ma fin qui è successo unicamente a Ciampi.


Quanto ai reati funzionali - quelli cioè connessi all'esercizio delle sue funzioni di governo - per processarlo serve l'autorizzazione delle Camere, come dispone una terza garanzia costituzionale. Non basta? Certo che no, se vuoi metterti in tasca una licenza d'uccidere, come James Bond. Perché è di questo che si tratta: un salvacondotto giudiziario per ogni sorta di misfatto, dal furto di caramelle in un supermercato alle rapine in banca. Insomma se governi sei innocente per definizione, e comunque non hai tempo per convincere i giudici della tua innocenza immacolata. Non è forse questa la regola applicata da tutte le democrazie contemporanee?

No, presidente, e se non ci crede domandi ai suoi avvocati. Nella maggiore democrazia del mondo (gli Stati Uniti) l'inquilino della Casa Bianca risponde come ogni privato cittadino per i delitti commessi da privato cittadino; e infatti nel 1997 Clinton fu condannato al pagamento d'una somma di denaro, in seguito al processo per molestie sessuali che gli aveva intentato Paula Jones. Nel Regno Unito l'immunità assoluta tocca soltanto alla regina, sicché il primo ministro non ha difese processuali per i crimini comuni, né per gli illeciti civili. In Spagna la Costituzione prevede un foro speciale per i membri del governo, ma non si spinge a stabilirne l'improcessabilità. In Germania, Finlandia, Grecia, Portogallo, Olanda, Svizzera e via elencando, i governanti sono pienamente responsabili per i reati commessi fuori dalle stanze del governo.

L'unica eccezione riguarda il presidente della Repubblica francese, che a differenza del primo ministro non può venire sottoposto a procedimenti giudiziari fino a un mese dopo la scadenza del mandato. Nel suo caso, l'immunità si è dunque trasformata in inviolabilità, benché la Costituzione della V Repubblica non ospiti una norma chiara, e benché l'interpretazione poi avallata dal Conseil constitutionnel abbia subito critiche roventi dalla dottrina giuridica francese. Ma dopotutto Sarkozy è il capo dello Stato, non del governo: anche a convertire in regola quest'unica eccezione, dovremmo applicarla casomai a Napolitano, non certo a Berlusconi. A meno che non sia proprio questo l'obiettivo: intanto acchiappo lo scudo che protegge il Colle, poi mi prendo tutto il Colle. Sarebbe un peccato se lì alla Consulta 15 toghe rosse (in realtà sono nere, presidente) guastassero la festa.

michele.ainis@uniroma3.it
Michele Ainis insegna istituzioni di diritto pubblico all'Università RomaTre. Il suo ultimo saggio, scritto per Laterza, si intitola "La legge oscura". Con questo articolo comincia la sua collaborazione con "L'espresso"

Tremonti: La crisi non è finita, salvati banche e speculatori

Il ministro va all'attacco del sistema finanziario e afferma che come un videogame tutto è come prima


Parigi, 6 gen. (TMNews) - Giulio Tremonti va all'attacco del sistema finanziario e critica i risultati della gestione internazionale della crisi. Una crisi che - secondo il ministro dell'Economia - non è ancora finita ed è stata affrontata salvando le banche e gli speculatori (tranne in Italia), riportando così le cose "al punto di partenza". Ora, ha detto, "tutto sembra andare bene, ma ne siamo sicuri?". Per il suo nuovo affondo contro le banche e la speculazione Tremonti ha scelto la platea di un seminario internazionale sul 'nuovo capitalismo' organizzato dal governo francese, davanti a ministri dell'Economia (tra cui la francese Christine Lagarde e l'inglese George Osborne), economisti di primo piano (Jeffrey Sachs e Jean-Paul Fitoussi) e premi Nobel (Joseph Stiglitz). "È come vivere in un videogame - ha spiegato il ministro riproponendo un'immagine usata spesso durante la crisi - compare un mostro, lo combatti, lo vinci, ti senti rilassato e spunta un altro mostro più forte del primo". Per questo, l'Europa dovrebbe ritrovare slancio e coesione "in una logica federale" e - ha aggiunto - darsi la forza di "risorgere", come disse Winston Churchill nel 1946 dopo la seconda guerra mondiale. "Nella Grande Depressione di questo secolo - ha attaccato Tremonti - il denaro dei contribuenti è stato usato per finanziare le banche, perchè le banche erano sistemiche. Anche se, piccolo dettaglio, anche la speculazione nelle banche è sistemica. Così sono state salvate le banche, e con le banche la speculazione. E infatti - ha sottolineato - siamo tornati quasi al punto di partenza. Non è però il caso dell'Italia, dove il denaro pubblico non è stato usato, o solo in minima parte e in via di restituzione, per le banche". La costruzione politica europea passa anche per la creazione di nuovi strumenti economici con un forte valore politico, come gli eurobond. Un progetto caro a Tremonti, secondo cui "non è soltanto una questione tecnica: ricordate Hamilton e il 'nation building' nella storia degli Stati Uniti". E se ne continuerà a discutere, assicura il ministro, nel parlamento Ue e in quelli nazionali. Per l'Europa, del resto, è arrivato il momento di risorgere dalle 'macerie' della crisi. "Questa è la ragione - ha detto Tremonti terminando - per cui concludo il mio discorso citando il famoso intervento sull'Europa di Churchill nel settembre 1946: let Europe 

giovedì 6 gennaio 2011

QUANDO ACCENDETE LA TV FATE ATTENZIONE A COSA VI FANNO VEDERE

Berlusconi - Ecco alcuni esempi di come ha sfruttato la sua tv (anni novanta)


PER UN' ITALIA MIGLIORE: Opportunità di lavoro . COME APRIRE UNA COOPERATIV...

PER UN' ITALIA MIGLIORE: Opportunità di lavoro . COME APRIRE UNA COOPERATIV...: " PERCHÉ SCEGLIERE LA FORMA COOPERATIVA? □ La cooperativa è l’unica forma societaria in cui ogni socio può realmente fare l’imprenditor..."

Wikio

Non si governa con cimici e petardi (di Gioacchino Genchi)

Non si governa con cimici e petardi
di Gioacchino Genchi, dal blog de "il Fatto Quotidiano" del 3 gennaio 2010

Le ultime notizie sui rinvenimenti delle microspie al Ministero delle Riforme e presso l'abitazione romana di Bossi fanno molto riflettere. La notizia è successiva allo scoppio dei petardi alla sede della Lega di Gemonio.

Intanto il Gip di Varese, al termine dell'interrogatorio di garanzia, ha deciso di non convalidare il fermo del 21enne Marco Previati, denunciato dagli inquirenti insieme ad altri due ragazzi di 26 e 29 anni. Maroni aveva subito tuonato "Attentato alla democrazia". Bossi l'aveva seguito a ruota "Vogliono bloccare la lega". Calderoli aveva lanciato il proclama per allertare tutti alla mobilitazione "Preparate la colla".

Quando si è scoperto che quella che era stata spacciata per una bomba era solo un petardo e che il maggiore indiziato era pure figlio di un militante leghista, è iniziata la marcia indietro. Niente carcere, ha rettificato il segretario del Carroccio: "Mandarli in galera non serve a niente. Li faremo venire come punizione a risistemare la sede".

Si scopre così il volto buonista della Lega, quando l'attacco viene dafuoco amico.

Forse è anche per questo che Bossi ha deciso di non denunciare ai magistrati il rinvenimento delle microspie nella sua abitazioneromana e negli uffici del Ministero delle Riforme. Armatosi di coraggio, Bossi si è comportato né più e né meno dei boss mafiosi palermitani del calibro di Giuseppe Guttadauro e Nino Rotolo, quando hanno avuto il suo stesso sospetto. Hanno chiamato un privato e si sono fatti fare una bonifica, che ha confermato i loro dubbi.

Fra i capi mafia palermitani Guttadauro e Rotolo e Umberto Bossi c'è, però, una sostanziale differenza. I primi non avevano alcun obbligo di riferire i fatti all'Autorità Giudiziaria, che li stava indagando. Bossi, invece, in quanto ministro, è un pubblico ufficiale e come tale avrebbe avuto l'obbligo – ai sensi dell'art. 331 del codice di procedura penale – di presentare denuncia "per iscritto" e "senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria".

Lo stesso obbligo avrebbero avuto tutti i pubblici ufficiali che, oltre al ministro Bossi, hanno avuto notizia del rinvenimento delle microspie, a partire dalla sua segretaria a finire al ministro dell'interno Maroni, che non può non essere stato informato dal leader del Carroccio di un fatto di così inaudita gravità. Se questo non è tempestivamente avvenuto, è stato già commesso un grave reato, indipendentemente dalla presunta illiceità dell'installazione delle microspie, che dovrà essere pure accertata.

Questo, però, nessuno lo dice e di questo nessuno si scandalizza.

Ed è così che la Lega Nord, che ha conquistato il cuore e non solo il voto dei vecchi militanti comunisti, degli operai e dei cattolici del Nord Italia, pensa di potere ancora governare con Berlusconi. Grazie ad una maggioranza che si fonda sul mercimonio dei parlamentari che la sostengono, con uno sfondo torbido di petardi e di cimici, funzionali ad alimentare il sistema dei ricatti incrociati che rappresentano il vero collante ed al contempo il primario obiettivo programmatico di questo Governo.

Afghanistan: che ci stiamo a fare?

Abbiamo celebrato l'ennesimo funerale di un giovane italiano  morto in Afghanistan con la presenza dei rappresentanzi delle istituzioni che l'hanno mandato a morire ( io al posto loro non ci sarei andato dalla vergogna).
il mefistofelico Ignazio La Russa aveva dichiarato che gli italianii  non prendono  parte ai combattimenti ma il povero Miotta è  morto proprio nel corso di ub combattimento (prima dissero che era stato colpito da un cecchino... chissà come mai).

L'impiego di militari italiani, anche solo con compiti coordinamento e di comando, in azioni di guerra  che prevedono  l'occupazione militare di un determinato territorio afghano viola palesemente l'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia  ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali"..
Le dichiarazioni del ministro della Difesa appaiono improntate a diffondere una chiara volontà del Governo italiano tesa all'occupazione militare di un territorio straniero, con l'uso delle armi e finalizzata al totale annientamento delle forze ribelli. 
Quanti sono  i militari italiani che a qualsiasi titolo hanno preso parte ad operazioni  che hanno causato, oltre che la morte dei nostri giovani, anche la morte di civili afghani?".

Qualcosa, però, sta iniziando a cambiare anche da noi. Alcuni parlamentari cominciano a rendersi conto dell'incostituzionalità della partecipazione delle nostre forze armate alla guerra in Afghanistan, e ad agire di conseguenza. E perfino dagli ambienti militari, che finora hanno taciuto su una realtà che ben conoscono, iniziano a emergere segnali di nervosismo.

Il partito dei militari contro la guerra. 

Le parole del ministro La Russa hanno suscitato reazioni critiche anche di alcuni militari, come l'ex maresciallo dell'Aeronautica militare Luca Comellini, oggi segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm) , (vedi il sito  http://www.partitodirittimilitari.org/ )
"Nelle sue dichiarazioni pubbliche sulla missione militare italiana in Afghanistan - spiega Comellini  il ministro della Difesa, pur non usando mai la parola 'guerra', fa regolarmente ricorso a una terminologia che è prettamente bellica: 'battaglie', 'combattimenti', 'nemici eliminati', occupazione del territorio'. 
 "Per il ministro della Difesa  quello che conta non sono gli aiuti alla popolazione, come dovrebbe essere in una missione di pace, ma il numero dei nemici uccisi. Forse non si rende conto che le sue gravissime affermazione dimostrano che questa non è più una condivisibile operazione di peacekeeping, come viene raccontato agli italiani: è una guerra, un conflitto armato. 

E' ormai chiaro che la nostra missione militare in Afghanistan si pone ben oltre i limiti  votati dal Parlamento e che le nostre forze armate stanno operando in aperto contrasto con l'articolo 11 della Costituzione. 
Che quella sia ormai diventata una guerra vera, in cui si uccide e si rischia di essere uccisi se ne sono resi conto di persona i soldati italiani che in Afghanistan ci sono stati, ma che preferiscono non parlare di queste cose. Ma  assicuro - conclude Comelli - che c'è un crescente scontento per questo all'interno delle nostre forze armate".

 I militari in servizio preferiscono non parlare per non finire nei guai. Solo gli 'ex' possono dire senza timore come stanno veramente le cose. Come ha sempre fatto il generale in pensione Fabio Mini, che ha sempre parlato chiaro e continua a farlo.
"La missione Isaf a cui noi italiani partecipiamo è in contrasto con la nostra Costituzione? Secondo un'interpretazione sostanziale dell'articolo 11 la risposta è sì, perché l'Afghanistan non ci ha attaccati e non ci minaccia, quindi i nostri soldati non dovrebbero nemmeno essere lì. Se invece ci si attiene a un'interpretazione formale del testo costituzionale, dove esso parla di organismi internazionali che assicurino la pace e la giustizia fra le nazioni, allora si può trovare una giustificazione a tutto, ma così ci si addentra su un terreno molto scivoloso. Perché formalmente, sulla carta, lo scopo della missione Isaf autorizzata dalle Nazioni Unite rimane il sostegno al governo afgano. Ma di fatto la natura della missione è mutata nel tempo, diventando un'operazione di controinsurrezione, nella quale noi italiani siamo pienamente coinvolti".

In Olanda la questione della partecipazione alla guerra in Afghanistan provocò  la caduta del governo.

Per tutto quanto su esposto ritengo che almeno i partiti dell'opposizione presentino una mozione di incostituzionalità della missione italiana in Afghanistan.
NESSUNO LA VUOLE PIU'