sabato 5 marzo 2011

L'abc del nuovo fisco con il federalismo

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A
Addizionali 
Assieme all'Iva, l'addizionale Irpef sarà il secondo pilastro delle entrate regionali. Dal 2012 sarà introdotta un'addizionale di base per sostituire i trasferimenti soppressi, dal 2013 le regioni potranno introdurre nuove maggiorazioni. Questi aumenti non potranno però riguardare i lavoratori dipendenti e i pensionati che percepiscono redditi fino a 28mila euro. Non rientrano però in questa "no tax area" sugli aumenti locali i titolari di redditi da lavoro autonomo e professionale
Affitti 
Con il federalismo municipale sarà introdotta (è in programma per il 2011) una cedolare secca sugli affitti, pari al 20%, in sostituzione dell'attuale aliquota progressiva, che dipende dal reddito del proprietario. Maxi-sanzioni sono previste per chi non denuncerà gli immobili dati in locazione
Assistenza
L'assistenza sociale è una delle voci che definisce le funzioni fondamentali delle regioni, di cui la riforma, una volta a regime, dovrà garantire il finanziamento integrale a costi standard
Accise
Il gettito delle accise sulla benzina cambia destinazione. Dal 2012 sarà soppressa la compartecipazione regionale, ma sarà istituita quella alle province, le cui entrate proprie saranno costituite dal prelievo sull'auto
Autonomia
A regioni ed enti locali sarà riconosciuta la possibilità di agire autonomamente sulla leva fiscale. Le regioni, per esempio, potranno abbassare o azzerare l'Irap, purché non aumentino l'addizionale Irpef oltre l'1,4%

B
Banche dati
Viene ampliata la facoltà dei comuni di accedere alle banche dati fiscali, a partire dall'anagrafe tributaria che contiene le dichiarazioni dei redditi; ogni comune potrà visionare i dati fiscali e patrimoniali dei propri residenti
Benchmark
Le regioni «modello» su cui calcolare i costi e i fabbisogni standard saranno tre e dovranno essere individuate dalla conferenza stato-regioni sulla base dei bilanci certificati del 2011. Le tre regioni verranno scelte all'interno di un panel costituito dalle cinque regioni con i conti migliori
C
Casa
Gli immobili saranno la base delle entrate fiscali comunali (si veda la voce Imu); l'abitazione principale e le sue pertinenze (cantine, box eccetera), però, rimangono del tutto esenti da qualsiasi effetto fiscale, come accade attualmente con Ici e Irpef
Costi standard
Dal 2013 verranno definiti i costi standard, cioè il «prezzo giusto» dei servizi nelle funzioni fondamentali delle regioni, di cui dovrà essere garantito il finanziamento integrale
Compartecipazione
L'Iva continuerà a rappresentare il pilastro delle entrate regionali. La compartecipazione rimarrà ai livelli attuali (45% circa) fino al 2014, poi sarà rimodulata in relazione al gettito prodotto da ogni regione
Comuni
Oltre alla nuova fiscalità immobiliare (si veda la voce Imu), l'equilibrio dei bilanci locali sarà garantito da due fondi di «solidarietà»: quello sperimentale di riequilibrio, gestito dallo stato, e, dal 2016, dal fondo perequativo. Quest'ultimo si baserà su due indicatori: quello del fabbisogno finanziario e quello, nuovo, del fabbisogno delle infrastrutture
D
Decorrenza
Il primo appuntamento concreto con la riforma federalista sarà con la cedolare secca sugli affitti a partire già da gennaio 2011. Passando per il 2014 quando partirà la perequazione, l'ultimo nel 2019 con il completamento del processo di definizone dei costi standard delle regioni.
E
Evasione
La lotta all'evasione scende sul territorio. I comuni otterranno il 50% del maggior gettito riscosso con il loro contributo nell'attività di accertamento. Anche le regioni saranno chiamate a collaborare nella lotta al sommerso, perché una quota del gettito recuperato andrà ad alimentare il fondo perequativo
F
Fabbisogni standard
Nei comuni sono l'indicatore per stabilire il costo giusto dei servizi erogati. Nelle regioni rappresentano i parametri di riferimento per il finanziamento integrale della spesa sanitaria
Fallimento politico
La riforma, una volta a regime, dovrebbe prevedere delle sanzioni di ineleggibilità temporanea per gli amministratori locali che si rendono responsabili del dissesto del loro ente. Nel caso delle regioni, i conti dovranno essere certificati sei mesi prima del rinnovo elettorale
Funzioni fondamentali
Nelle regioni sono rappresentate da sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale. Nei comuni un primo elenco individua polizia locale, istruzione pubblica (asili nido, assistenza scolastica, refezione, edilizia), viabilità, la gestione del territorio e dell'ambiente, settore sociale
I
Imu
L'imposta municipale unica sarà basata sul gettito prodotto dal possesso degli immobili, con l'eccezione dell'abitazione principale e delle pertinenze che restano esenti, o dalla loro compravendita. L'aliquota di riferimento deve ancora essere stabilita (secondo i calcoli dei comuni dovrebbe aggirarsi intorno al 10%). L'Imu non comprende la cedolare secca sugli affitti (si veda la voce cedolare), che è destinata ai comuni ma rientra nel capitolo Irpef
Irap
L'imposta regionale sulle attività produttive rimane inalterata fino al 2013. Dal 2014, le regioni potranno ridurre le aliquote, fino ad azzerarle. Per poter effettuare le riduzioni, però, le regioni non potranno maggiorare l'addizionale all'Irpef, per evitare che il carico fiscale sia solo redistribuito a sfavore dell'imposta sui redditi
Irpef
Il secondo pilastro delle entrate regionali sarà costituito dalle due addizionali all'Irpef. La prima, in vigore dal 2012, sarà determinata in misura fissa, uguale per tutte le regioni, con un decreto del presidente del consiglio. Questo stesso decreto ridurrà in modo proporzionale le aliquote dell'Irpef destinata alle casse dello stato. La seconda addizionale, dal 2013, sarà nella disponibilità delle regioni: la base sarà allo 0,9%, come oggi, ma potrà essere aumentata nel tempo fino al 3% (cioè il 2,1% aggiuntivo rispetto alla base), raggiungibile solo dal 2015
Iva
Continuerà a rappresentare il pilastro delle entrate regionali, attraverso una compartecipazione al gettito che fino al 2013 sarà governata dal principio della territorialità. In pratica si identificherà il luogo di consumo con quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Per esempio, un bene prodotto in Lombardia ma venduto in Puglia determinerà un gettito Iva in capo alla Puglia; nel caso dei servizi l'Iva sarà "conteggiata" nella regione del fruitore del bene 
L
Lea e Lep
Sono i livelli essenziali dell'assistenza (Lea) e delle prestazioni sanitarie (Lep). I costi standard, che indicheranno il livello di finanziamento integrale da garantire alle regioni, saranno misurati in riferimento a questi parametri, nel senso che il finanziamento integrale dovrà garantire i costi da sostenere per assicurare prestazioni adeguate
P
Perequazione
Si tratta del meccanismo chiamato a garantire la «solidarietà» tra territori, per sostenere il finanziamento degli enti a minore capacità fiscale. All'interno delle regioni, la riforma a regime attiverà un fondo perequativo, alimentato dall'Iva, per garantire in ogni regione il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali. Inizialmente il fondo perequativo sarà calcolato in base alla spesa storica, per poi convergere progressivamente verso i costi standard. La perequazione dovrà ridurre le differenze di capacità fiscale fra i territori senza però alterarne la graduatoria. All'interno delle regioni sarà inoltre attivato un fondo perequativo per i comuni
Province
Le funzioni fondamentali delle province riguarderanno istruzione pubblica, compresa l'edilizia scolastica, trasporti, la gestione del territorio, tutela ambientale, mercato del lavoro. Rimangono per ora inalterate le sovrapposizioni con le funzione dei comuni (per esempio sull'edilizia scolastica, in cui l'assegnazione ai comuni o alle province dipende dal grado di scuola)
Q
Quoziente familiare
Nell'ambito dell'addizionale Irpef le regioni potranno agire aumentando le detrazioni collegate ai carichi famigliari. Si potranno, per esempio, introdurre meccanismi "premiali", che aumentano i benefici in proporzione al numero dei figli, utilizzando le forme di detrazione previste dalle leggi statali
R
Regioni
Sono il vero cuore del federalismo. Le loro funzioni fondamentali sono sanità, istruzione, assistenza e trasporto pubblico. I bilanci regionali dovranno essere certificati sei mesi prima delle elezioni, anche per far scattare eventuali ineleggibilità nei confronti dei responsabili di eventuali dissesti
T
Tasse auto
Dal 2012 l'imposta sulle assicurazioni dei veicoli commerciali sarà trasferita alle province, che continueranno a ricevere anche il gettito dell'Ipt. L'aliquota base dell'imposta sulle assicurazioni sarà del 12,5% e, dal 2014, sarà consentito alle province ritoccare del 2,5% (in aumento o in diminuzione) questo valore. Saranno compiti delle province anche l'accertamento, la riscossione e il contenzioso
Tributi soppressi
Scompare dal 2014 una serie di tributi regionali. Si tratta di: abilitazione all'esercizio professionale, imposta sulle concessioni statali dei beni demaniali marittimi, concessioni statali per occupazione e uso di beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi pubblici regionali, concessioni regionali e addizionale regionale sull'acqua
U
Ulteriori tributi regionali
Dal 2013 le regioni possono introdurre autonomamente forme di prelievo, evitando però le basi imponibili già interessate dall'imposizione statale. Le regioni potranno anche consentire a comuni e province del loro territorio di modificare le aliquote dei tributi propri
Z
Zero Irap
L'autonomia regionale potrà consentire ai governatori con i conti più in ordine di azzerare in via autonoma il prelievo sulle attività produttive (si veda la voce Irap)

La circolare sulla validità dell'anno scolastico

Ragazzi attenti, l'anno scolastico è a rischio se non si frequenta il 75% delle lezioni

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Perché l'anno scolastico sia valido bisognerà aver frequentato i tre quarti del monte ore annuo previsto dal proprio indirizzo di studi: lo chiarisce una circolare del ministero dell'Istruzione ricordando che se non si raggiunge il limite minimo di frequenza c'è la bocciatura e la non ammissione agli esami di fine ciclo.
Vale l'orario curricolare
La circolare (validità dell'anno scolastico per la valutazione degli alunni della scuola secondaria di primo e secondo grado), alla luce delle tante richieste di chiarimenti arrivate dalle scuole, spiega che «risulta improprio e fonte di possibili equivoci» prendere come riferimento i giorni complessivi di lezione previsti dai calendari scolastici regionali (che sono circa 200) e che invece bisogna tener conto dell'orario curricolare.
Deroghe per: gravi malattie, gare agonistiche, motivi religiosi
Le scuole all'inizio dell'anno scolastico dovranno quindi comunicare ai genitori quante ore totali ci sono nel corso dei figli e quante ne servono per la validità. Per l'anno scolastico in corso, visto che la circolare è stata emanata ora, la comunicazione sarà fatta in questi giorni. Sono previste deroghe sulle assenze per gravi motivi di salute (adeguatamente documentati), per partecipare a gare sportive, per adesione a religioni per le quali esistono specifiche intese che considerano il sabato come giorno di riposo. (Cl.T.)

Comprare una laurea in cinque giorni, ecco come si fa in Italia

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MILANO - «Tu non devi fare niente, mi devi dare soltanto il titolo della tesi. E i soldi. Al resto penso tutto io». Addio mesi e mesi all’estenuante ricerca di note e testi bibliografici. La tesi di laurea è cosa fatta. Basta affidarsi a chi questo “lavoro” lo fa di mestiere. E ciò che mediamente si completa in sei-otto mesi ora è a portata di mano in appena cinque giorni.

LA COMPRAVENDITA - Siamo a Napoli ma il sistema della compravendita delle tesi di laurea è diffuso un po’ in tutta Italia. Basta dare un’occhiata alle bacheche universitarie o sui siti internet specializzati. Sono avvocati, insegnanti, assistenti universitari, neolaureati che per arrotondare si sono buttati in questo mercato. Molto redditizio. Poi c’è chi, come Michele, lo chiameremo così, scrive e vende tesi di laurea da quando era al secondo anno di Giurisprudenza. Così si è pagato gli studi alla Federico II. «Una volta capito come funziona – ci dice ignaro di essere ripreso da una telecamera nascosta - basta che sai scrivere, usi i programmi adatti e il gioco è fatto». Ovviamente lui ai suoi clienti ometteva di dire che non era nemmeno laureato. Ora fa l’avvocato in uno studio associato a Napoli che a sua volta ha un settore dedicato alla preparazione di tesi di laurea. Alla modica cifra di 1200 euro ciascuna.

COSTUME ITALIANO - E se tutto questo in Germania ha creato scandalo e le dimissioni di un ministro, in Italia «aiuta a vivere», come ci dice uno di loro che fa l’elenco dei clienti che bussano alla sua porta, tra cui molti lavoratori che mirano a un salto di carriera. I costi. Si va dai 300 euro per titoli comuni e con una bibliografia abbastanza diffusa ai 2000 euro per quelle più complicate. Il sistema è semplice: periodicamente vi inviano parti del manoscritto che voi dovrete semplicemente inoltrare all’assistente o al professore relatore per le correzioni. «Ci sono professori che spudoratamente dicono: ma che te la correggo a fare, tanto lo so che te l’ha scritta Rosaria». Perché Rosaria è talmente nota nell’ambiente universitario di Santa Maria Capua Vetere che ormai è una garanzia per chi vuole puntare al 110 e lode. Insomma, un percorso di studi che potremmo definire ideale per chi ha iniziato comprando un diploma di ragioniere in 24 ore o poco più (come dimostrato nella nostra recente videoinchiesta) e ora vuole laurearsi bruciando tutte le tappe. In mezzo ci sono gli esami da sostenere. Ma anche per quelli una soluzione si trova sempre.

Ue, 1500 euro in più per la segreteria: gli eurodeputati si aumentano i fondi

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BRUXELLES In barba ai richiami all’austerità inviati a tutta l’Europa, la commissione Bilancio del Parlamento Ue ha dato il via libera a un aumento di 1.500 euro delle spese mensili per la segreteria di ognuno dei 736 membri dell’Eurocamera.

”E’ uno scandalo – il commento di Helga Trupel, eurodeputata dei verdi e membro della Commissione Bilancio – chiediamo a tutti gli Stati membri ed ai lavoratori europei di tirare la cinghia e poi approviamo un aumento che non è assolutamente giustificato. Ho votato contro ed ho provato a posporre la questione a un momento più consono”.

A determinare l’aumento, la decisione dell’SD, l’Alleanza dei socialisti e dei democratici in cui milita il Pd, di votare la posizione favorevole del gruppo popolare, tra cui figurano i deputati del Pdl e dell’Udc, e dei conservatori. Contrari, oltre ai verdi, anche i liberaldemocratici, in cui figura l’Idv, ed il gruppo della sinistra unitaria. Con questa nuova revisione al rialzo, gli eurodeputati avranno 21 mila euro a disposizione ogni mese per pagare i loro assistenti e per gli altri costi di segreteria. La decisione ha l’effetto di aumentare di 13,2 milioni all’anno le spese vive del Parlamento Ue.

venerdì 4 marzo 2011

CE L'HANNO NEL DNA . Letizia Moratti condona il figlio

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Gabriele, il secondogenito del sindaco, ha ristrutturato senza permessi cinque loft in stile Batman per farne la sua abitazione. Con un ring per la boxe e un poligono di tiro insonorizzato. Pagando al Comune un milione di euro meno del dovuto. Ma poi mammina ha sistemato tutto


Affari edilizi alla Batman per il figlio del sindaco di Milano. Mentre sull'ex capitale morale infuria l'ennesima "Affittopoli" - case pubbliche a canone agevolato per politici e amici non sempre bisognosi - salta fuori che il nuovo superpiano urbanistico della città, fortemente voluto da Letizia Moratti, è oro sonante per una selezionatissima cerchia di proprietari di immobili. Tra cui spicca un certo Gabriele Moratti, 32 anni. Sì, proprio lui, il figlio di Letizia e di Gianmarco Moratti, petroliere della Saras e grande finanziatore delle campagne elettorali della moglie.

I fortunati incroci tra edilizia e politica sono stati denunciati da un libro-inchiesta ("Le case della libertà", Aliberti editore) firmato da Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma. Ma quello che "l'Espresso" ha verificato, con documenti e testimonianze, è che il Piano di governo del territorio (Pgt), il nuovo codice urbanistico approvato tra mille polemiche dal centrodestra milanese, è in grado di garantire al rampollo del sindaco un vantaggio economico personale che gli esperti quantificano in "almeno un milione di euro".

Al centro del caso c'è una maxi-ristrutturazione nella prima periferia nord-ovest di Milano, in via Cesare Ajraghi 30. Qui Gabriele Moratti, che dopo una dura gavetta a New York si è meritato uno stipendio da manager nell'azienda di papà, compra cinque capannoni di ben 447 metri quadrati. Il vincolo di destinazione è industriale: vietato trasformarli in abitazioni. Il 4 agosto 2009 Moratti junior chiede solo di "accorparli in un unico laboratorio", pagando al Comune oneri minimi: stando alle visure, 6.687 euro.

I lavori sono quasi ultimati, quando scoppia la grana: il gruppo Hi-Lite/Brera 30, specializzato in interni per case da nababbi, accusa Gabriele di non aver pagato l'ultima rata del prezzo. Il titolare, l'architetto Gian Matteo Pavanello, ottiene un decreto ingiuntivo per 127 mila euro. E nelle carte portate in tribunale spunta la sorpresa: al posto dei capannoni c'è una villa da sogno. Che l'architetto riassume così: "Il modello è la casa di Batman". Il figlio del sindaco, dunque, si sarebbe ispirato al palazzo dell'eroe del fumetto. Pavanello, che ha lavorato per mesi nel cantiere, ha visto il progetto diventare realtà: ingresso-garage sorvegliato; sala fitness di "200 metri quadrati con grande vasca idromassaggio, sauna, bagno turco, piscina salata e soppalco-palestra"; "ponte levatoio che sale in un enorme soggiorno con cinema privato"; e al piano superiore "immense camere da letto". Quella di Gabriele è "particolare", con "mobili in pelle di squalo". L'effetto-Batman è garantito soprattutto da una "botola motorizzata" che porta in un bunker sotterraneo in cemento, con "ring da boxe" e "poligono di tiro insonorizzato". 

"Il Giornale" è l'unica testata milanese che, curiosamente, dedica al caso due servizi opposti. Il 9 luglio 2010 titola: "Moratti junior si fa la mega-casa, ma non vuol pagare". Due giorni dopo, doppia smentita. "La società Brera 30 ha lavorato male, il dottor Gabriele Moratti si è già opposto al decreto ingiuntivo", scrive il suo legale. Che si preoccupa anche di negare "qualsiasi irregolarità urbanistica", sostenendo che "l'effettiva destinazione d'uso dell'immobile" (residenza o capannoni?) si potrà verificare solo "dopo la fine dei lavori".
Il destino vuole che poco dopo arrivi la variante: la proprietà versa 102 mila euro di oneri urbanistici e il 12 agosto l'immobile diventa "commerciale". Solo allora il Comune manda i controlli: tutto ok.

E la villa da Batman? Scomparsa. Anzi, mai esistita. L'architetto Pavanello però giura che "tutte le maestranze, l'impresa edile, idraulici e tecnici possono testimoniare che in quei capannoni è stata costruita una residenza di lusso. Il giovane Moratti ci ha pure abitato e fatto feste: l'abbiamo visto tutti". Ma come ha fatto a superare i controlli comunali? "I locali sono stati risistemati con strutture in cartongesso proprio in vista dell'ispezione". Un intervento-tampone "affidato all'architetto N. B.", precisa Pavanello, "ma non mi risulta che abbia demolito le piscine o il bunker". Toccherà al tribunale civile decidere sulla parcella per la casa-fantasma: il processo si aprirà in novembre. Ma la politica intanto ha cambiato le regole

Hanno paura di voi

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Tra meno di dieci giorni il ministro degli Interni Roberto Maroni dovrà, per legge, fissare la data dei referendum. Ha già detto che pensa al 12 giugno, ultima data valida per legge e che non accoglierà la richiesta di accorpare i referendum con il secondo turno delle amministrative, il 29 maggio.
Il Governo si dimostra così impaurito truffaldino e anche un po’ ladro perché mandando gli elettori a votare una settimana dopo l’altra invece di concentrare tutto nella stessa data spende il doppio dei soldi. Soldi non suoi ma nostri, dei cittadini italiani. E tutto questo solo nella speranza di impedire che venga raggiunto il quorum sui tre temi fondamentali come l’acqua pubblica, il nucleare e il legittimo impedimento. Cioè il contrario di quello che un governo avrebbe il dovere costituzionale di fare.
Finalmente tutta l’opposizione si è decisa a protestare per questo ennesimo atto di arroganza: almeno Maroni avrà tutti gli occhi addosso mentre butta nella spazzatura 300 milioni di euro, oltretutto per venire meno al suo dovere democratico, che sarebbe quello di facilitare la partecipazione alle competizioni elettorali non di ostacolarla.


E’ molto importante che a protestare non siamo solo noi dell’Idv. L’Italia dei Valori ha raccolto le firme per i referendum, ma ora che l’obiettivo è stato raggiuto quei referendum non sono più dell’Italia dei Valori. Noi li abbiamo indetti ma non per farli essere una cosa nostra: per metterli a disposizione del Paese. Oggi i referendum sono di tutti i cittadini che vogliono fermare Berlusconi prima che sia tardi.
Credo che dobbiamo stare tutti molto, molto attenti. Berlusconi e la sua cricca di affaristi non sono affatto sul punto di sloggiare da palazzo Chigi. Proprio come l’amico Gheddafi, anche se per fortuna con altri mezzi, il caimano ha lanciato la sua controffensiva su tutti i fronti, con l’obiettivo di cancellare quel che più teme: la magistratura indipendente e la libera informazione.
Se riuscirà a restare al potere abbastanza tempo per farcela pensa di potercela poi fare anche a rivincere le elezioni e a cancellare anche quel che resta della democrazia repubblicana. Per questo bisogna fermarlo subito. Non tra uno o due anni ma adesso.
I referendum sono l’arma per riuscirci. Il quesito sul legittimo impedimento si traduce in una domanda semplice semplice, che tutti possono capire: volete che quest’uomo resti al potere e vi malgoverni ancora o no? Se la maggioranza dirà di no, tutte la manovre che Berlusconi sta preparando si sgonfieranno in un secondo. I quattro referendum possono cambiare il volto dell’Italia. Per questo è importantissimo che per il successo del referendum lavoriamo tutti. Non solo i militanti dell’Idv, e neppure solo quelli del centrosinistra ma tutti quegli italiani che vogliono dire basta. Di qui a pochi mesi potranno farlo, andando a votare invece che andando al mare come vorrebbero Berlusconi e Maroni.
Postato da Antonio Di Pietro

giovedì 3 marzo 2011

I pm chiedono la condanna per Cragnotti e Geronzi

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«Debiti e crediti fittizi tra società del gruppo Cirio attraverso cessioni di aziende ampiamente sovrastimate rispetto al loro reale valore» per mostrare bilanci «in utili», una situazione compromessa da anni a cui avrebbe contribuito la consistente esposizione verso il sistema bancario. Parte da qui la requisitoria dei pm Rodolfo Sabelli, Gustavo De Marinis e Paola Filippi, nel processo per bancarotta della Cirio, per chiedere ai giudici una condanna di 15 anni per Sergio Cragnotti l'ex patron della Cirio, 8 anni per il presidente delle Generali ed ex presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi, 6 anni per Gianpiero Fiorani, ex ad della Popolare di Lodi. «Una richiesta assurda», si è affrettato a commentare Cragnotti uscendo dall'aula. «Requisitoria generica e immotivata», hanno incalzato gli avvocati di Geronzi, Paola Severino ed Ennio Amodio, mentre da Trieste, fonti vicine alla presidenza delle Generali non hanno mancato di ricordare come «tutte le volte» che la condotta di Cesare Geronzi, nell'esercizio dell'attività di banchiere, è stata sottoposta al vaglio della magistratura, «essa è risultata sempre corretta, con la conseguenza della dichiarazione di non colpevolezza». Le stesse fonti hanno detto di «confidare in una decisione del collegio che riconosca la correttezza dell'operato del presidente Geronzi». Essere al vertice della banca «non rappresenta un elemento giustificativo della pena», aggiunge il legale Severino secondo la quale siamo di fronte alla «trasformazione di prove lecite in accuse penali per nulla rigorose».
Il punto di non ritorno da cui è scaturito il processo è il fallimento del gruppo agroalimentare nell'agosto 2003 per 1,4 miliardi di euro con un debito costituito per lo più da obbligazioni per 1,12 miliardi finite nei portafogli dei risparmiatori. Ma per i 2mila bondholders che si sono costituiti parte civile è arrivata la doccia fredda della prescrizione del reato per truffa che mette a rischio i risarcimenti in corso con le banche. Resta la bancarotta alla quale, secondo l'accusa, avrebbero concorso anche gli istituti di credito, e in particolare la ex Banca di Roma che avrebbe trattato Cragnotti «in un modo assolutamente anomalo». 

Nel complesso sono una quarantina le richieste di condanna tra ex amministratori ed ex banchieri. Come Antonio Nottola ex ad della Banca di Roma (8 anni), Giovanni Benevento ex presidente della Popolare di Lodi (6 anni). Oltre a Cragnotti, nell'elenco figurano i tre figli e la moglie, il genero Filippo Fucile (12 anni), Lucio Velo, fiscalista, uno dei fedelissimi, Riccardo Bianchini Riccardi (8 anni) amministratore di numerose società del gruppo, richieste «sproporzionate» per il suo avvocato Cataldo Intrieri. Chiesta anche una sanzione per i revisori della Dianthus, ex Deloitte & Touche. Il quadro accusatorio parte dalla ricostruzione delle vicende della Cragnotti & Partners dai primi anni 90, quando il manager uscito dall'Enimont, con la liquidazione costituisce la merchant bank con cui darà vita a una girandola di acquisizioni dalla Polenghi Lombardo, alla Cirio, alla De Rica, alla Bertolli fino alla brasiliana Brombil e alla Lazio: a metà degli anni 90 il fatturato ammonta a 1.500 miliardi di lire. Il gruppo cresce e con esso i debiti che scaturiscono dalla intricata ragnatela di società sparse tra il Lussemburgo, l'Olanda, le Isole Vergini e il Brasile. Gli investimenti industriali sono sempre più risicati mentre si ricerca affannosamente liquidità per ridurre i debiti. Già nel 1996, secondo quanto emerge dalla memoria di 300 pagine depositata ieri dai pm, il gruppo Cragnotti accusava una carenza di liquidità, situazione di cui «la Banca di Roma aveva una conoscenza approfondita - secondo la ricostruzione dell'accusa scaturita dalla lettura dei verbali dei comitati esecutivi dell'istituto capitolino -; nonostante ciò Banca di Roma ha avallato il protrarsi di quell'apporto che si è sviluppato nel tempo».
Con il protrarsi della crisi «l'istituto cerca di prendere le distanze - secondo i pm - tentando di avere nuove garanzie da parte del cliente o prevedendo ulteriori finanziamenti e scaricando su altri il rischio per cercare almeno in parte di recuperare gli affidamenti». È il caso dei bond Cirio, finiti nei portafogli dei risparmiatori quando erano destinati agli investitori istituzionali; oppure la cessione Eurolat alla Parmalat, operazione che Tanzi ha definito «spintanea» da parte della Banca di Roma la quale sostituendo il debitore, riduce il rischio e rientra in parte dell'esposizione verso la Cirio. Sarà la stessa Banca di Roma, attraverso l'azione del direttore generale di Capitalia Matteo Arpe, a mettere fine alle erogazioni, una mossa che porterà inevitabilmente al default della Cirio. Ora si attendono le repliche delle parti civili e delle difese mentre la sentenza è attesa prima dell'estate.
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LE TAPPE

La vicenda
Cirio va in default nel novembre 2002, ma dopo un tentativo di salvataggio (con il piano Livolsi bocciato a Londra dagli obbligazionisti) finisce in amministrazione straordinaria nell'agosto 2003. Coinvolti 35mila risparmiatori, che hanno comprato i 7 bond.
I processi
Sul caso Cirio sono partiti molti procedimenti penali. Quelli che ipotizzavano la truffa ai danni dei risparmiatori sono stati archiviati. Il processo per bancarotta, in corso a Roma, è arrivato ieri alla svolta. I pm hanno chiesto condanne da 15 anni per Cragnotti, 8 per Cesare Geronzi

Il fuorilegge

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QUEL che conta per Silvio Berlusconi è scegliersi i giudici per levarsi di torno la disgrazia di Milano. Lo reclama. Se si vuole, la notizia è questa: nella civile Europa  -  e non nel Maghreb  -  c'è un capo di governo che pretende di poter decidere da solo l'identità del pubblico ministero e del giudice, il luogo del suo processo e infine scrutinare anche la sentenza. Ritiene di poterlo fare abusando del suo potere politico e agitando tre formule magiche e definitive: "competenza del giudice", "procedibilità del processo", "sospensione del giudizio". Il Sovrano, chiuso nella sua Villa, circondato dai suoi avvocati, decide d'imperio contro la legge e la Costituzione che quelle decisioni siano appannaggio del Parlamento, e quindi della maggioranza che controlla o paga.

Era scritto che Berlusconi si muovesse lungo la strada di un illegalismo istituzionale. "Sarà l'intervento del Parlamento che toglierà il caso alla procura di Milano". Il presidente del Consiglio lo dice il 18 gennaio, martedì. A Villa San Martino riunisce il "tavolo di crisi", avvocati, consiglieri, consigliori, qualche ministro, a quanto pare. Lettura collettiva delle 389 pagine dell'invito a comparire della procura di Milano. Sconforto anche per i chierici dallo stomaco forte: è vero, concludono, in quelle carte ci sono "prove evidenti" dei due reati (concussione, prostituzione minorile) che vengono contestati al capo del governo. Appare subito 
chiaro  che la difesa di Berlusconi non sarà tecnica" e soprattutto non avverrà in tribunale. Quel processo può essere vinto a Roma e la "linea del Piave" sarà il Parlamento. Sarà il potere politico a dover fermare i passi della magistratura e a scongiurare ogni accertamento di responsabilità. Abituato a usare le Camere come bottega sua, Berlusconi ordina agli avvocati che vi ha nominato di "togliere alla procura di Milano il caso". Il giorno dopo, 19 gennaio mercoledì, si fa beffe dell'appello di Napolitano a "fare chiarezza perché il Paese è turbato" e squaderna il canovaccio: "I fatti che mi sono contestati sono stati commessi nella qualità di presidente del Consiglio, la procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri  È gravissimo che la procura voglia continuare ad indagare pur non essendo legittimata a farlo". Subito dopo gli azzeccagarbugli del Sovrano confondono e intricano le questioni per nascondere la violenza istituzionale delle mosse del Cavaliere. 

Ciò di cui si discute è più semplice di quanto si possa immaginare. La domanda è sempre una, in ogni passaggio di questa storia: chi deve decidere? Berlusconi sostiene che non può indagare il pubblico ministero di Milano, ma il Tribunale dei Ministri perché il reato, se reato c'è stato, è ministeriale. Senza entrare nel merito se quel reato (concussione) è stato svolto nella funzione di presidente del Consiglio (reato ministeriale) o con la qualità della sua responsabilità pubblica (reato comune), chi decide se a indagare deve essere la procura o il Tribunale dei Ministri? In un rito ordinario, con un imputato ordinario, le questioni della competenza si sollevano nel processo con la possibilità di impugnarle in appello e in Cassazione. Berlusconi non ci sta. Vuole confiscare ai giudici naturali quella decisione e assegnarla illecitamente al Parlamento che è come dire attribuirla a se stesso. Ordina che l'aula voti a favore del Tribunale dei Ministri, come se questo dovesse chiudere l'affaire.

In Parlamento, il capo del governo ha due carte da giocare: il conflitto di attribuzione e l'improcedibilità. Anche qui non bisogna farsi spaventare dalle formule. Il conflitto di attribuzione è stato appena sollevato dalla maggioranza. La filastrocca è sempre quella: la procura di Milano si è attribuito un potere che non ha perché il reato ministeriale non gli compete. Ora deciderà la Corte Costituzionale. Almeno su questo non ci sono obiezioni. Anche se affiora qualche tentativo di condizionamento. C'è qualche analfabeta che auspica una moral suasion del Capo dello Stato sui giudici costituzionali mentre, per farsi forza in quest'avventura, gli azzeccagarbugli citano a capocchia una pronuncia della Corte (sentenza n. 241 del 2009) che ha accolto la denuncia di conflitto proposta dal ministro Altero Matteoli. Questa sentenza non c'entra nulla con l'affaire Berlusconi. Al contrario, dà una mano a chi giustamente sostiene che non spetta alla Camera stabilire se il reato abbia carattere ministeriale e la competenza a svolgere le indagini sia quindi del Tribunale dei Ministri. In quell'occasione, come scrive la Corte per il caso Matteoli, la Camera non ha rivendicato "il potere di apprezzare in via esclusiva il carattere ministeriale del reato". Chiedeva soltanto di "poter esprimere, secondo le apposite cadenze procedurali, una autonoma valutazione al riguardo". Nel caso Berlusconi, la Camera ha già espresso "la sua autonoma valutazione" sul "carattere ministeriale del reato" di concussione (boccia la perquisizione dell'ufficio del ragioniere pagatore delle ragazza di Arcore). Anche se con procedure stravaganti, potrebbe ancora ribadirla con una delibera di "improcedibilità". La valutazione del Parlamento, per quanto qualificata, non può sequestrare le prerogative del tribunale di Milano perché la Camera non ha  -  appunto  -  "il potere di apprezzare in via esclusiva il carattere ministeriale del reato".

La seconda carta che Berlusconi intende giocare è l'improcedibilità. Anche questa è un papocchio se ci si chiede: chi decide? Il Parlamento non può dichiarare improcedibile un processo. Non gli spetta. Non è tra i suoi poteri. Le cose stanno così. Il Tribunale dei Ministri non è un giudice. Lavora come un pubblico ministero nei procedimenti comuni. A conclusione delle indagini, il Tribunale dei Ministri, se ritiene che l'indagato meriti il rinvio a giudizio, chiede al Parlamento l'autorizzazione a procedere. Se l'autorizzazione viene negata, il Tribunale dei Ministri prende atto che non ci sono le condizioni di procedibilità stabilite dalla legge e dispone l'archiviazione del procedimento. Non può far altro. L'"improcedibilità", dunque, può e deve essere dichiarata soltanto dal Tribunale dei Ministri e unicamente come l'esito insuperabile del rifiuto dell'autorizzazione a procedere. Una dichiarazione di improcedibilità non è tra le competenze del Parlamento, che non ha il potere di negare preventivamente un'autorizzazione non richiesta. Se lo fa, è un abuso, un atto di violenza istituzionale. Resta l'ultima questione, la sospensione del giudizio. Chi la decide? Anche in questo caso, non c'è alcun dubbio. Né il conflitto di attribuzione né una fantasistica delibera parlamentare di "improcedibilità" possono paralizzare il processo di Milano. È il terzo abuso di potere che Berlusconi pretende. Esige che in ogni caso il processo si blocchi. Anche questa pretesa è illegittima. Vediamo che cosa accade per il conflitto di attribuzione. Bisogna leggere delle "norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale" (legge 11 marzo 1953, n. 87). Anche un non addetto ai lavori comprende, leggendo l'art. 37 e le disposizioni del 23, che l'autorità giurisdizionale, sospende il giudizio in corso soltanto quando la questione non gli appaia manifestamente infondata e finora è apparsa manifestamente infondata al giudice di Milano. Chi decide? È la questione che impegnerà Parlamento, magistratura ordinaria, Corte Costituzionale. Fin da ora si deve dire che, a due secoli dall'Ancien Régime, né l'imputato né il suo governo né una maggioranza di nominati e comprati può decidere del processo come esige il nostro dispotico capo del governo.  

Circonvenzione di rapace

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Gentile Cavaliere, scusi l’insistenza, ma abbiamo come l’impressione che Lei continui a farsi del male. Non per colpa Sua, ci mancherebbe: Lei non ha colpe, mai. Ma per colpa di chi La circonda e, se ci consente, La mal consiglia. L’altro giorno, per esempio, lei ha annunciato a una scelta platea di somari, fra i quali numerosi ministri, che Lei ha “rinunciato da tempo ad avere un telefonino perché il mio era esposto a ogni tipo di intercettazione”. Ora, non sappiamo chi Le abbia consigliato una simile scempiaggine, ma possiamo assicurarLe che costui L’ha ingannata. Anzitutto il Suo telefonino non è mai stato intercettato (dal 1994 Lei è un parlamentare e come tale non può essere ascoltato; prima, per quanto più volte indagato, non risulta che i giudici Le abbiano mai messo sotto controllo i telefoni, salvo una volta, nel 1983, quand’era sospettato di traffico di droga, accusa poi archiviata). Ogni qual volta è stata captata la Sua voce in conversazioni telefoniche, è perché i giudici stavano intercettando i telefoni dei Suoi interlocutori: personaggi indagati (l’immobiliarista Della Valle, Dell’Utri, Saccà, Cuffaro) o possibili vittime di Suoi reati (Ruby-Karima e altre Papi-girls). Il che significa, signor Presidente, che per non essere più ascoltato non le basterà rinunciare al telefonino personale e usare quello del suo caposcorta (come per la telefonata in Questura per Ruby) o di qualcun altro, o magari un’utenza fissa: se un giudice intercetta l’altro interlocutore, Lei può pure parlare da una cabina telefonica, sempre che arrivi all’apparecchio, ma la sua voce sarà registrata lo stesso. Quindi, se non vuol essere ascoltato, delle due l’una: o smette proprio di parlare (rendendo, fra l’altro, un gran servigio ai nostri timpani e alla nazione tutta), magari passando al più sicuro sistema dei pizzini molto in voga in ambienti a Lei vicini; oppure cerca di selezionare meglio i Suoi interlocutori, evitando mafiosi, corruttori, papponi e mignotte. Ogni anno, in tutta Italia, vengono intercettate dalle 5 alle 10 mila persone, perlopiù delinquenti matricolati: ecco, Lei tenti, per quanto possibile, di parlare con le altre (sono parecchie, circa 60 milioni). Vedrà che parlare con gente onesta non è poi così traumatico.

Ci riescono in tanti. Sempre l’altroieri, Lei ha allietato la giuliva platea con la contabilità al dettaglio dei Suoi processi: “Oggi si celebra la 2.952esima udienza a mio carico. Io sono l’uomo più processato d’Italia, ho avuto 103 procedimenti, oltre 50 andati a dibattimento”. Scusi l’indiscrezione, ma chi Le scrive i testi? Chi le ha messo in testa queste baggianate? Olindo Sallusti? Filippo Mèches? Mutanda Ferrara o Mutandino Ostellino? Dia retta a noi, che i Suoi processi li seguiamo amorevolmente fin dall’inizio: i procedimenti sono una trentina in tutto, di cui 19 andati a dibattimento e gli altri archiviati. Anche ammettendo che ciascun dibattimento abbia prodotto cento udienze, cifra iperbolica, saremmo ben sotto le 2.000. A questo punto però, siccome Lei sostiene di avere “speso 600 miliardi di lire” (300 milioni di euro) in avvocati in 17 anni, ci sorge un sospetto: che i suoi avvocati non Gliela raccontino giusta. Del resto, sono gli stessi che Le avevano garantito la sopraffina costituzionalità del lodo Schifani, del lodo Alfano, del legittimo impedimento, dell’abolizione dell’appello ma solo per il pm, tutta robaccia regolarmente bocciata dalla Consulta (e non perché la Consulta sia di sinistra, ma perché la robaccia era incostituzionale). Già ci pare di vederli mentre s’inventano anche i processi che Lei non ha, per poter dire di averne vinto qualcuno: la mattina escono dicendo “Presidente, stamane c’è il processo Spectre”, “Oggi abbiamo il dibattimento del caso Supercazzola Brematurata”, “Domani non ci siamo, c’è ludienza sullo scandalo Comefosseantani”, “Veniamo dal tribunale, grazie a noi Lei è stato assolto dall’accusa di abigeato”. Poi vanno in camporella, o al biliardo, o al circo. E Lei paga

mercoledì 2 marzo 2011

FEDERALISMO: AUMENTO AFFITTO PER 1 MLN FAMIGLIE

Wikio

(ASCA) - Roma, 2 mar - ''Se la cedolare secca non verra' bilanciata da altre misure, e' concreto il rischio aumento per l''affitto di quasi 1 milione di famiglie, che secondo le stime disponibili, rischiano di essere trasferite dal canale concordato al mercato a canone libero''. E' la preoccupazione espressa da Claudio Fantoni, Presidente della Consulta Casa Anci ed assessore del Comune di Firenze, nel giorno in cui il Parlamento vota il decreto sul fisco comunale che introduce la nuova misura sui redditi di locazione.

''Anche se il provvedimento sul fisco comunale - osserva Fantoni parlando al termine della Consulta casa svoltasi oggi a Roma - contiene norme con effetti positivi sui bilanci comunali neutralizzando in parte il peso dei tagli degli ultimi anni, dal punto di vista delle politiche abitative il decreto presenta elementi di forte incertezza''.

''La cedolare secca - evidenzia Fantoni - incidera' in modo penalizzante o comunque non incentivante sul canale concordatodegli affitti, finendo per compromettere la politica di calmieramento dei canoni promossa in questi anni dai Comuni''.

Da qui la richiesta che l'Anci invia nuovamente al Governo di convocare urgentemente il tavolo di confronto e concertazione sulle politiche abitative. ''Bisogna prevedere ed introdurre misure idonee a garantire una incentivazione del canale concordato, con garanzie in favore dei proprietari, quali possibili morosita' e danni agli alloggi locati, e di conseguenza vantaggi per gli inquilini, chiamati a pagare un affitto ridotto'', ribadisce Giuseppe Pellacini, assessore alle politiche abitative del Comune di Parma.

Ma secondo Fantoni un altro passaggio necessario e' quello di avere dati certi sul numero di famiglie che, una volta scaduto il contratto di affitto e senza contromisure adeguate, rischiano di essere trasferite al mercato a canone libero.

''Sappiamo che presso il Ministero dell'Infrastrutture - conclude il delegato ANCI - e' stato istituito l'Osservatorio nazionale per le politiche abitative che ha anche messo in bilancio alcuni finanziamenti. Ci auguriamo che questo osservatorio avvii in concreto la propria attivita', anche con le sue antenne regionali. Solo in questo modo potremo avere stime piu' attendibili sull'effettivo impatto dell'introduzione della cedolare secca sulle famiglie che si rivolgono al canale concordato''.