sabato 7 maggio 2011

E la base leghista contesta il Senatur "Bossi? Macché duro, straccio la tessera"

Il forum on line di Radio Padania invaso dalle proteste. "Che ci stiamo a fare se è solo un magna-magna?" Luigi si chiede: "Ma non dovevano diminuire i 40 che ghe magnan sora all'uno che laora?" C'è chi giura di non voler votare più e chi impreca: "Nove sottosegretari immondi"


Giusto mercoledì scorso, galvanizzato dalla vittoria sulla Libia, Bossi aveva rispolverato il vecchio slogan "la Lega ce l'ha (ancora) duro". E invece no. Il contrordine arriva direttamente dai suoi fedelissimi, dai militanti del Carroccio. Ci siamo "smosciati", scrivono in massa nel forum del sito di Radio Padania. A spegnere gli ardori delle camicie verdi è l'indigesto avvento al governo dei Responsabili e degli altri transfughi. Senza contare che la maggior parte dei nove nuovi sottosegretari è pure meridionale. E pensare che anche Bossi e i suoi colonnelli quel rimpasto lo avrebbero volentieri evitato. Ma la scelta (tutta dettata dalla realpolitik) di impuntarsi sui bombardamenti contro Gheddafi anziché sull'allargamento dell'esecutivo ora rischiano di pagarla cara. Con più di un militante che ormai si chiede perché "il Capo" - nome universalmente usato nella Lega per chiamare Bossi - continui a restare con Berlusconi. Una domanda, a dire il vero, che si è fatta strada anche tra la pattuglia parlamentare della Lega alla quale da mesi tutti rispondono così: "Con questo Pd non c'è alternativa al Cavaliere".
Radio Padania, la polveriera. "Ma che meraviglia altri nove sottosegretari. E con la benedizione di Bossi! Io non ci sto più", attacca l'utente Docsog stracciando virtualmente la tessera del Carroccio. In effetti le promesse erano altre. "Ma non dovevano diminuire i quaranta che ghe magnan sora all'uno che laora?",
chiede il veneto Luigi. D'altra parte che i padani non siano ancora riusciti a imporre la famosa cura dimagrante alla casta romana è sotto gli occhi di tutti. Così Insubriano rincara la dose: "Qui si rischia di superare il record di Prodi", che al governo di poltrone ne aveva piazzate 102.
C'è chi come Adrenaly dice di essere pronto a passare "al partito del non voto". Qualcun altro non riesce invece a darsi pace e picchia con l'ardore dell'innamorato deluso: "Bossi si è fumato il cervello - scrive Rickyross - cos'è che ha duro? E pensare che lo seguivo dalla fine degli anni ottanta ma ora è irriconoscibile. Nove sottosegretari immondi e altri dieci in cantiere... incredibile!". E a diventare sempre più indigesta è la stessa permanenza nel governo Berlusconi: "Ma che ci stiamo a fare in un circo in cui non si produce nulla se non promozioni di peones magna magna? Veneto libero anche senza i venduti al nano innominabile!".    

Rimpasto, alt di Napolitano "Il Parlamento si esprima" Pdl: "No, già avuto la fiducia"

Il Colle dopo le nomine dei sottosegretari: "La maggioranza è cambiata, valutino le Camere". I capigruppo Gasparri e Cicchitto: "Assoluto rispetto delle norme costituzionali". Bossi: "Competenza è del premier". Ma Bocchino (Fli): "E' un ribaltone, serve un voto"

Con le nuove nomine dei sottosegretari la maggioranza è diversa "rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche" e "spetta ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo". E’ quanto chiede, in una nota, il presidente de1lla Repubblica Giorgio Napolitano.
La nota dà conto del fatto che Napolitano ha ieri proceduto alla firma dei decreti di nomina di nove sottosegretari di Stato, la cui scelta rientra come è noto "nella esclusiva responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri". 
Immediata la replica del Pdl: "Numerosi voti di fiducia, a partire da quello della svolta del 14 dicembre, hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari". I presidenti dei gruppi Pdl di Senato e Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e i vicepresidenti vicari, Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro. affermano: "Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del Capo dello Stato".
Per la Lega parla Bossi: "Il premier ha la competenza per nominare i sottosegretari, la legge dice che può farlo, non vedo perché si dovrebbe passare dal Parlamento. Le leggi si applicano?". Da Novara il senatùr aggiunge: "Stasera finisco presto e telefono a Berlusconi, così facciamo la nota congiunta". E a proposito dei Responsabili nominati, "sono un gruppo che ha votato - ha detto - quindi Berlusconi fa bene a premiarli, se così si può dire".
Opposta la visione di Italo Bocchino,  vicepresidente di Futuro e Libertà, secondo il quale il Capo dello Stato, "con il suo intervento fa emergere una realtà formale e sostanziale di cui non si può non tener conto e che abbiamo più volte sottolineato". E aggiunge: "Berlusconi ha posto in essere un ribaltone parlamentare pur di far sopravvivere il suo governo, sostituendo la maggioranza scelta dagli elettori con una nuova maggioranza retta da una pattuglia di mercenari a cui ha dovuto pagare un alto prezzo in termini di poltrone a spese delle istituzioni e dei cittadini". "Il ribaltone è da condannare politicamente, ma è parlamentarmente possibile, fermo restando che a questo punto serve forse un voto parlamentare che legittimi il governo ribaltonista", conclude.
Interviene anche Bersani: "Ci rimettiamo alla valutazione dei presidenti di Camera e Senato". Da Caserta, dove parla per sostenere il candidato di centrosinistra, Carlo Marino, il leader del Pd sottolinea: "Il decreto sviluppa solo sottosegretari. E, non a caso, c’è il richiamo del Presidente della Repubblica nella sua assoluta correttezza istituzionale. Gli italiani non capiscono se c’è stata la nomina di un’accozzaglia di di sottosegretari, oppure è nata una nuova maggioranza parlamentare con il Parlamento che si riduce a luogo di compravendita di deputati e senatori. Per quello che riguarda, aspettiamo sereni le valutazioni di Fini e Schifani".
I REFERENDUM - Il Capo dello Stato ha ricevuto oggi il presidente della Rai, Paolo Garimberti, e il nuovo direttore generale, Lorenza Lei, nominata all’unanimità dal Consiglio di amministrazione.
Napolitano si è complimentato con la dottoressa Lei per l’ampia fiducia accordatagli e le ha formulato gli auguri di buon lavoro al servizio dell’emittente radiotelevisiva pubblica. Il presidente Napolitano ha, nell’occasione, affrontato con il presidente e il direttore generale della Rai le questioni relative alla "piena e tempestiva attuazione del regolamento approvato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai e alla necessaria informazione sulle modalità di svolgimento della consultazione referendaria".


venerdì 6 maggio 2011

Par condicio referendum, Di Pietro: norme illegittime


Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha inviato oggi ai presidenti di Camera e Senato e  al senatore Sergio Zavoli, una lettera per chiedere la riconvocazione in via d’urgenza della Commissione parlamentare di Vigilanza in quanto il regolamento della par condicio sui referendum, varato ieri, contiene ‘norme palesemente illegittime che introducono un ulteriore grave ritardo nei tempi di inizio delle trasmissioni che la Rai è tenuta a mettere in onda’. ‘Nonostante il ritardo che ha sottratto ai cittadini italiani 30 giorni di informazione sui quesiti referendari  oggetto della consultazione del 12 e 13 giugno prossimi – si legge nelle missive - la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi pubblici radiotelevisivi ha varato, in data 4 maggio 2011, un provvedimento che contiene norme palesemente illegittime che introducono un ulteriore grave ritardo nei tempi di inizio delle trasmissioni che la Rai è tenuta a mettere in onda. Il comma 1, dell’articolo 5  e il comma 1 dell’articolo 6 del provvedimento adottato dalla Commissione, in cui  si stabilisce che la trasmissione delle tribune televisive e radiofoniche riservate ai referendum e nonché dei messaggi autogestiti debba iniziare a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è in evidente contrasto con quanto disposto dal comma 10, articolo 4 della legge n.28/2000 sulla par condicio, che, al contrario, sancisce che “per le consultazioni referendarie la disciplina relativa alla diffusione della comunicazione politica e dei messaggi autogestiti… si applica dalla data di indizione dei referendum”. "Altrettanto in contrasto con la suddetta norma di legge è quanto prescritto dal comma 1, articolo 4 del provvedimento della Commissione che prevede la messa in onda degli spot puramente informativi sul giorno e l’ora delle votazioni e sulle modalità di voto, soltanto a partire dal 16 maggio p.v. Per ripristinare il diritto dei cittadini ad essere informati dalla Rai sui referendum, Le chiedo di riconvocare, in via d’urgenza, la Commissione parlamentare per cancellare norme che sono palesemente inammissibili perché in contrasto con la legge”.
Una nota diffusa dal partito comunica che “i comitati referendari e l’Italia dei Valori, partito che ha promosso i referendum sul nucleare e sul legittimo impedimento, stanno valutando di adire alle autorità giudiziarie competenti per ripristinare il diritto di milioni di cittadini a essere informati correttamente e nei tempi previsti dalla legge. Tale diritto, sancito dalla nostra Costituzione, è stato infatti gravemente lesionato dal ritardo delle procedure e ieri le norme illegittime, contenute nel regolamento sulla par condicio dei referendum approvato dalla Commissione parlamentare di Vigilanza, hanno messo il sigillo su questo furto di democrazia”.  

giovedì 5 maggio 2011

LA NAUSEA

Nove sottosegretari nuovi di zecca. Et voilà, il prezzo per la presunta ritrovata unità della maggioranza e del governo è servita. I responsabili e i disponibili passano all’incasso e Silvio il magnanimo, nel consiglio dei ministri di oggi, distribuisce i ricchi premi e i cotillon.Una roba da basso impero, siamo al mercato delle vacche, alla compravendita parlamentare. Mai caduti così in basso, un rimpastino di governo che dà la nausea. L’economia affonda, l’unica cosa che cresce, con questo governo e questa maggioranza, sono le poltrone ministeriali. Le famiglie sono sempre più alla canna del gas mentre le piccole e medie imprese pagano il prezzo di una politica economica governativa evanescente. Aumenta la disoccupazione, in particolare quella dei giovani e delle donne. Cresce la precarietà da Nord a Sud, mentre i soli posti di lavoro che aumentano sono quelli dei sottosegretari di Silvio, premiati  per il coraggioso salto della quaglia a favore del Re.  Ecco i nomi: Roberto Rosso, Luca BellottiDaniela MelchiorreCatia PolidoriBruno CesarioAurelio MisitiRiccardo Villari,Antonio Gentile e Giampiero Catone: sono i nuovi sottosegretari di Stato del governo Berlusconi. A cosa e a chi servono? A nessuno, non certo al Paese, solo a Berlusconi per andare avanti e garantirsi l’impunità a vita. Il presidente del Consiglio oggi ha compiuto un nuovo miracolo, quello della moltiplicazione dei pani e dei posti. Quanto ci costerà tutto questo? Molto, moltissimo. Nuove poltrone, nuovi staff, nuove auto blu, nuove consulenze, nuove spese di segreteria. Un aumento dei costi spaventoso. Questa è la ricetta del governo per andare avanti: poltrone al posto di proposte concrete per rilanciare lo sviluppo economico, per sostenere le imprese e le famiglie, per rilanciare l’economia. Andrà avanti così, altre nomine verranno, altri cavalli, altro giro, altra corsa: l’importante è galleggiare, mentre il Paese affoga.

mercoledì 4 maggio 2011

Romano Prodi: "l'Ulivo è morto e gli eredi non fanno che litigare"

Romano Prodi recita il requiem sulla stagione dell’Ulivo: "Quando uno è morto gli eredi non fanno che litigare e più grosso è il patrimonio che lascia, più litigano". Il professore ha così risposto a chi gli chiedeva come si stessero comportando i politici che hanno raccolto il suo testimone.

L'occasione è la presentazione del libro "Dove andremo a finire" di Alessandro Barbano, otto interviste sul futuro immediato e inevitabile ad altrettante autorevoli personalità, da Giuliano Amato a Nicola Cabibbo, da Umberto Eco a Sergio Romano. In questo contesto, nell'aula magna di Scienze politiche all'Università di Bologna, Barbano ha interrogato il professore su temi di stretta attualità, dagli scenari politici internazionali al futuro dell'Italia. Inevitabile la domanda sull'Ulivo. Inattesa la risposta che è stata accolta dalla platea, formata da un centinaio di studenti, con un applauso.

Invitato al dibattito assieme al politologo Paolo Pombeni, l’ex premier ha posto l'accento su quello che, a suo dire, è il problema più urgente: "Tornare ad avere visioni di lungo periodo, avere un riformismo su temi concreti, a cominciare dal lavoro e dall'immigrazione. Invece nella politica di oggi è tutto concentrato su problemi più stretti, ma che non coinvolgono l'ansia di tutte le famiglie".

Parlando degli interessi diffusi "che sono sempre deboli" mentre quelli "concentrati di pochi sono molto più forti", l'ex premier ha dichiarato: "Non crediamo che l'Italia sia così anomala rispetto agli altri paesi". Insomma, "la normalità di una democrazia debole è quella delle categorie che fanno prevalere i loro interessi". La differenza, però, è la debolezza del governo. "In Italia è semplicemente più debole il potere del governo e quindi gli interessi di categoria sono più forti". Di fronte alle osservazioni di Barbano che ha sostenuto come nessuno, neanche a sinistra, si prenda davvero a cuore la difesa delle donne e la disoccupazione giovanile, Prodi ha risposto: "E' il governo che deve capire quelli che sono i drammi futuri della società, quale deve essere il cammino della società. È Il governo che ha il compito di proporlo e poi di imporlo. Se il governo non è forte, gli interessi diffusi chi li può difendere?".

Il ragionamento è lo stesso, secondo il professore, anche per il primo maggio, dove si contrappongono gli interessi della grande distribuzione (pochi ma forti) e quelli diffusi di lavoratori e famiglie. Se dal governo non arriva la battaglia per la difesa degli interessi diffusi, come è successo in altri paesi europei, allora è chiaro che la questione si ferma alla prevalenza degli interessi della grande distribuzione, a cui sono solo il sindacato si oppone. "Viene lasciata la lotta in questi termini, in questo momento in Italia è questo quello che avviene - dice Prodi - non c'è arbitrato forte da parte del governo" quindi ci sono questi scontri, "che sono assolutamente normali".

Altro tema al centro del dibattito il federalismo fiscale, che "fino a due anni fa era una torta che tutti volevano mangiare" salvo poi rendersi conto "che i problemi sono più grossi delle soluzioni". Una contraddizione che coinvolge anche la Lega: "Non ha cambiato il vocabolario, ma ha cambiato i contenuti. Si diceva che tutte le regioni ci avrebbero guadagnato, ma non può esistere una percentuale superiore al 100%".

Mafia, Brusca cita il premier «Gli dissi: accordo o bombe»

 Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri «non c'entrano niente» con le stragi del 1993. Giovanni Brusca lo disse dialogando con il cognato e lo ha ripetuto a Firenze, deponendo al processo al boss Francesco Tagliavia, unico imputato per la strage dei Georgofili. Il collaboratore di giustizia lo ha voluto precisare: Berlusconi e Dell'Utri «non sono i mandanti esterni delle stragi», ma, nel contro-esame ha poi dichiarato che, subito dopo la seconda ondata di attentati, mandò Mangano in missione a Milano. Il compito dello stalliere di Arcore era di avvertire Dell'Utri e Berlusconi che, se non avessero trattato con la mafia, rivedendo il 41 bis e il maxiprocesso, gli attentati sarebbero continuati.

«MANDAI MANGANO A MILANO» - «Nel '92 Cosa nostra aveva rapporti con la sinistra, con politici locali, con Lima e a livello nazionale con Andreotti» ha raccontato Brusca, sottolineando che invece dopo la strage di via d'Amelio cessò «ogni contatto» con lo Stato. Le stragi di Firenze, Roma e Milano furono quindi «strumenti per risvegliare lo Stato e per consigliarlo a trattare nuovamente». È a questo punto, ha spiegato il pentito nella sua deposizione, che è subentrato un nuovo referente politico dei mafiosi, cui vennero rivolte le stesse richieste che erano già state rivolte all'allora ministro degli Interni Nicola Mancino. «Mandai Mangano a Milano - ha testimoniato Brusca - ad avvertire dell'Utri e, attraverso lui, Berlusconi che si apprestava a diventare premier, che senza revisione del maxiprocesso e del 41 bis le stragi sarebbero continuate. Mangano - ha aggiunto Brusca - tornò dicendo che aveva parlato con dell'Utri, che si era messo a disposizione». Secondo il colalbore di giustizia, l'attentato all'Olimpico contro i carabinieri era una vendetta per chi non aveva mantenuto le promesse: «Chiudiamo il caso con il vecchio - ha spiegato - vendicandoci, e apriamo il nuovo».

VELTRONI E IL PREMIER - «Le dichiarazioni di Brusca al processo di Firenze andranno verificate ma intanto la commissione Antimafia, che ricostruisce i fatti tra il '93 e il '94, dovrà audire Berlusconi» ha detto Walter Veltroni, rivolgendo il suo appello al presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu. Delle dichiarazioni di Brusca si è parlato anche nel corso del vertice a Palazzo Chigi sulla mozione sulla Libia. Maurizio Gasparri, ha letto le frasi del pentito di mafia sul premier, Mangano e Dell'Utri. «Ci accusano di cose incredibili - avrebbe detto Berlusconi riferendosi a chi aveva parlato di collegamenti tra lui e la mafia - persino di avere responsabilità in fatti avvenuti in un periodo in cui non ero nemmeno in politica».


«MANCINO COMMITTENTE FINALE» - Nella sua deposizione, Brusca ha anche affrontato il tema del «papello», il foglio con le richieste dei boss allo Stato e dunque prova di una trattativa confermata dallo pentito in aula a Firenze. Quindici-venti giorni prima della morte di Borsellino, Brusca incontrò Riina che gli disse: «Finalmente si sono fatti sotto, gli ho consegnato un papello con tutta una serie di richieste». «Il tramite non me lo disse - ha spiegato Brusca -, ma mi fece il nome del committente finale. Quello dell'allora ministro dell'Interno Nicola Mancino». «È la prima volta - ha concluso il collaboratore di giustizia - che lo dico pubblicamente». Immediata la replica di Mancino alle parole di Brusca. «È una vendetta contro chi ha combattuto la mafia con leggi che hanno consentito di concludere il maxiprocesso e di perfezionare e rendere più severa la legislazione di contrasto alla criminalità organizzata» ha scritto in una nota l'ex titolare del Viminale.

«VOLEVANO PORTARCI LA LEGA» - Sempre Riina, poi, avrebbe rivelato a Brusca, dopo l'uccisione di Falcone, che Marcello Dell'Utri e Vito Ciancimino si sarebbero offerti come tramite tra la mafia e la Lega e un altro soggetto politico. Brusca ha raccontato infatti che fino all'attentato al giudice l'obiettivo di Riina era di influenzare il maxiprocesso di mafia a Palermo. In seguito, sarebbero subentrati Dell'Utri e Ciancimino che volevano «portare» a Riina la Lega e un altro soggetto politico. «In un primo tempo Riina era titubante e anch'io gli chiedevo se ci fossero novità -ha dichiarato Brusca-. Fino all'ultimo attentato Riina pensava di condizionare il maxi-processo». Ma poi, ha concluso, sarebbero subentrati,«dei soggetti indicati in Marcello Dell'Utri e Vito Ciancimino che gli volevano portare la Lega e un altro soggetto che non ricordo». 

Grazie Michela SCONFITTA Brambilla - Turismo. Una debacle

Una vera e propria debacle. Cosi' i conti del turismo in Italia nel 2010: meno 8 miliardi dal mercato interno e meno 1,3 miliardi da quello estero. Insomma, meno 9,3 miliardi che sono mancati al sistema turistico del nostro Bel Paese, nonostante il 56,8 per cento del prodotto interno lordo alberghiero sia “in nero” cioe' a minor costo per gli operatori del settore. Il crollo c'e' nonostante la suadente voce del nostro presidente del Consiglio che, in uno spot pubblicitario, ci sollecitava a visitare le nostre contrade e le dichiarazioni ottimistiche della ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla. Le motivazioni sono semplici: non siamo competitivi, il marketing e' insufficiente, le competenze sbriciolate tra ministero, Enit, regioni, province e comuni con uno sperpero di soldi che non porta a risultati. Eppure ci sarebbero tutte le condizioni per ben operare: il patrimonio storico e ambientale, il clima, l'enogastronomia ecc. Abbiamo un tesoro sotto i piedi che non riusciamo a valorizzare mentre ce la mettiamo tutta rovinare quello che abbiamo: Pompei, Napoli, Roma sono gli esempi di come rendere non appetibile un patrimonio lasciatoci in eredita'. Che disastro!

Forze di polizia, armate e vigili del fuoco: "una mancia vergognosa"

 L'Aula della Camera ha approvato con 252 voti a favore, 219 astenuti e nessun contrario il decreto che prevede la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il provvedimento, che passa all'esame del Senato, è stato duramente contestato dall'opposizione che lo ha definito "una mancia vergognosa" tanto da far perdere la pazienza davanti all'Assemblea al sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. Sulla norma, inoltre, non sono mancati i mal di pancia all'interno del Pdl: gli ex An hanno protestato contro il parere della commmissione Bilancio che ha cancellato di fatto la norma, approvata dalla stessa maggioranza, che trasformava la una tantum in un aumento fisso. Protesta rientrata di fronte alla minaccia del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, di porre la fiducia sul testo. "Con la legge di stabilizzazione finanziaria - ha spiegato il democratico Gianclaudio Bressa - il governo Berlusconi, che aveva promesso di riconoscere la specificità delle forze armate, ha invece effettuato tagli lineari. In Commissione ci eravamo battuti perché questa mancia che date almeno entrasse nel calcolo della pensione, invece è un vero e proprio obolo, è una cosa vergognosa. La cosa più grave è che con questo provvedimento elargite 4 euro e create una situazione di disparità incredibile tra chi andrà in pensione l'anno scorso e chi andrà oggi creando un contenzioso infinito che prima o poi dovrete ripagare. Almeno abbiate la decenza di non presentare un ordine del giorno in cui invitate il governo ad assumersi impegni a favore del comparto perché non vi crede più nessuno. Non avete messo un euro l'anno scorso e ora elargite una mancia, state facendo un'autentica schifezza". Ancora più duro l'intervendo del deputato radicale del Pd Maurizio Turco: "Questo decreto è la solita toppa malmessa. Riservate alle truppe un trattamento vergognoso, li avete illusi e maltrattati restringendone i diritti e tagliando gli stipendi per arrivare ad affossare la promessa di riordino delle carriere sulla quale avete fatto incetta di voti". Turco ha accusato la maggioranza di "favorire gli alti gradi creando nuovi posti di potere e comando. E' accertato che i soldi che togliete all'80% vanno agli alti gradi e ai generali: su questo continuate a far finta di nulla, a derubare la truppa per arricchire i generali, perché loro vi servono. Dalla Finmeccanica a Difesa servizi spa, i generali vi servono per fare affari, per fare il nero necessario dalla Libia al Kazakistan". L'intervento del radicale ha fatto infuriare Crosetto che ha preso la parola: "Nessuno di noi è disposto a farsi dare del ladro o del bandito. Siamo persone che cercano di lavorare per le forze armate. Questo decreto è un punto di arrivo, non è il massimo ma è una risposta. Non possiamo accettare in quest'Aula certe dichiarazioni. Come parlamentare ho diritto di parlare quando vengo accusato di dare soldi ai generali, di coprire il nero per fare operazioni all'estero. Chiedo rispetto personale, la nostra storia personale parla anche per noi".