sabato 5 febbraio 2011

Il diritto di sognare un'Italia pulita

Nel nostro Paese, certo, si può dissentire. Ma a che prezzo? Al prezzo si essere pronti a sottoporsi ai veleni della macchina del fango. Don Milani diceva: "A che cosa sarà servito avere le mani pulite se le abbiamo tenute in tasca?"

di ROBERTO SAVIANO
L'ITALIA oggi non è un paese libero. Sia chiaro: non sto dicendo che la situazione italiana sia in qualche mondo comparabile con i totalitarismi del passato. Niente a che vedere con fascismo o comunismo, è ovvio. Ma ciò non ci deve impedire di dire che oggi chiunque attacchi il governo sa che subirà un'intimidazione, una forma di ritorsione. Sa che potrebbe essere colpito, lui, o i suoi cari, da una qualche veline infamante che cercherà di sporcarlo davanti all'opinione pubblica.

La libertà non può esistere solo come costruzione astratta o peggio come principio.

"La libertà politica - scriveva Salvemini - è sostanzialmente il diritto del cittadino di dissentire dal partito al potere. Da questo diritto di opporsi al potere nascono tutti gli altri diritti".

In Italia, certo, si può dissentire: ci mancherebbe altro. Ma a che prezzo? Al prezzo di essere pronti a sottoporsi ai veleni della macchina del fango. Lo abbiamo visto in passato con Boffo, con Fini, con il giudice Mesiano, ora con Ilda Boccassini. Lo vedremo ancora.

Parlo da trentenne. L'odio che senti vicino quando ti poni contro certi poteri mi ha stupito. Guicciardini aveva ragione quando definiva l'Italia un paese di contrade. Temo che se queste contrade non saranno dismesse non potremo andar lontano. Sembriamo condannati a dividerci su ogni cosa. Ci si può essere antipatici, ma in questo momento non c'è spazio per sottolineare le differenze, per misurare chi è più criticoe chi è più puro, chi ha la corona del miglior antagonista o dell'Italia migliore. Questo è il momento non dico dell'unità, ma almeno delle affinità. La purezza non serve più. Ricordo quel che diceva Don Milani: "A cosa sarà servito avere le mani pulite se le abbiamo tenute in tasca?". Sporcarsi le mani non ha nelle parole del parroco della scuola di Barbiana nessun significato di corruzione, è ovvio: vuol dire la necessità di fare, anche sbagliando, di realizzare cose che possano essere difficili, ma utili. Unirsi nelle diversità è cosa complicata ma ormai imperativa. Certi che da questa unità verrà del bene per tutti.

Monicelli poco prima di morire auspicava una rivoluzione. Oggi la parola rivoluzione in me non evoca banchetti di sangue né vendette, né palazzi d'inverno né Moncada. Ancor meno fucilazioni e "uomini nuovi". E' invece la parola che mi fa tornare alla mente la lezione di Piero Gobetti: oggi ho la sensazione che sia rivoluzionario non considerare gli elettori di un'area avversa come perduti. Che sia rivoluzionario sentirci tutti partecipi di uno stesso paese ed un unico destino. O si riparte da questo o non saprei proprio il motivo di impegnarci, intervenire, "sporcarsi le mani".

Sento di poter scrivere queste parole proprio perché vengo da una terra dove la legalità significa vita e libertà in maniera forse più chiara che qui a Milano. E perché non appartengo alla generazione che ha creduto nel socialismo reale. Non ho amato i rivoluzionari tramutati in dittatori. Non ho creduto in sogni di società perfette divenuti inferni in terra. Appartengo alla generazione che ha visto i caduti della sua resistenza morire per costruire un paese dove le opportunità, il talento, il diritto, fossero cose reali. Gianni Falcone, Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Carlo Alberto Dalla Chiesa. non muoiono mentre stanno portando avanti la loro professione di magistrati a difesa del diritto e perseguendo i reati. Almeno, non solo per questo. Fanno molto di più.

Così come Giancarlo Siani, Pippo Fava, De Mauro non muoiono perché inciampano in verità indicibili. Ma perché scrivendo rendono pubbliche le verità che conoscono: e molti uomini e donne che hanno verità possono trasformare lo stato di cose. Per questo vengono condannati a morte. Per la loro parola.

In questa battaglia la mia generazione è cresciuta. In un Paese dove lo Stato non era un monolite tutto corrotto o tutto rivolto al bene. Ma dove una parte di Stato corrotto era affrontato quotidianamente dall'altra parte dello Stato. Vivere costruendo le possibilità di essere felici è una necessità dell'uomo, l'unica alternativa ad una rassegnata, cupa disperazione: un sogno che non può non farti combattere con tutto te stesso contro l'impossibilità di far affermare il merito, l'impegno, il talento. L'ingiustizia è di questo mondo. Ma sono di questo mondo anche gli strumenti per affrontarla. In questa fase in Italia non sembra possibile. Il governo e l'area culturale che lo sostiene non si difende mai dalle accuse - così evidenti, così manifeste - dicendo: non si fanno certe cose. Ma sostenendo l'autoassolutoria tesi del "così fan tutti". L'accusa maggiore a chi chiede un paese diverso è l'accusa di essere un ipocrita: "Berlusconi fa quel che tutti fanno o vorrebbero fare". Non è vero, non è così, dobbiamo ribellarci al ritratto di un Paese piegato e corrotto, accomunato in una specie di complicità collettiva. C'è un'Italia che ha il diritto e il dovere di venire alla luce e di prendere voce: un'Italia che crede nelle regole, nella legalità, che crede che non sia normale avere un premier che, preda di una senile ossessione sessuale, paga le minorenni, mente allo Stato per proteggerle e sfugge ai magistrati.

Albert Camus diceva che la sofferenza, come la morte, non si può sconfiggere: ma che il nostro dovere è di riparare nella creazione tutto ciò che può essere riparato. Io in questo credo: nella possibilità di ridurre aritmeticamente il dolore. Forse un mondo migliore non esiste, ma credo nella possibilità di migliorare il mondo. Per questo sento che è il tempo per tornare a sognare. Non sembri scontato e retorico e anche se lo fosse ben venga. Ma sognare un paese diverso non può che essere il carburante vivo e persino divertente del tentativo di cambiare le cose. Di cercare una felicità possibile. Una felicità semplice, fatta di un lavoro dignitoso, della possibilità dell'individuo di provare quanto vale. Di ricevere quanto merita. Non è il sogno di un paradiso inesistente ma di un luogo un po' diverso, dove l'ingiustizia, il favore, la raccomandazione del potente di turno per ottenere un lavoro o addirittura un posto in consiglio regionale o in parlamento, non esistano più. I valori che ci fanno in questo momento stare insieme sono sepolti con l'urgenza di identificare ciò che non siamo ciò che non vogliamo. Ora è il tempo di dire anche ciò che siamo e ciò che vogliamo. 
(05 febbraio 2011)

Bersani: «Donne non sono merce». Applausi

«Noi maschi saremo con le donne che il 13 vanno in piazza, se non altro perché conosciamo le nostre mogli, le nostre compagne, le nostre amiche, le nostre figlie. Perché le rispettiamo come persone e non accettiamo che siano considerate merce da vendere su cui esercitare il dominio maschilista». Pier Luigi Bersani guadagna la standing ovation della platea democratica, all'assemblea del partito a Roma, quando attacca la concezione delle donne del premier.

«Qui non è questione di magistratura - ha aggiunto tra applausi scroscianti - qui non è accettabile che arrivi questo insegnamento alle nuove generazioni». La platea ha interrotto il discorso del segretario con un lunghissimo applauso, al che quale Bersani ha replicato soddisfatto: «Bene, vedo che la pensiamo alla stessa maniera».

ALLA LEGA: "NON FARETE MAI FEDERALISMO CON BERLUSCONI"
Alla Lega dico che il federalismo non lo farete mai con Berlusconi, perchè a lui non interessa il federalismo, ma i vostri voti, e li userà per il processo breve o per difendere la 'cricca di Romà ».

E sempre sul federalismo: «Fermatevi, non si può forzare la mano su un tema così delicato. Non accettiamo forzature e inganni». Alla Lega dice: «se pensa di intimorirci mettendo una foto dei nostri deputati sulla 'Padania', ci metta anche la mia, la nostra, di noi che abbiamo respirato autonomia fin da piccoli. Noi non accettiamo lezioni da nessuno, soprattutto da chi da otto anni punteggia palazzo Grazioli».

A Tremonti, che ha descritto il federalismo affermando che «è l'era del vedo, voto pago», ha risposto: «No è l'era del pago, pago pago. E lo scriveremo sui manifesti». «La bandiera federalista la alzeremo noi».

"SE NON C'ERA UNO COME NAPOLITANO..."Bersani ha criticato duramente «l'incredibile strappo alle regole istituzionali» compiuto con il decreto approvato ieri dal governo. «Credo che sia per noi l'occasione di rendere nuovamente onore al profilo istituzionale del Capo dello Stato». E tutto ciò «deve essere motivo di riflessione anche per noi cosa succederebbe nel paese se su quel colle ci fosse una persona senza lo stesso senso delle istituzioni».

A OPPOSIZIONI: OGNUNO PRENDA SUE RESPONSABILITA'
«Dopo l'Assemblea porteremo il nostro progetto alle forze sociali e politiche e ognuno deve prendersi le sue responsabilità di fronte al Paese». Così, dal palco dell'Assemblea del Pd, il segretario Pier Luigi Bersani rinnova il suo appello alle opposizioni per un'alleanza costituzionale. «Noi non siamo interessati a riorganizzare il centrodestra, ci rivolgiamo alle forze moderate e di centro e chiediamo loro se pensano che Berlusconi sia condizionabile» con in più il rischio «che diventi anche il presidente della Repubblica». Dopo aver presentato il progetto del Pd alle opposizioni «tireremo le somme sempre con un tratto inclusivo, unitario, geloso del suo progetto».

SE CON L'EURO C'ERA BERLUSCONI, AVEVAMO MONOPOLI
Per criticare la credibilità del premier, Bersani afferma che «se avessimo mandato Berlusconi invece di Ciampi e Prodi quando si decise la nascita dell'euro, ora avremmo in tasca la moneta di Monopoli». 

venerdì 4 febbraio 2011

Federalismo, ok per decreto ignorato lo stop della bicamerale

Il dl sul fisco municipale ottiene 15 voti a favore e 15 contrari. Ma un cdm straordinario vara comunque il provvedimento. Bossi: "Per ora niente elezioni". Bersani: "Schiaffo al Parlamento". Fini: "Situazione senza precedenti". Scontro maggioranza opposizione sulla composizione della commissione


 Finisce 15 pari la votazione nella cosiddetta "bicameralina" sul federalismo municipale. Nonostante i tentativi del governo, che ha cercato di scongiurare fino all'ultimo momento questo risultato modificando il testo più volte, il risultato finale è che il parere formulato dal relatore è sostanzialmente respinto. Il governo, però, non se ne cura. Convoca in serata un consiglio dei ministri straordinario e approva il provvedimento. "Finalmente i comuni avranno le risorse senza andarle a chiedere col cappello in mano. I soldi resteranno sul territorio dove sono stati prodotti" esulta Umberto Bossi. Mentre fonti del governo fanno sapere che il decreto approvato è quello con tutte le modifiche frutto del confronto in bicamerale e dell'intesa con l'Anci. Ora il decreto dovrà passare al vaglio del Quirinale.

"Una svolta storica": così il premier avrebbe definito la riforma secondo chi era presente al Consiglio dei ministri. Berlusconi avrebbe anche posto subito i prossimi obiettivi: allargare la maggioranza e rafforzare la squadra di governo e, al più presto, la nomina di nuovi sottosegretari.

Furiosa la reazione dell'opposizione. "Un inaudito schiaffo al Parlamento, una lesione senza precedenti delle prerogative delle commissioni parlamentari fissate per legge. Un vero atto di arroganza. Il governo Berlusconi-Bossi, dopo tanta propaganda, finisce per approvare con un colpo di mano il federalismo delle tasse" attacca il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.  "E'un vero e proprio esproprio eversivo  contro il parere del Parlamento" afferma in una nota il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. In precedenza si era fatto sentire anche Gianfranco Fini: "E' una situazione senza precedenti. Chi conosce le regole della Bicamerale sa che in caso di pareggio il provvedimento si intende respinto". 

Il voto nella bicameralina. 
Per evitare il pareggio la Lega aveva fatto un ulteriore tentativo di salvare il decreto chiedendo di procedere per parti separate, ma il tentativo è stato bocciato dalle opposizioni. Per evitare il blitz, infatti, Giuliano Barbolini (Pd) e Felice Belisario (Idv) hanno ritirato le loro relazioni e quindi la Lega ha ritirato la propria proposta. La vittoria a maggioranza, però, era legata all'atteggiamento di un senatore di Fli, Mario Baldassarri. Il quale, iniziata la riunione, ha gelato la maggioranza, sillabando: "La mia valutazione del provvedimento non può essere positiva".

Le reazioni. 
Le interpretazioni sul valore del pronunciamento della commissione sono divergenti. "E' solo un parere consultivo, il governo può tranquillamente andare avanti con il decreto sul federalismo", sostiene il vicepresidente della Camera Antonio Leone (Pdl). "Niente elezioni, andiamo avanti con il decreto" ha rincarato il presidente della Bicamerale Enrico La Loggia, sostenendo che il voto in Bicamerale sancisce che "è come se il parere della bicamerale non fosse stato espresso: come prevede la legge si può fare benissimo il decreto, anche nella versione modificata sulla quale c'è il parere favorevole della commissione Bilancio del Senato". Ed ancora: "Troppi del Terzo polo, la commissione va rivista". Richiesta alla quale si accoda la Lega che chiede a Fini e Schifani di intervenire. Il giudizio del Pd è critico a 360 gradi. "Non ci sono le condizioni nè giuridiche, nè politiche per andare avanti. Berlusconi e Bossi prendano atto della situazione" afferma Bersani. "Il voto di oggi certifica l'inesistenza di una maggioranza in Parlamento. Bisogna restituire la parola ai cittadini e tornare alle urne" dice Antonio Di Pietro. Per il Terzo polo la "vittoriosa macchina" del federalismo leghista si è inceppata.

giovedì 3 febbraio 2011

Come non ricevere telefonate pubblicitarie

Le vendite telefoniche colpiscono in maniera mirata: a mezzogiorno, la sera alle sette, quando siete tornati dal lavoro e state preparando la cena, mentre il pupo fa disastri in salotto, quando siete più stanchi, distratti, condizionabili. Vi si propone di tutto: il contratto telefonico dei propri sogni con l’offertissima che fa risparmiare ma che poi ci nasconde i classici costi di attivazione o il canone mensile o che dopo tre mesi raddoppia il suo prezzo. I vini, l’olio, i centri benessere, persino le offerte del nuovo centro commerciale aperto dietro casa. Ma adesso dire basta si può… Ecco come!

Quante volte avete pensato alla maniera in cui poter far smettere le continue scocciature? Dal 1 febbraio 2011 inserendo il proprio nome e numero di telefono nel registro pubblico delle opposizioni si dovrebbe restare tranquilli. L’inserimento del/dei numeri di telefono che diventeranno irraggiungibili da tutti i call center che propongono le più disparate offerte è gratuita. Non solo non si riceveranno più telefonate promozionali ma non si verrà più contattati nemmeno per sondaggi, ricerche di mercato o pubblicità elettorale.
Si potrà compilare via internet un form o contattare un apposito numero verde. La normativa prevede anche che i call center non potranno usare i classici mezzucci come il numero oscurato per aggirare la legge. Attenzione dunque che se dal 1 febbraio non vi inserite nel nuovo albo vigerà il principio del silenzio-assenso: non dite nulla, implicitamente acconsentite ad essere disturbati. Dovrebbe essere comunque garantito che nessuna telefonata promozionale arriverà dopo le 21:30 e mai nei giorni festivi. Il sito cui fare riferimento per mettere il proprio numero di telefono nel registro delle opposizioni è quello del Registro delle opposizioni, che ne curerà la gestione. Segnatevelo se volete dare un taglio alle telefonate moleste.
Sito del Registro delle opposizioni per iscrizione gratuita al registro.
Le regole per rivolgersi al Garante della privacy.

RAI: Sgarbi e Vespa in prima serata

Approvati i palinsesti RAI primaverili. Sgarbi e Vespa in prima serata


ROMA - Via libera dal consiglio di amministrazione della Rai ai palinsesti primaverili. Tra le novità, l'informazione anche nel prime time di Raiuno, con uno spazio affidato a Bruno Vespa dopo le puntate sui 150 anni dell'Unità d'Italia condotte con Pippo Baudo. In arrivo anche Vittorio Sgarbi con cinque prime serate il venerdì.

Previsto un nuovo programma per Lucia Annunziata su Raitre. Già conduttrice di 'In mezz'ora' la domenica pomeriggio, da fine marzo si aggiudicherà una trasmissione in seconda serata sulla terza rete dedicata ai 'poteri', con l'unica raccomandazione che il nuovo programma, che dovrebbere essere un viaggio nei poteri, non vada in onda in sovrapposizione con altri programma d'approfondimento giornalistico su altre reti come 'Porta a Porta'.

Sempre in seconda serata sia su Raidue che su Raitre approderanno le trasmissioni per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, coordinate da Giovanni Minoli. A questo punto la seconda serata di Raitre sarà troppo affollata per mantenere le quattro puntate settimanali di Parla con me di Serena Dandini, che dovrebbe perdere un appuntamento a settimana per un totale di otto puntate fino a fine stagione. Novità in vista anche per Maurizio Costanzo che potrebbe guidare una nuova trasmissione nell'access prime time di Raidue.

Il Cda ha approvato il nuovo contratto triennale di servizio tra la Rai e il ministero. L'approvazione è avvenuta a maggioranza per l'assenza del consigliere d'amministrazione
Giovanna Bianchi Clerici e per l'astensione di due consiglieri vicini all'opposizione parlamentare, Rodolfo De Laurentiis e Nino Rizzo Nervo.

L'ok era atteso da tempo, tanto è vero che si è arrivati a distanza di oltre un mese dalla scadenza del vecchio contratto di servizio, e a più riprese dalla stessa commissione di vigilanza, in particolare dal presidente Sergio Zavoli, era venuta la sollecitazione per una rapida approvazione dell'importante documento che regola l'attività della Rai in chiave di servizio pubblico. Per contro, il vertice aziendale ha sempre lamentato l'insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione per ottemperare a questo obbligo di servizio pubblico, causa anche l'elevata evasione del canone di abbonamento.

La riunione di Viale Mazzini è ancora in corso e gli argomenti all'ordine del giorno sono diversi: dopo i palinsesti primaverili approvati e il contratto di servizio, sul tavolo dei consiglieri ci sono i piani di produzione e trasmissione dei canali tematici e il piano di produzione della fiction per il 2011. Ma in consiglio si parlerà anche dello scambio di lettere ai vertici della Rai sul direttore del Tg1 Augusto Minzolini.

Federalismo:parere respinto ma il governo vuole andare avanti

Vertice Bossi, Calderoli, Tremonti e La Loggia
Il voto in bicamerale sul federalismo finisce con un pareggio, che equivale a un parere negativo alla proposta del relatore. Secondo l’articolo 7 del regolamento della Commissione, infatti, il decreto dunque si intende respinto, almeno in commissione. Si legge infatti nel Regolamento: “Le deliberazioni della commissioni sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti, la proposta si intende respinta”.

Appena dopo il voto Umberto Bossi si è riunito con Giulio Tremonti, Roberto Calderoli ed Enrico La Loggia, presidente della Commissione bicamerale. Un incontro durato pochi minuti: il ministro dell’Economia ha infatti lasciato Palazzo San Macuto dopo pochi minuti, senza aprire bocca. Secondo Antonio Leone del Pdl, “è solo un parere consultivo, si può andare avanti”, mentre Felice Belisario dell’Idv, ritiene che si tratti di una “bocciatura di fronte alla quale il governo deve trarre le opportune conseguenze”. Determinante il voto contrario espresso dal finiano Mario Baldassarri che stamani, in sede di dichiarazione di voto, ha ribadito: “La mia valutazione non può essere positiva”.

A nulla è valso il pressing degli ultimi giorni sui finiani per riuscire a raggiungere la maggioranza in commissione. “Se il cammino del federalismo verrà fermato si tornerà a votare”, aveva scritto oggi la Padania ribadendo la linea della Lega. Poi ripetuta anche da Bossi: “Con il pareggio si torna alle urne”.

14.54 Maroni raggiunge vertice maggioranza

Il ministro dell’Interno, RobertoMaroni, ha raggiunto Palazzo Grazioli, dove è in corso un vertice della Lega Nord con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dopo il voto in Commissione Bicamerale sul federalismo municipale.

14.47 Urso: “Maggioranza non è solida, ne prenda atto”

Nonostante fossero state accolte alcune proposte del nuovo polo, “l’impianto non stava in piedi, era malfatto, è rimasto tale e non poteva essere varato”. Lo ha detto Adolfo Urso, a SkyTg24. Il coordinatore di Fli giudica “importante il voto contrario” in bicamerale, anche “sul piano politico: a dicembre c’era stato l’accordo tra Bossi e Berlusconi sulla base che entro gennaio ci sarebbe stata un maggioranza solida. Siamo a fine gennaio, la maggioranza non si è allargata, non è solida, il federalismo si è bloccato. Bisogna prenderne atto”.

14.45 Di Pietro: “Maggioranza non c’è, si torni a votare”

“Il voto di oggi certifica l’inesistenza di una maggioranza in Parlamento. Bisogna restituire la parola ai cittadini e tornare alle urne. Abbiamo avuto la dimostrazione che questo governo e questa maggioranza, al di la’ degli slogan che propinano, sono incapaci di fare riforme ma buoni solo a varare leggi ad personam”. Lo afferma in una nota il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. “Buon senso e legalità – conclude Di Pietro – impongono di ricominciare, riscrivendo nel merito il provvedimento”.

14.39 Alemanno: “Serve verifica nel centrodestra”

Dopo l’esito del voto in commissione Bicamerale sul federalismo “ci dovrà essere un momento di verifica nel centrodestra”. Lo ha detto il sindaco di Roma e presidente del consiglio nazionale dell’Anci, Gianni Alemanno, commentando, all’uscita della riunione del consiglio il voto sul federalismo. Secondo il primo cittadino della Capitale, “è presto per dire se ci saranno ricadute politiche”. Quanto ai processi che potrebbero innescarsi con il passaggio del decreto in Aula, Alemanno ha aggiunto: “Speriamo che l’approvazione dell’Aula non porti ad una crisi di governo”.

14.37 La Loggia: “Sproporzionati 4 rappresentanti del Terzo Polo in commissione”

”In commissione la situazione e’quella che è, ma va modificata, perchè si è alterato il rapporto tra maggioranza e opposizione all’interno”. Lo ha detto il presidente della Bicamerale sul federalismo, Enrico La Loggia, a margine del voto sul federalismo sul fisco municipale. ”Questa – ha aggiunto – è una cosa che abbiamo già constatato da diversi mesi, forse è arrivato il momento di provvedere. Il Terzo Polo – ha sottolineato – ha quattro rappresentanti, che mi sembrano sproporzionati”.

14.31 Bersani: “Governo si fermi, ora nuovo federalismo”

“Adesso ci si fermi, non ci sonocondizioni nè giuridiche né politiche per andare avanti. Berlusconi e Bossi prendano atto della situazione. Si creino condizione politiche nuove per un nuovo federalismo”. CosìPier Luigi Bersani ha commentato la bocciatura del decreto sul federalismo municipale.

14.28 La Loggia: “Avanti su nuovo testo”

“Adesso si va avanti a fare il decreto”, ha detto il presidente della Commissione Bicamerale per il federalismo fiscale, Enrico La Loggia, replica ai cronisti che gli chiedono se adesso si andrà alle urne dopo che è stato bocciato con un 15 a 15 il parere della commissione bicamerale per il federalismo fiscale sul fisco municipale. “Andiamo avanti”, sottolinea La Loggia. A chi gli chiede se si andrà avanti sul decreto originario oppure su quello che era contenuto nel parere della Bicamerale La Loggia replica: “Andiamo avanti su quello modificato perché ha già ricevuto l’ok della commissione Bilancio del Senato”.

14.26 Stato maggiore della Lega a Palazzo Grazioli di Berlusconi

Vertice a Palazzo Grazioli dopo il voto in bicameralina sul federalismo. Hanno raggiunto Silvio Berlusconi, lo stato maggiore della Lega e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Nella residenza romana del premier era già in corso da stamane un summit del Pdl. Bossi e Tremonti avevano appena incontrato con Roberto Calderoli il presidente della Commissione, Enrico La Loggia, anche lui ha poi raggiunto il premier.

14.25 Di Pietro: “Maggioranza non c’è, subito al voto”

“Bisogna sciogliere le Camere eandare al voto al più presto”. Lo dice il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, dopo la notizia del pareggio in Commissione bicamerale sul parere sul federalismo. ”E’ la presa d’atto – sottolinea il leader dell’Idv – della inesistenza di una maggioranza in Parlamento adatta a fare le riforme, se non le leggi ad personam. Non c’è una maggioranza politica favorevole a portare avanti il federalismo – aggiunge Di Pietro – Buon senso e legalità impongono di ricominciare d’accapo e riscrivere nel merito il provvedimento”.

il fatto.it

Evasione fiscale sopra i 270 miliardi all'anno

La ricchezza nascosta al Fisco equivale a un quinto del Pil

La caratteristica principale che distingue il sistema fiscale italiano da quello degli altri paesi OCSE è l'elevatissimo livello dell'evasione fiscale, che in base alle stime disponibili risulta circa il doppio della media dei principali paesi. Si tratta di oltre 200 miliardi di euro di base imponibile e di 100 miliardi di gettito in meno. Gli studi e le ricerche in proposito abbondano, si conoscono la tipologia dei contribuenti a rischio, i settori di attività, la distribuzione per regione e provincia...In un paese normale tutti gli sforzi si concentrerebbero sull'individuazione di strategie ottimali per riportare il fenomeno entro confini accettabili, e su questo vi sarebbe un impegno, come si dice, bipartisan. Un obiettivo realistico da porsi sarebbe quello di dimezzare l'evasione attuale, e di utilizzare il maggior gettito per ridurre l'incidenza delle imposte esistenti, in particolare quella dell'Irpef. Ma poiché perfino il maggiore o minore impegno nella lotta all'evasione è in questo paese oggetto di contrapposizione e scontro politico, è stato finora impossibile realizzare progressi rilevanti che pure sarebbero possibili, anche se è chiaro che senza un recupero di gettito evaso nessuna seria riforma fiscale è possibile.

Ai fini del controllo dell'evasione l'aspetto decisivo riguarda la possibilità di un riscontro e un controllo sulle transazioni che si verificano nel sistema economico. Le ritenute alla fonte operate per conto dell'amministrazione finanziaria da operatori che non hanno l'interesse o la possibilità di colludere rappresentano l'esempio più evidente di una efficace deterrenza nei confronti dell'evasione che infatti risulta molto bassa per i redditi interessati (in Italia si tratta dei redditi di lavoro dipendente e pensione, dei redditi di capitale, di alcune tipologie dei redditi di lavoro autonomo). Un'analoga funzione svolgono gli obblighi contabili nelle imprese adeguatamente strutturate, cioè quelle di dimensioni o caratteristiche tali per cui una corretta contabilità rappresenta soprattutto una garanzia di controllo per i proprietari prima ancora che per il fisco.

Ne deriva che al centro della strategia di recupero dovrebbero esserci misure che cercano di porre quanto più è possibile sullo stesso piano tutti i redditi e i compensi in modo da ridurre (se non eliminare) la disparità di trattamento che oggi consente ad alcuni di evadere, ed obbliga altri a pagare interamente le imposte.

Uno strumento su cui si è fatto molto affidamento negli anni passati per cercare di migliorare la situazione sono gli studi di settore. Introdotti nel 1993 con voto bipartisan, entrano in vigore nel 1998 (governo Prodi). Essi consistono in uno strumento statistico basato su dati trasmessi dagli stessi contribuenti circa le caratteristiche strutturali dell'attività svolta con l'obiettivo di stimare in maniera attendibile l'effettivo ammontare dei ricavi di ciascuno, al fine di verificare la loro "congruità". Si tratta(va) di un sistema che aspirava a determinare un'adesione di massa da parte dei contribuenti sia perché conveniente, sia perché i "non congrui" avrebbero avuto maggiori probabilità di essere sottoposti ad accertamento.

Fin dall'inizio tuttavia gli studi di settore furono oggetto di interpretazioni ambigue e non corrispondenti alla legge. Le norme, infatti, escludevano esplicitamente che i risultati degli studi di settore potessero essere considerati una "normalizzazione" dei ricavi (e quindi dei redditi), o una loro forfettizzazione. Infatti il governo dell'epoca era contrario a questa ipotesi (ma non tutto il Parlamento) e lo erano anche le categorie per le quali ogni ipotesi di forfetizzazione equivaleva alla reintroduzione della minimum tax. Gli studi di settore, quindi, in base alla legge, forniscono esclusivamente un'indicazione di massima di quanto il fisco si attende da ciascun contribuente, e costituiscono linee guida per l'azione di accertamento degli uffici. In sostanza i contribuenti dovrebbero, in base alla legge, dichiarare i proventi reali e non necessariamente quelli risultanti dallo studio, che sono solo indicativi. Sicché se un'impresa è in perdita è ovvio che essa non deve adeguarsi agli studi, analogamente dovrebbe comportarsi un contribuente strutturalmente non rappresentato dallo studio che lo riguarda, ecc.

Sfortunatamente l'interpretazione corrente fatta propria da commentatori, contribuenti e consulenti è stata, e rimane, proprio quella di considerarli una sorta di minimum tax dovuta in ogni caso; non di rado lo stesso approccio è stato seguito anche dagli uffici. Ciò è alla base delle polemiche che hanno caratterizzato la vicenda degli studi di settore negli ultimi 10 anni; dato che gli studi sono mediamente molto permissivi, le associazioni di categoria li difendono (mentre i sindacati li criticano). Al tempo stesso, poiché per i contribuenti marginali, o con difficoltà congiunturali, essi possono fornire risultati non corretti, le stesse associazioni li contestano chiedendo sistematicamente correzioni, aggiustamenti e modifiche idonee a svuotarli. In sintesi i contribuenti marginali hanno rappresentato in questi anni una sorta di garanzia implicita, degli "scudi umani", a protezione degli evasori veri.
In sostanza, quindi, l'operazione studi di settore non ha dato i risultati sperati, anche se un limitato contributo alla riduzione dell'evasione vi è stato. Ma dopo più di 10 anni è inevitabile trarre delle conclusioni: gli studi di settore come strumento fondamentale della lotta all'evasione vanno superati, mentre rimangono utili, anzi indispensabili, le informazioni statistiche raccolte attraverso i relativi questionari, e la banca dati che ne risulta.

Una diversa strategia nel contrasto dell'evasione è tuttavia possibile. Essa si deve basare su un'utilizzazione razionale delle banche dati esistenti e di altre che vanno create e su un nuovo ruolo dell'amministrazione. Questa era appunto la strategia - poco compresa - avviata durante l'ultimo governo Prodi, con l'obiettivo di acquisire maggiori informazioni sulle transazioni non assoggettabili a ritenuta alla fonte, attraverso la tracciabilità di compensi e flussi di pagamenti, la trasmissione telematica dei corrispettivi e, soprattutto, attraverso l'incrocio informatizzato dei rapporti economici tra fornitori e acquirenti di beni e servizi. Queste misure, unite al potenziamento e alla qualificazione dell'amministrazione, possono portare ad un nuovo modello di rapporto tributario.

Si tratta di abbandonare una gestione per masse, inevitabilmente inidonea a cogliere le peculiarità di ciascuna posizione, e di adottare un sistema capace di valutare in via preventiva e, per quanto possibile, collaborativa le singole situazioni con procedure trasparenti e persuasive, basate sull'uso razionale delle numerose informazioni di cui oggi dispone (o potrebbe facilmente disporre) l'amministrazione finanziaria. Occorre usare intelligentemente, ed in modo non tanto repressivo quanto persuasivo, le informazioni sui dati strutturali dell'attività, quelle sui rapporti economici attivi e passivi intrattenuti, le manifestazioni di agiatezza e di incremento patrimoniale del contribuente e del suo nucleo familiare, i dati finanziari, la conoscenza del territorio che hanno gli uffici, per indurre, già nel momento della dichiarazione, l'esposizione di imponibili aderenti alla capacità fiscale del singolo contribuente.

Non si deve, quindi, usare l'arma dell'accertamento in modo indiscriminato, ma occorre impostare un costruttivo confronto con il contribuente prima che egli formalizzi la sua dichiarazione, opponendo alle sue intenzioni dichiarative le eventuali incoerenze e le contraddizioni che emergono dalle informazioni oggettive in possesso dell'amministrazione, raccogliendo le sue obiezioni e prospettandogli, in caso di conferma degli elementi, le conseguenze alle quali andrà incontro.

In tutti i paesi più avanzati il ruolo dell'amministrazione non è solo quello della repressione ma è, prima di tutto, quello del dialogo e della prevenzione. Anche in Italia i numeri lo consentirebbero. Gestire ogni anno quattro o cinque milioni di posizioni, quante sono quelle dei soggetti IVA diversi dalle grandi imprese, in un arco temporale di alcuni mesi da parte di alcune migliaia di operatori dell'amministrazione (e, perché no, anche dei comuni che intendano svolgere questo ruolo in un disegno federalista), ben professionalizzati e adeguatamente supportati da innovative procedure informatiche che sappiano incrociare le informazioni disponibili, è tutt'altro che impossibile.

Sia chiaro, non si vuole trovare una scorciatoia per ottenere una manciata di euro in più. Le regole di determinazione degli imponibili e quelle per l'accertamento vanno confermate. Ciò che occorre superare è il rito annuale di milioni di dichiarazioni fiscali la cui inattendibilità emergerebbe evidente senza bisogno di onerose indagini, solo se si ponessero a confronto i dati in esse contenuti con le risultanze delle diverse banche dati già esistenti e di quelle che rapidamente possono impiantarsi. Molti contribuenti avvertiti della insostenibilità della propria posizione, ne prenderebbero atto adeguando gli imponibili. Soltanto in questo modo l'azione di accertamento potrà recuperare il ruolo che ha in tutti i sistemi tributari evoluti. Quello di azione selettiva e non di massa, supportata da un sistema sanzionatorio equilibrato, ma in grado di esercitare un'effettiva deterrenza. Il sistema proposto è ovviamente compatibile con la presenza di una forfettizzazione per i contribuenti minori

Fare questo è possibile a condizione che non si voglia continuare ad utilizzare l'evasione fiscale quale strumento di scambio per facile consenso elettorale, riconoscendo come essa costituisca uno dei principali ostacoli alla modernizzazione e allo sviluppo del Paese.



Il deputato PDL a caccia di escort. In Parlamento

da OGGI.IT
IMPORTANTE: Avevamo deciso di non pubblicare il nome del deputato del Pdl ritratto alla Camera mentre guarda un sito di escort sull’iPad. Non intendevamo screditare un singolo individuo, bensì volevamo mostrare in modo incontrovertibile a che punto sono ridotte le nostre istituzioni. Quel deputato è stato mandato dai cittadini in Parlamento per rappresentarli, e il fatto che durante una pubblica seduta della Camera egli ritenga di usare il suo tempo in quel modo non fa che confermare tristemente il livello di degrado a cui è arrivata la Casta, o parte di essa.
Ora il deputato ha fatto coming out, e non c’è più ragione di proteggerne l’identità: si tratta di Simeone Di Cagno Abbrescia, ex sindaco di Bari. Parla di «goliardata». Ma ciascuno può giudicare.

I FATTI
Martedì 26 gennaio, Camera dei Deputati, discussione sulla mozione di sfiducia al ministro Sandro Bondi. Un deputato del Pdl si mette a navigare su internet grazie al suo iPad e si intrattiene su un sito a luci rosse.
Il deputato ultrasessantenne, cravatta di Marinella e capelli riportati a coprire una discreta calvizie, inforca gli occhiali (che di solito non porta) e scruta a lungo immagini e profili di due professioniste, Dollyy e Daisy: sono romane, non fumano, ricevono a casa o in hotel, previo preavviso.
Lo ha scoperto il settimanale Oggi, in edicola da mercoledì, che a partire da una foto curiosa scattata quel giorno è risalita al deputato, originario del Sud, e alle protagoniste delle sue attenzioni: la giovanissima Dollyy, che oltre alla doppia «y» sfoggia capelli miele e una elegante seconda di seno, e si propone di «accompagnare le tue serate per una cena, un intrigante dopocena o un appassionante weekend...». Costo: 450 euro per tre ore. E Daisy, 39 anni, che di «y» ne ha solo una, ma compensa con lunghi capelli corvini e una settima di seno naturale. Daisy offre le sue grazie su Roma e Napoli, è «disponibile esclusivamente per incontri di classe con distinte persone». E per evitare clienti poveri e perditempo snocciola le tariffe: «Cena e dopo cena 700 euro; overnight (cioè l’intera notte, ndr) 1.200 euro; week end 2.500 euro. Mezz’ora, 200 euro; un’ora 400».  
Nel suo articolo, Oggi ricorda che Paul McLeay, ministro per i Porti e i corsi d’acqua del Nuovo Galles del Sud, in Australia, quando nel settembre del 2010 lo beccarono a guardare film porno sul Pc del parlamento, si dimise e dichiarò: «Sono umiliato. È stato un errore ma mi rendo conto che la comunità si aspetta standard più alti».
IL COMING OUT
«In un momento di stanca del dibattito, ci siamo distratti scambiandoci l'iPad. Non ne facciamo un dramma, era una goliardata». Così il parlamentare barese del Pdl Simeone Di Cagno Abbrescia ha giustificato il suo comportamento. «In certi momenti bisogna stare in aula anche se il dibattito non è avvincente», ha aggiunto. «Di solito uso l'iPad per informarmi, leggere le agenzie. Ma può capitare di soffermarsi su una di quelle immagini diciamo porno che ogni tanto compaiono. Ora tutti fanno i casti, ma ce n'è di gente che le escort le frequenta, non le guarda su Internet. E le vicende del Rubygate hanno incuriosito tutti, è inutile negarlo».
Nessuna tentazione, al di là delle digressioni telematiche, invece, per il tre volte sposo Di Cagno Abbrescia, ex sindaco. «La mia era solo curiosità, non ho mai cercato la compagnia di professioniste. Del resto ho sempre avuto donne giovani».

MASI COPRE MINZOLINI E ORA RISCHIA L’ACCUSA DI EVASIONE FISCALE

Il dg ha liquidato come benefit i rimborsdel direttore del Tg

È Augusto Minzolini il vero intoccabile in Rai. Mauro Masi si è immolato per difendere il direttore del Tg1 che, in soli 14 mesi, aveva speso 86 mila euro con la carta di credito aziendale per viaggi, pranzi, cene e ora rischia di pagare il conto economico e forse giudiziario al posto dell’illustre dipendente. La pratica di Minzolini giaceva da mesi a viale Mazzini, protetta da un’inutile indagine di un collaboratore di Masi e lontana dai comitati interni d’inchiesta. Il direttore generale ha risposto al consigliere Nino Rizzo Nervo di aver chiuso, da sé medesimo, il caso Minzolini perché “la carta è un benefit concesso in cambio dell’esclusiva ceduta all’ex cronista de La Stampa”...

MA UN benefit è diverso da spese di rappresentanza e missioni speciali (seppur eccessive) giustificate dal direttorissimo, il benefit va previsto nel contratto di assunzione (e non c’è) e va tassato con l’aliquota ordinaria. E quindi Masi ha dichiarato, senza volerlo, l’evasione fiscale del servizio pubblico e ora dovrà superare l’ostacolo del Consiglio di amministrazione di domani che, da un paio di mesi, è seguito da un magistrato della Corte dei conti, Luciano Calamaro. Chiamato in causa dal direttore generale, nel carteggio con Rizzo Nervo diffuso ai componenti del Cda, il presidente Paolo Garimberti ha smentito di conoscere i benefici di lusso previsti per Minzolini. Il direttore generale ha (di fatto) insabbiato le anomalie dell’ex notista politico: 129 giorni in trasferta (più di un inviato del telegiornale), 45 viaggi non motivati (spesso in mete esotiche), frequenti interviste ai dirigenti di Royal Caribbean e strani sconti in centri termali in seguito a un servizio del Tg1 sulla struttura alberghiera...

MASI HA liquidato le spese con la carta di credito perché è un benefit con disponibilità di 5 mila e 200 euro al mese, un privilegio peraltro sconosciuto ai colleghi del Tg2 (Mario Orfeo) e del Tg3 (Bianca Berlinguer). E se la Berlinguer da anni è dipendente Rai, proprio e ancor di più di Minzolini, Orfeo ha lasciato la direzione de il Mattino per il telegiornale di Rai2. L’autogol di Masi è clamoroso: scopre l’evasione fiscale per coprire Minzolini e si assume le conseguenze, dicono gli esperti del Cda. La prima: un procedimento della Corte dei conti. La seconda: un’inchiesta giudiziaria. “Non hanno ancora abolito l’obbligatorietà dell’azione penale...?, dice con ironia un consigliere. Quindi: anche se nessuno fa un esposto in Procura, i magistrati possono indagare comunque sui fatti denunciati dallo stesso Masi”. Proprio dal direttore generale, così attento a bilanci e multe, che giovedì scorso chiamava in diretta Annozero per spirito aziendale: “Dissocio me e la Rai. Potresti violare il codice e provocare sanzioni”. A proposito. La guerriglia contro la trasmissione di Michele Santoro è ripresa: viale Mazzini pretende la scaletta in largo anticipo, mentre l’Autorità di garanzia nelle Comunicazioni (Agcom) domani deciderà se aprire o meno un’istruttoria a causa delle lettere di quattro Commissari e del ministro Paolo Romani... 

(Il Fatto di Merc. 02 Feb. 2011) 
  

mercoledì 2 febbraio 2011

LA TELEFONATA DI B. A "L' INFEDELE" LASCIA IL SEGNO

Iva Zanicchi lascia la politica

Dalla parlamentare europea un’accusa al partito: “Mi ha lasciato sola”
‘La politica? Una vera delusione. Ho deciso: finisco il mio mandato, l’anno prossimo, poi smetto e torno in tv’. Lo dichiara l’europarlamentare del Pdl IvaZanicchi in un’intervista al settimanale Oggi, in edicola da domani. Aggiunge la nota cantante, recente protagonista dell’invito di Silvio Berlusconi a lasciare lo studio della trasmissione di GadLerner. ‘Il partito mi ha lasciato sola in questi giorni di trambusto: non una telefonata, un sms, un segnale da parte, che so, di un coordinatore, di un delegato. Niente’. La Zanicchi afferma di essere rimasta a ‘L’Infedele’ perche’ andarsene sarebbe stata ‘una mancanza di rispetto verso il pubblico, verso chi mi aveva invitata, verso me stessa e verso Berlusconi: rimanendo li’ potevo ancora difenderlo dalle atroci accuse che gli venivano rivolte’. E a Oggi annuncia: ‘Tornero’ in tv con un programma di quattro puntate sui miei cinquant’anni di musica. Ne sto parlando con la Rai. Il titolo c’e’ gia’: Una vita da Zingara’.

Perquisizioni in sede romana 'Giornale' Indagato consigliere Csm Brigandì


Carabinieri anche nell'abitazione della giornalista del quotidiano Anna Maria Greco. Il direttore Alessandro Sallusti: "Per l'ennesima volta la casta dei magistrati mostra il suo volto violento e illiberale"


ROMA - Dopo la pubblicazione da parte de Il Giornale di un vecchio dossier, risalente agli anni '80 e poi archiviato che riguardava l'ex pm di Milano Ilda Boccassini, oggi procuratore aggiunto, Matteo Brigandì, membro laico del Consiglio superiore, è stato accusato di abuso d'ufficioper aver passato al quotidiano 1 le carte riservate. Il consigliere laico della Lega al Csm, che rischia di essere sospeso dalla carica, è stato quindi iscritto nel registro degli indagati per il reato di abuso d'ufficio (art. 323 cp) dalla procura di Roma. I carabinieri hanno apposto i sigilli al suo ufficio al Csm.

Nell'ambito della stessa inchiesta in mattinata il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, che coordina l'indagine, ha ordinato una serie di perquisizioni nella redazione romana del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti e nell'abitazione della giornalista Anna Maria Greco. L'indagine a carico di Brigandì è partita da una denuncia da parte dello stesso Consiglio superiore della magistratura dopo la rivelazione diRepubblica 2 del 28 gennaio, che sosteneva come il consigliere avesse preteso gli fosse consegnato, per documentarsi, il vecchio fascicolo della disciplinare su Ilda Boccassini.
Per 
la redazione del quotidiano di via Negri si tratta di "Un nuovo tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di informazione e al Giornale in particolare - si legge in una nota - dopo le perquisizioni di pochi mesi fa al direttore, Alessandro Sallusti, al vicedirettore, Nicola Porro, e alla redazione milanese del quotidiano per l'affaire Marcegaglia". A disporre le perquisizioni nell'abitazione romana della giornalista Anna Maria Greco e nella sede del quotidiano sarebbe stata, secondo quanto ha inizialmente denunciato la direzione de Il Giornale, il pubblico ministero Silvia Sereni per la presunta violazione dell'articolo 323 del codice penale, quello relativo all'abuso d'ufficio.

All'origine ci sarebbe l'articolo sul procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini dal titolo "La doppia morale di Bocassini" in cui si ricordava come nel 1982 il magistrato fu "sorpresa in atteggiamenti amorosi" con un giornalista di Lotta Continua. "Davanti al Csm - riferiva l'articolo - si difese come paladina della privacy. E fu assolta. Ora fruga nelle feste di Arcore - si sottolineava - ma allora parlò di 'tutela della sfera personale'".

L'accusa più grave è però quella che ha portato a indagare per abuso d'ufficio il consigliere laico del Csm, Matteo Brigandì. E' in relazione a quest'inchiesta che è stata eseguita la perquisizione nell'abitazione della cronista de Il Giornale. In base a quanto si è appreso a piazzale Clodio l'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Pierfilipo Laviani, è partita da una segnalazione ufficiale fatta dal Consiglio superiore della magistratura. Secondo l'accusa, come aveva rivelato Repubblica il 28 gennaio, Brigandì avrebbe passato documenti interni al Csm alla giornalista che ha poi redatto un articolo sul procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini. "Non ne so nulla, e quindi non ho niente da dire", ha detto oggi il consigliere Brigandì (Lega Nord).

Giorni fa il consigliere aveva già smentito di aver dato a Il Giornale gli atti del procedimento disciplinare sul pm di Milano. "Ovviamente non sono stato io" aveva detto la scorsa settimana proprio dopo la denuncia di Repubblica 3. "Se qualcuno sostiene questa cosa ne risponderà nelle sedi legali possibili", aveva detto Brigandì. "Ho chiesto al Csm una serie di documenti, compreso quel fascicolo, che ho letto per un quarto d'ora e poi ho restituito", aveva precisato Brigandì, che poi aveva annunciato di aver scritto una lettera al vice presidente Michele Vietti per chiedergli di "far luce" sulla vicenda.

Secondo il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, queste perquisizioni dimostrano come "per l'ennesima volta la casta dei magistrati abbia mostrato il suo volto violento e illiberale". Sallusti ha aggiunto che "la perquisizione nell'abitazione privata della collega Anna Maria Greco, autrice dell'articolo che conteneva sentenze pubbliche del Csm, non solo è un atto intimidatorio ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa. Stupisce che soltanto le notizie non gradite ai magistrati inneschino una simile repressione quando i magistrati stessi diffondono a giornalisti amici e complici atti giudiziari coperti da segreto al solo scopo di infangare politici non graditi".

La giornalista Anna Maria Greco il 30 gennaio aveva scritto un altro articolo in cui si dava conto dei risarcimenti ai cittadini vittime di ingiusta detenzione o di errori giudiziari negli ultimi 10 anni e si sottolineava come nello stesso periodo le sanzioni per le toghe fossero state solo una decina: "il Csm - scriveva la giornalista - fa da scudo alla Casta".