sabato 26 febbraio 2011

Università, Dieci milioni per insegnare federalismo. I soldi agli atenei saranno assegnati senza una gara pubblica

Wikio

Ai disfattisti accaniti contro la riforma dell’università di Mariastella Gelmini dev’essere sfuggito. E come a loro, dev’essere sfuggito anche a chi si lamenta che il federalismo fiscale rischia di essere un guazzabuglio difficile da capire per gli stessi amministratori locali. Ebbene, mentre la Cgil denunciava che le università italiane si vedranno ridurre quest’anno i fondi statali di 839 milioni e i poveri ricercatori restavano quasi all’asciutto, proprio nella riforma Gelmini è spuntato un finanziamento nuovo di zecca: due milioni l’anno per cinque anni. Totale, dieci milioni. Da destinare a uno scopo decisamente particolare: spiegare ai dirigenti degli enti locali i segreti del nostro futuro federalista. Ci credereste?

Quei soldi, c’è scritto nell’articolo 28, servono al ministro per «concedere contributi per il finanziamento di iniziative di studio, ricerca e formazione sviluppate da università » in collaborazione «con le regioni e gli enti locali». Tutto ciò in vista «delle nuove responsabilità connesse all’applicazione del federalismo fiscale». Atenei, beninteso, non soltanto pubblici: potranno avere i quattrini pure quelli privati, nonché «fondazioni tra università ed enti locali anche appositamente costituite». E qui viene il bello. Perché dopo aver stabilito questo principio, la legge dice che non ci potranno essere più di due beneficiari, uno dei quali «avente sede nelle aree dell’obiettivo uno». Cioè nelle regioni meridionali ancora considerate sottosviluppate dall’Unione europea. Insomma, una norma fatta apposta per distribuire un po’ di soldi a una università del Nord e a uno del Sud. Le loro identità? La riforma Gelmini dice che a individuarle ci penserà il ministero. Quanto al modo che verrà seguito, è del tutto misterioso. L’articolo che istituisce il fondo prevede che «con decreto del ministero, da emanarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge », cioè prima del 29 maggio prossimo, «sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione delle presenti disposizioni». Aggiungendo però che sempre con il medesimo decreto «sono altresì individuati i soggetti destinatari». Perciò, se abbiamo capito bene, il 29 maggio sapremo quali saranno i due soggetti pubblici o privati scelti da Mariastella Gelmini, e perché. Senza una gara, né un concorso pubblico. Fatto piuttosto singolare, visto che al Fondo per la formazione e l’aggiornamento della dirigenza» possono accedere anche istituzioni private. A meno che, circostanza assai probabile, non si sappia già a chi devono andare i soldi.

Perché poi le università prescelte devono essere proprio due, di cui una al Sud? Forse che per un amministratore di Agrigento è più facile raggiungere, poniamo, Bari, anziché Roma? E per un sindaco friulano è più agevole recarsi in una città del Nord, come magari Torino, invece che nella capitale? Dove peraltro lo Stato già possiede proprie strutture create appositamente (e appositamente finanziate) per formare gli amministratori? Non esiste forse una meravigliosa scuola superiore di pubblica amministrazione, che peraltro ha sedi anche a Caserta, Acireale, Reggio Calabria e Bologna? E non disponiamo perfino di una magnifica scuola superiore di economia e finanza, la ex Ezio Vanoni, in teoria la struttura più idonea per dare lezioni di federalismo fiscale? Perché chi deve istruire gli amministratori locali su quella riforma, se non chi l’ha fatta? La verità è che questa storia emana un odore molto simile a quello della vecchia vicenda della Scuola superiore della magistratura, che Roberto Castelli aveva dislocato, oltre che a Bergamo e Latina, pure a Catanzaro: sede che il successore del ministro leghista, Clemente Mastella aveva poi dirottato nella sua Benevento. Odore, dunque, decisamente politico. Anche bipartisan, come vedremo.

Imperscrutabile, infine, è il legame fra il ministero dell’Università e il federalismo fiscale. A meno che la riforma Gelmini non sia stata soltanto un pretesto. Lo ha sospettato, senza peli sulla lingua, Pierfelice Zazzera. Quando il 23 novembre del 2010 l’emendamento istitutivo di questo fondo per la formazione, recapitato all’improvviso in aula dalla commissione Cultura della Camera presieduta dall’azzurra Valentina Aprea, è stato messo ai voti, il deputato dipietrista ha fatto mettere a verbale: «In un momento in cui non si trova la copertura dei soldi previsti per i ricercatori, si trovano comunque due milioni per fare corsi sul federalismo fiscale. Mi sa tanto di lottizzazione politica dei finanziamenti o di qualche marchetta ». Sfogo inutile. L’articolo che fa spendere dieci milioni per questa curiosa iniziativa è passato con una maggioranza schiacciante grazie anche ai voti del Partito democratico, che pure ha bombardato la riforma Gelmini. È successo pochi giorni prima della clamorosa bocciatura rifilata invece all’emendamento presentato da Bruno Tabacci e Marco Calgaro che puntava a dirottare appena 20 milioni di euro dai lauti rimborsi elettorali destinati alle casse dei partiti alle buste paga dei ricercatori universitari. Anche in questo caso, con un aiutino dal centrosinistra

venerdì 25 febbraio 2011

La Russa diserta il vertice della Nato "Mi spiace, ma c'è il voto di fiducia"

Wikio

Il ministro: "Era riunione informale, avevo già deciso di non partecipare per la concomitanza col milleproroghe. Poi, ahimé, è diventata importante"


 Una guerra civile a un passo dai nostri confini, e un vertice Nato urgente che discute di come affrontare una emergenza di dimensioni e conseguenze ancora indecifrabili. Ma il nostro ministro della Difesa non c'è. Ignazio La Russa fa spallucce e spiega: "Avrei dovuto essere a Budapest, dove, in maniera imprevista si è recato Rasmussen, ad una riunione informale. Avevo in origine deciso non partecipare per la concomitanza con il voto di fiducia. Solo che una riunione di scarso rilievo è diventata poi importante. Ho chiesto che partecipasse per mio conto l'ambasciatore italiano, che mi riferirà".

Dunque il ministro della Difesa prima aveva deciso di "non partecipare", poi - quando la riunione è diventata importante - non si è comunque imbarcato sul primo aereo di Stato, magari chiedendo ai colleghi Nato di rinviare di un paio d'ore, ma è rimasto in aula a votare per l'esecutivo.

L'episodio rivela quanto i famosi "numeri" di cui parla Berlusconi siano fragili e appesi ad incognite imprevedibili. L'assenza di La Russa in aula sul milleproroghe non sarebbe stata decisiva. Il provvedimento sarebbe passato lo stesso. Ma la "mobilitazione permanente" che la risicata maggioranza impone a Pdl e Lega in Parlamento comporta non solo il ricorso continuo alla fiducia, ma anche il condizionamento dell'attività non solo dei deputati, ma anche dei sottosegretari e dei ministri.

E' insomma la fotografia di una situazione che dall'opposizione si continua a definire anomala e poco
gestibile. Se un governo ha "i numeri",  e veleggia tranquillo alle Camere, il suo ministro della Difesa probabilmente si preoccupa prima di volare a Budapest e poi del voto di fiducia. Soprattutto se a poche miglia di mare dalla Sicilia un intero equlibrio geopolitico se ne sta andando in malora.

Repubblica.it

Scenari di rivolta: il futuro dell’Italia?

Da anni denunciamo  il dramma, vissuto da milioni di giovani italiani, del lavoro a tempo determinato, mal retribuito e privato di qualsiasi diritto sindacale.  Non siamo mai stati soli in questa battaglia, diversi economisti e intellettuali molto più titolati di noi ci hanno preceduto o seguito, ma non è servito assolutamente a nulla.  Il mercato del lavoro ai giovani italiani offre due scelte: essere sfruttati e sottopagati o emigrare. Nelle scorse settimane, anche il ministro dell’Economia Tremonti ha dichiarato di non credere che “la mobilità sia di per sè un valore. Per una struttura sociale come la nostra, il posto fisso è la base su cui costruire una famiglia. La stabilità del lavoro è alla base della stabilità sociale”. In parlamento però le priorità da discutere sono altre e riguardano quasi tutte gli interessi del Presidente del Consiglio. Qualsiasi proposta (perlopiù, va detto a onor del vero, provenienti dal Partito Democratico) per sanare questa situazione insostenibile finisce nel dimenticatoio e scompare dall’orizzonte degli argomenti da trattare e su cui è necessario legiferare. Dove porterà questa condotta è facile immaginarlo: allo scontro sociale.
Lo sa bene la maggioranza di governo che, infatti, ha messo in campo ogni arma di dissuasione esplicita e occulta per tramortire le giuste aspirazioni dei giovani lavoratori italiani. Tutti gli strumenti di comunicazione di massa, dalla televisione al cinema, sono stati arruolati in questa guerra civile che vede schierati da una parte un gruppo di oligarchi anziani e avidi e dall’altra tutto il resto degli italiani. L’obbiettivo, fino ad ora perfettamente raggiunto, è semplice: spegnere tutte le coscienze, ridurre i cittadini in schiavi. La seconda fase del progetto (che è già in atto da tempo), è altrettanto elementare: smantellare ogni istituzione pubblica, privare la collettività di ogni risorsa economica e morale (Costituzione compresa) per appropriarsene né più né meno di come farebbero dei comuni ladri.
Sintomo preoccupante ed ampiamente sottovalutato, di questa tragedia è la funzione assunta dalle famiglie italiane di unico, vero ammortizzatore sociale. I giovani (e con giovani, in Italia, si intendono uomini e donne fino ai 50 anni) si devono appoggiare ai propri genitori per sopravvivere, per avere un tetto sotto cui dormire, del cibo per mangiare e una parvenza di normalità che altrimenti sarebbe del tutto assente. Il grande inganno parte proprio dalla scatola magica, la tv, che sommerge giorno e notte le case degli italiani con rappresentazioni serene e posticce di una realtà che non esiste più e, forse, non tornerà mai più.
Il lavoro si de localizza all’estero seguendo un’insensata, vecchia logica del profitto che vorrebbe ridotti a zero i costi del lavoro. Il risultato è che in Europa è esplosa la disoccupazione e i consumatori europei ormai non consumano più perché non hanno più fonti di reddito. In Asia si lavora con salari talmente bassi da non potersi comprare i beni che si producono destinati a mercati ricchissimi che  esistono solo nelle fantasie degli imprenditori. Ma la maggioranza dei cittadini europei, che dovrebbero essere rappresentati prima dai loro governi e poi dal Parlamento Europeo, che vantaggio ne traggono da queste politiche economiche? Non dovrebbero pretendere immediatamente un intervento forte in loro difesa da parte dei loro governi? Perché invece non accade nulla di tutto ciò?
Ridotti alla fame, privati del futuro, cosa resta ai giovani italiani?La fuga l’hanno già sperimentata (spinti anche dall’oligarchia al comando che preferiva saperli in Germania, in Inghilterra o in Spagna a lavorare piuttosto che in Italia a covare rancore nei loro confronti). Però oggi la situazione è critica anche all’estero e anche fuggire diventa sempre più difficile. Quando sarà impossibile cosa succederà? Quando i giovani lavoratori italiani diventeranno troppo vecchi per lavorare e non potranno andare in pensione cosa succederà? Qualcuno oggi teme la reazione violenta che, si ipotizza, sarebbe fuori controllo, senza regole e incontrollabile. Quando si pensa a questo scenario non si immaginano più le sommosse politicizzate degli anni ’60 e ’70, ma si pensa a una sorta di guerriglia anarchica che ha come obiettivo tutto e tutti. Una reazione priva di qualsiasi strategia e quindi difficilissima da controllare e soffocare. In poche parole una rivoluzione che sente solo le ragioni della fame e della sopravvivenza. Sono previsioni fantasiose? Non si avvereranno mai? Chi può dirlo con certezza. Forse il terrore della violenza – evocata ogni giorno dall’oligarchia al potere per spaventare e rendere “più ragionevoli” i cittadini – potrebbe finire per manifestarsi realmente. E se così fosse, chi potrebbe difendere l’ordine e la coesione sociale? Di sicuro non l’attuale classe dominante che ha lavorato per decenni con l’unico scopo di defraudare la collettività.
Cominciamo col lavoro, e cominciamo subito. In Italia i contratti atipici, quelli a tempo determinato, la proliferazione insensata delle partite Iva: sono tutte cose che vanno abolite subito. Le aziende italiane ed europee devono riconoscere il vero valore dei propri lavoratori che è quello di comproprietari e non di mera forza lavoro da sfruttare e licenziare a proprio piacimento. E’ vero che senza il coraggio degli imprenditori molte realtà aziendali non esisterebbero, ma è altrettanto vero che senza la determinazione e la collaborazione dei loro lavoratori quelle stesse realtà sarebbero fallite. Non avrebbe più senso oggi, che la crisi economica ci ha reso consapevoli del fatto che possiamo sopravvivere solo come Unione Europea, uniformare la contrattazione del lavoro a livello europeo? Non sarebbe più sensato dare a tutti i cittadini lavoratori dell’Unione gli stessi diritti, gli stessi doveri e un salario che permetta loro di vivere degnamente? Chi dovrebbe occuparsi di queste cose perché non lo fa? L’Unione Europea è solo un patto di stabilità tra stati per garantirsi una moneta unica forte? C’è un’anima dietro questo progetto e quest’anima sono gli europei, non dovrebbero essere loro ad avere il potere di decidere del loro futuro?

Umberto Eco: 'Berlusconi? Potrebbe essere paragonato ad Hitler


Silvio Berlusconi come AdolfHitler. Paragone forte che, come è facile immaginare, ha scatenato dure polemiche. A fare tale paragone è stato lo scrittore Umberto Eco dalla Fiera del Libro di Gerusalemme. Secondo Eco il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrebbe essere paragonato ad Hitler.
Lo scrittore ha affermato: 'Berlusconi è paragonabile a Gheddafi e Mubarak? No, il paragone, intellettualmente parlando, potrebbe essere fatto con Hitler: anche lui giunse al potere con libere elezioni'. E ancora: 'Berlusconi non è un dittatore come Mubarak e Gheddafi, perché lui ha vinto le elezioni con il supporto di una grande maggioranza degli italiani. In Italia non c'è lo stesso regime dei paesi del Nord Africa e non va dimenticato il fatto che c'è un elettorato pronto a supportare Berlusconi. E' piuttosto triste ma è così'.
Le parole di Eco sono presto arrivate da Gerusalemme in Italia, provocando la reazione del Pdl. Secondo il coordinatore del partito e ministro dei Beni culturali Sandro Bondi quella dello scrittore è una 'faziosità delirante'. L'intervento di Eco alla 25/a edizione della Fiera Internazionale del libro di Gerusalemme, dove ha presentato il nuovo libro 'Costruire il nemico', ha scatenato le polemiche.
Bondi ha detto: 'E' desolante che un uomo di cultura come Umberto Eco abbia voluto stabilire un raffronto tanto provocatorio quanto offensivo per la verità e per la sensibilità di milioni di italiani, e che abbia voluto farlo in una città come Gerusalemme. Quello che a Eco, e alla cerchia di intellettuali che condividono le sue battaglie politiche all'insegna di una faziosità delirante, sfugge totalmente è che la ragione per la quale la maggioranza degli italiani accorda un consenso sempre più ampio e una fiducia incondizionata al presidente Berlusconi è proprio per difendere le ragioni della libertà e della democrazia'

Roberto Saviano : Come liberare l’Italia da Berlusconi?

Cittadini senza rappresentanza, elezioni in vendita, perché sul conflitto di interessi del premier l’opposizione depone le armi? perché nessuno occupa il segmento elettorale di un “partito” della legalità? Questo, e molto altro, nella risposta di Roberto Saviano al questionario di MicroMega su “Come liberare l’Italia da Berlusconi”, al quale, nel numero speciale “Berlusconismo e fascismo (2)”, in edicola da martedì 1 marzo, rispondono anche Margherita Hack, Eugenio Scalfari, Rossana Rossanda, Massimo D’Alema, Barbara Spinelli, Walter Veltroni, Marco Travaglio, Furio Colombo, Pier Luigi Bersani, Sergio Chiamparino, Antonio Padellaro, Pancho Pardi, Antonio Di Pietro, Ezio Mauro, Sergio Cofferati, Giorgio Cremaschi, Luigi De Magistris, Luciano Gallino, Nichi Vendola, Dario Fo.

Il questionario di MicroMega e la risposta di Roberto Saviano
MICROMEGA - Da tutte le parti si invoca “unità” per liberare l’Italia dal regime antidemocratico di Berlusconi. Spesso, tuttavia, le varie componenti dell’Italia che ancora si riconosce nella Costituzione repubblicana non accettano neppure di dialogare, di discutere insieme. Per contrastare questa tendenza, MicroMega si rivolge a personalità di diverso orientamento, nella speranza che almeno la premessa dell’azione comune, la comune discussione, possa avviarsi subito. L’intervento che sollecitiamo parte proprio da questa urgenza: le elezioni sono sempre più probabili, e di fatto costituiranno un referendum sulla pretesa di Berlusconi di avere tutti i poteri, facendo strame della Costituzione.

Per difendere/realizzare la Costituzione nata dalla Resistenza, quale ipotesi di alleanza elettorale ritieni la più auspicabile, nell’ambito di quelle che giudichi praticabili con un voto che avverrà con il sistema “Porcata”, che assegna al primo schieramento, anche se minoritario, il 55% dei seggi? Con quale sistema pensi dovrebbe essere scelto il candidato premier, il cui nome è obbligatorio per ciascun schieramento? Le primarie di coalizione (e con quali modalità) oppure un diverso tipo di consultazione? E quale personalità giudichi la più adatta per una coalizione repubblicana vincente?

Tutti i sondaggi rilevano che una quota tra il 40% e il 50% del corpo elettorale è talmente disgustato da tutti i partiti che prevede di non recarsi alle urne o di decidere all’ultimo minuto (turandosi il naso, si presume, e scegliendo un “meno peggio”). D’altro canto nel 2008 il Pd alla Camera otteneva circa 12 milioni di voti, alle europee dell’anno successivo 8 (e i voti del 2008 erano quelli di una sconfitta!), e la disaffezione ha continuato a crescere. Non è esagerato ipotizzare che rispetto ai consensi che garantirono due vittorie elettorali, e tenuto conto dell’incremento degli aventi diritto, manchino oggi cinque o sei milioni di voti. Sono i milioni di voti che probabilmente faranno la differenza e decideranno dell’esito elettorale, a seconda di quanti ne saranno recuperati (o di altri che saranno ulteriormente perduti).

Quale pensi sia la strada migliore per recuperarli? Sollecitare nell’alleanza la presenza di una o più liste civiche, di “società civile”, con candidati tutti non di partito (la “Porcata” ha il vantaggio che dentro un’alleanza nessun voto va disperso, se una lista non raggiunge il quorum per avere parlamentari i suoi voti si distribuiscono su quelle che ne eleggono), limitarsi ad aprire le liste di partito a qualche indipendente, o puntare unicamente su leader e candidati di partito?

ROBERTO SAVIANO - Rispondere a queste domande non è cosa semplice per una serie di ragioni. La prima è che forse bisognerebbe partire analizzando il sistema elettorale italiano e cercare di capire se davvero risponda alle nostre esigenze. Se il nostro voto, che si trasforma in seggio, rispetta le istanze di rappresentatività che l’Italia ha nel suo complesso e nelle diverse realtà territoriali. Evidentemente no. Per come sembra stiano andando le cose, gli italiani non si sentono rappresentati in maniera adeguata, non conoscono i propri politici di riferimento e di fatto non hanno scelto loro di mandarli in Parlamento.

A questo aggiungo alcune considerazioni di natura diversa. Davvero un sistema elettorale, come è il nostro, proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento, può portare con tutti i suoi limiti alla drammatica situazione che stiamo vivendo? Io credo di no. Mi spiego meglio. Ad ogni elezione, soprattutto nelle comunali e nelle regionali, e soprattutto nelle regioni del sud Italia, la pratica della compravendita dei voti è ormai prassi diffusa. Sono anni che se ne parla. Sono anni che ne scrivo, arrivando addirittura, in occasione delle amministrative in Campania a chiedere l’intervento dell’Osce, di osservatori esterni in grado di garantire il corretto svolgimento delle elezioni. E in quell’occasione l’Osce mi rispose che dei suoi rappresentati sarebbero intervenuti a patto che fosse stata ufficialmente fatta richiesta dalle istituzioni italiane. L’invito non arrivò mai, né il Pdl, né il Pd ritennero necessario far monitorare quelle elezioni che erano fortemente a rischio.

Tempo dopo ho scritto (non solo, ne ho anche parlato durante la trasmissione “Vieni via con me”) di come, in Campania e in Calabria si potessero acquistare voti e quindi seggi e quindi rappresentanza politica con pochi euro. Non nascondo che sono rimasto stupito da come le mie parole, che poi erano state le parole e le denunce di molti altri prima di me, non abbiano sconvolto l’opinione pubblica. Mi ha stupito che non sia iniziato un movimento di indignazione collettiva su come il nostro voto, la nostra partecipazione alla vita politica venga costantemente tradita. La politica poi ha assunto, per sua stessa natura, un carattere sempre più mediatico, di conseguenza le forze politiche che non sono ospitate nei talk show, che non vanno in televisione, che non vengono citate sui quotidiani, praticamente non esistono. Possono formare liste, possono proporre candidati, ma non potranno ottenere seggi se non raggiungono lo sbarramento in atto nel nostro sistema elettorale.

Le elezioni sono alle porte, si dice, e a me sembra una minaccia più che una liberazione, ma prima di votare, questa volta, mi piacerebbe che il sistema elettorale venisse modificato, dal momento che il premio di maggioranza che doveva servire per garantire la governabilità a scapito della rappresentatività è stato comunque tradito dalla mancanza di armonia e di scelte condivise all’interno delle coalizioni che sono costantemente paralizzate dal fuoco amico che non permette di fare le riforme che servono. Poi, tenere conto dei condizionamenti esterni che il voto subisce – voti acquistati per 50 euro, per la spesa di una settimana, per una ricarica al cellulare, e il conflitto di interessi che riguarda il presidente del consiglio e su cui sembra che l’opposizione abbia da tempo deposto le armi – aiuterebbe a capire in che senso dovrebbe andare la rimodulazione del sistema elettorale e la sua effettiva utilità, se tutto il contorno non viene modificato.

Fatta questa lunga premessa, un metodo in teoria valido per poter individuare il leader politico sarebbero le primarie, quando siano svolte in osservanza delle regole, quando la direzione centrale di un partito abbia la forza di imporre la linea anche in aree più problematiche. Quando ci si domanda e si danno risposte credibili, ad esempio, su come sia stato possibile che in un solo pomeriggio a Napoli abbiano aderito al Pd in seimila. Chi erano tutti quei nuovi iscritti, chi li aveva raccolti, chi li aveva mandati a fare incetta di tessere? Da chi è formata la base di un partito che a Napoli e provincia conta più di 60.000 tesserati e 10.000 in provincia di Caserta? Perché non ci si domanda se è normale che il solo Casertano abbia più iscritti dell’intera Lombardia, se non sia curioso che in alcuni comuni, alle ultime elezioni provinciali, i voti effettivamente espressi in favore del partito erano inferiori al numero delle tessere? Se non si è in grado di gestire in maniera regolare le primarie allora bisogna serenamente rendersi conto che esse rappresentano solo un rischio di infiltrazione esterna. E quindi dismetterle.

Credo infine che la politica la debbano fare i politici. Mi spiego. È importante che chi abbia il compito di rappresentare i cittadini, nella loro possibilità di sentirsi parte di un meccanismo che non gli deve essere estraneo, si sia formato nella militanza e nella pratica democratica. Agli intellettuali e ai giornalisti, il dovere di osservare, controllare e analizzare. Un’osmosi tra tali ruoli potrebbe essere rischiosa, anche se è accaduto che intellettuali come Vaclav Havel o André Malraux abbiano dimostrato che in alcune circostanze la presenza di intellettuali in politica può dare ottimi frutti.

Corrado Guzzanti in uno dei suoi esilaranti monologhi faceva ironia sul fatto che Berlusconi fosse entrato in politica a destra perché, decimato la Democrazia Cristiana da Mani Pulite era lì che c’era un segmento libero, un posto da occupare. A sinistra, invece, si sarebbe dovuto mettere in fila. Io aggiungo, senza alcuna ironia, che in Italia un segmento libero in questo momento c’è, ed è quello che abbia come punto di partenza la legalità, che dia ai cittadini non solo la sensazione, ma la consapevolezza che un partito, una coalizione, prima di puntare il dito ed essere intransigente verso il proprio avversario politico lo sia con se stesso e che proprio quella intransigenza verso se stesso lo legittima a pretendere correttezza e trasparenza dagli altri.

Gli elettori non chiedono altro che potersi fidare, non chiedono altro che assistere finalmente ad assunzioni di responsabilità. Gli elettori sarebbero pronti a perdonare e a siglare nuovi patti di fiducia a condizione però che li si tratti con onestà, che gli si chieda scusa. La sensazione è che i cittadini continuano a scendere in piazza senza che i politici prestino davvero attenzione a quello che in quelle piazze viene detto. Dietro i “dimettiti” e i “se non ora quando”, c’è l’urlo disperato di chi sa che dopo questa fase non c’è luce, non si vede speranza.

Prima degli scandali, prima ancora di dare per concluso un processo che si sta per celebrare, di argomenti con cui coinvolgere l’opinione pubblica la sinistra ne avrebbe tantissimi, ma le divisioni interne non devono distrarre da premesse e obiettivi comuni che sono la base per riacquistare la fiducia di quegli elettori che, al confronto elettorale, faranno la differenza.

Obama-Berlusconi, sostegno a diritti umani. I ribelli verso Tripoli


NEW YORK, 25 FEB - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sono d'accordo: in Libia e' necessaria una risposta multilaterale coordinata, per garantire da un lato l'adeguata ''assistenza umanitaria'', dall'altro ''i diritti umani fondamentali'', perche' ''il popolo libico ha diritto di determinare il proprio destino''. In questi termini la Casa Bianca ha reso noto i contenuti di un colloquio avuto ieri tra Berlusconi e Obama, per cercare di trovare una soluzione alla crisi libica. Obama e Berlusconi sono stati al telefono una ventina di minuti. Il presidente americano nel corso della giornata si e' confrontato anche con il presidente francese, Nicholas Sarkozy, e con il premier britannico, David Cameron. La determinazione comune di Usa, Francia, Gran Bretagna e Italia - ha riferito la Casa Bianca - e' quella di mantenere sulla Libia consultazioni costanti e continue, in modo tale da coordinare l'intervento sia per quanto riguarda gli aiuti umanitari, sia per quanto riguarda ''il diritto del popolo libico a determinare il proprio destino''. Palazzo Chigi ha riferito che Berlusconi e Obama hanno concordato di continuare a tenersi ''strettamente in contatto, consultandosi e lavorando insieme'', per fronteggiare la crisi e le sue possibili conseguenze. Nel riferire delle consultazioni di Obama con gli altri leader, la Casa Bianca ha precisato che e' ''necessario e urgente'' coordinare gli sforzi ''e fare in modo che ci sia la responsabilita' adeguata''. Nei distinti colloqui, Obama, Berlusconi, Sarkozy e Cameron ''hanno affermato il loro forte sostegno ai diritti universali del popolo libico, compresi quelli di liberta' di assemblea e di opinione''. ''I leader - prosegue la nota della Casa Bianca - hanno anche discusso di una serie di opzioni che sia gli Stati Uniti sia i Paesi europei stanno mettendo a punto per ritenere il governo libico responsabile delle sue azioni''.

Nuovo discorso del rais. Stavolta parla in tv via telefono e accusa: richieste dei ribelli dettate da bin Laden. Poi minaccia: stop al petrolio se la situazione peggiora. 
Un gruppo di giornalisti italiani, tra cui l'inviato dell'ANSA, sono stati bloccati e controllati da un gruppo di miliziani governativi sull'autostrada che va dall'aeroporto a Tripoli e uno di loro, FabrizioCaccia del Corriere della Sera, e' stato anche schiaffeggiato e preso a calci quando ha detto di essere italiano. Dopo un controllo 'brusco' sono stati rilasciati e hanno potuto raggiungere un albergo della capitale. Appreso dal trattamento di cui e' stato fatto oggetto un gruppo di giornalisti italiani giunti oggi nella capitale libica, la Farnesina ha impartito istruzioni all'Ambasciatore a Tripoli, Vincenzo Schioppa, di compiere un formale passo di protesta presso le Autorità libiche. Lo si legge in una nota del ministero degli Esteri.
Il presidente Usa Barack Obama ha chiamato questa sera per telefono il presidente francese Nicolas Sarkozy ed entrambi hanno chiesto uno ''stop immediato dell'uso della forza'' in Libia: e' quanto annuncia l'Eliseo.
La Casa Bianca vuole agire in fretta in Libia, dove la situazione sta precipitando. Secondo il portavoce Jay Carney ''siamo interessati in una azione rapida'' dato che la sitaziione ''richiede azioni rapide''. Gheddafi ha fatto avere un messaggio agli Stati Uniti. Lo ha riferito il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Philip Crowley, nel consueto briefing con i giornalisti, senza aggiungere ulteriori dettagli.

'Terminal petroliferi in mano ai rivoltosi'. Lo affermano abitanti di Bengasi.

Gheddafi intanto sarebbe asserragliato con una decina di uomini della sicurezza a lui fedeli in un bunker sotterraneo della caserma di Bab al Aziziya, sobborgo meridionale di Tripoli. Ma si fanno sempre più insistenti le voci di una sua imminente fuga dal Paese.

Il governo svizzero ha reso noto che congela i beni appartenenti a Gheddafi.

Offensiva militare delle forze fedeli a Gheddafi stamani nella città di Zawia con i testimoni che parlano di un nuovo massacro. Al Arabiya parla di centinaia di vittime.
Un testimone riferisce di un attacco alla capitale "imminente" con la tribù dei Warfalla che starebbe arrivando dalla Cirenaica. Per il New York Times intanto nella città si sarebbero radunati migliaia di mercenari e fedelissimi al rais. Violenti combattimenti in corso a Misurata. Il centro cittadino sarebbe ancora in mano ai ribelli anti-regime. Migliaia di persone stanno convergendo a Zawia, a pochi chilometri da Tripoli, per ''liberare la citta'''. Lo ha riferito all'ANSA il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi.

E al largo di Misurata sono arrivate le navi militari italiane che dovranno prelevare alcuni lavoratori ancora bloccati nel paese. In corso le operazioni di rimpatrio di alcune decine di cittadini italiani ed europei a bordo di un C130 dell'Aeronautica militare. Secondo quanto si e' appreso, un altro C-130 dell'Aeronautica italiana si trova attualmente all'aeroporto di Tripoli. Alitalia ha sospeso i voli.

Il ramo nordafricano di Al Qaida (Aqmi) si è schierato a fianco dei dimostranti. La Ue si tiene pronta per un intervento militare umanitario: 'opzione possibile'. Napolitano: nessun veto dell'Italia a sanzioni dell'Ue. Putin: preoccupati per conseguenze sul Caucaso del Nord.

Con oltre un centinaio di cittadini britannici ''in pericolo'' nel deserto libico, il governo di David Cameron sta valutando l'invio delle forze speciali in parti del paese nordafricano. Lo riporta la Bbc.

Oggi fonti mediche parlano di 7.000 vittime in costante aumento. Ong: esponenti dei "comitati rivoluzionari" al soldo di Gheddafi fanno irruzione negli ospedali di Tripoli e uccidono i feriti che hanno manifestato contro il regime.

GHEDDAFI: E' COLPA DI BIN LADEN - "Questa gente non ha richieste. Le loro richieste vengono dettate da Bin Laden. I vostri figli sono manipolati da Bin Laden". Lo ha detto il leader libico Gheddafi al telefono con la tv libica. "Se volete questo caos siete liberi. E se volete continuare a combattere fra loro, continuate pure": è quanto ha detto Gheddafi rivolgendosi agli abitanti di Zawia, a ovest di Tripoli, teatro di violenti scontri tra lealisti e rivoltosi. "Bin Laden ha distribuito delle pillole stupefacenti e droghe agli abitanti di Zawya per combattere contro il nostro caro Paese".
La rivolta in Libia "é una farsa alla quale dovremmo porre fine, una farsa portata avanti dai giovani" che "vengono manipolati anche attraverso l'uso di droghe", ha detto Gheddafi, minacciando: "Se la situazione peggiorerà si interromperanno i flussi di petrolio".
Nel suo discorso tv in collegamento telefonico con l'emittente di Stato, il leader libico Muammar Gheddafi ha messo in guardia da un "intervento militare americano" in Libia "con la scusa di combattere al Qaida".

COMAI, 'GHEDDAFI PREPARA AEREO PER FUGA' - "Gheddafi sta facendo preparare il suo aereo privato per partire e lasciare la Libia". Lo sostiene il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi che parlando con l'ANSA cita fonti "molto, molto attendibili". Gheddafi "sta facendo caricare sull'aereo gran parte dei suoi tesori, in particolare oro. E sembrerebbe intenzionato ad andare in un paese amico in Africa".

"A seminare il terrore tra la gente a Tripoli sono le 'squadre della morte': uomini assoldati dagli stessi militari, su ordine del governo, che girano in strada con caschi e vestiti gialli. Hanno il compito di reprimere le proteste e lo fanno entrando nelle abitazioni, dove seminano il panico, picchiano gli uomini e violentano le donne", riferisce sempre il Comai.

MEDICO BENGASI, "NOI SOMMERSI DA FERITI" 
 - L'ospedale maggiore di Bengasi, seconda città della Libia, è stato "sommerso" la settimana scorsa dal numero dei feriti ricoverati, ha affermato all'agenzia Afp un medico anestesista rimpatriato ieri dal Paese. "L'afflusso dei feriti - ha detto il dottor Naceur Benarab, che ha lavorato al Bengasi American Center fino a domenica, prima di venire rimpatriato prima a Tripoli, poi in Francia - è iniziato quando gli altri ospedali erano pieni. Siamo stati sommersi". Il maggior numero di feriti "era stato preso da pallottole, o schiacciato dalle vetture dei miliziani che entravano a tutta velocità fra la folla". A Bengasi, "ho visto camionette piene di gente che brandiva fucili e asce", ha raccontato il medico. "All'inizio, i feriti erano stati presi alla testa, al torace e all'addome. Poi le pallottole hanno mostrato ferite nel basso del corpo", una maniera, secondo il dottore, di colpire gravemente senza però uccidere, per controllare il movimento di rivolta in atto: "In una società tribale come la Libia, dove regna il diritto secolare, ogni volta che ci sono dei morti, si rafforza il rango dei manifestanti".

NYT, GHEDDAFI AMMASSA TRUPPE A TRIPOLI - Migliaia di mercenari e fedelissimi armati stanno raggiungendo Tripoli nell'apparente tentativo del leader Muammar Gheddafi di assicurare la difesa della capitale libica. Lo scrive il New York Times. Il rais "ha richiamato" le forze speciali guidate dai figli, segmenti dell'esercito fedeli alla sua tribù e i loro alleati, mercenari africani addestrati in questi anni e che hanno probabilmente già combattuto in Sudan, spiega il quotidiano statunitense. La presenza di queste forze è visibile nella capitale, dicono i testimoni citati dal Nyt: "Sembra la Somalia", dozzine di posti di blocco sono stati istituiti sulle strade principali da mercenari e uomini in borghese. "Chiedono non solo i documenti, ma anche di dimostrare il proprio sostegno a Gheddafi, altrimenti sono problemi", ha raccontato un testimone.

FONTI MEDICHE, 7.000 MORTI IN COSTANTE AUMENTO  - "La cifra stimata finora dai diversi medici riguardo ai morti in Libia, a seguito delle repressioni del governo di Mummar Gheddafi, è tra i 5.000 e 7.000 morti, ma se il massacro continua si rischia di superare i 10.000 nelle prossime ore". A riferirlo all'ANSA è il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia.

LA RUSSA, MISSIONE PACE NON PRESA IN CONSIDERAZIONE - Una missione di pace in Libia "al momento non è nemmeno presa in considerazione". Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, rispondendo alla Telefonata di Maurizio Belpietro, durante Mattino Cinque, su Canale 5. "Di questo - ha affermato la Russa, con riferimento ad una possibile missione di pace - non abbiamo mai neanche lontanamente parlato. Non credo che sarà ipotizzata perché non credo che siamo nelle condizioni in cui le missioni di pace siano mai state attuate. Però - ha aggiunto - se la situazione si evolvesse, tutto, naturalmente, si può modificare". Tuttavia, ha ribadito, "al momento non l'abbiamo mai presa in considerazione".
GIOVANARDI: FOSSE COMUNI DI TRIPOLI? SONO UNA BUFALA - ''Le fosse comuni di Tripoli sono una bufala. In tutti i giornali di oggi in prima pagina c'e' la foto delle fosse comuni di Tripoli: la foto e' un normale cimitero libico, con tombe prescavate in cemento e una tomba, addirittura, e' gia' coperta con il nome del defunto!''. Lo ha detto il sottosegretario Carlo Giovanardi alla 'Zanzara' di Radio 24. '' Sono tombe molto curate, singole - ha continuato - e non mi possono far vedere quelle foto e dirmi che ci sono cosi' tanti morti: quelle foto sono una presa in giro perche' non giustificano i 10.000 e oltre morti: e chi lo dice? In Libia c'e' una rivoluzione in corso e se Gheddafi dovesse in qualche modo cavarsela e restare al potere dopo un mese tutti i paesi del mondo gli parlerebbero ancora''. Giovanardi conclude con l'Iran: ''E' molto peggio l' Iran della Libia: come Gheddafi ci sono altri 30,40 e forse 50 paesi''.

giovedì 24 febbraio 2011

Libia, Gheddafi parla in tv e annuncia la strage

Libia, Gheddafi parla in tv e annuncia la strage: “Libia vittima di un malocchio, i manifestanti drogati. Italia e Inghilterra dietro le manifestazioni”


Altra giornata critica nel paese nordafricano. In mattinata migliaia di mercenari sono partiti alla volta di Tripoli,  richiamati dal leader Gheddafi, dove hanno poi stabilito diversi posti di blocco. Secondo i testimoni: “Chiedono non solo i documenti, ma anche di dimostrare il proprio sostegno a Gheddafi, altrimenti sono problemi”.
Nello stesso tempo, il ramo nordafricano di Al Qaeda ha accusato il leader libico di essere un assassino di innocenti, schierandosi in favore dei manifestanti: “Faremo tutto il possibile per aiutarvi, con il volere di Allah, perché la vostra lotta è la lotta di ogni musulmano che ama Allah e il suo profeta”.
Sempre in mattinata sono giunte notizie di nuovi bombardamenti nella città di Zawia, dove è stata lanciata una vera e propria offensiva militare. Le diverse testimonianze parlano di un terribile massacro: “Stanno ammazzando le persone che erano in piazza da giorni, armate con solo qualche fucile, stanno ammazzando anche i medici venuti in soccorso”.
Il leader libico, che secondo la tv Al Arabiya sarebbe asserragliato in un bunker situato nel sobborgo meridionale di Tripoli, è apparso in video, rivolgendo le condoglianze alle famiglie degli ufficiali caduti, affermando anche: “Tutte le province avranno i loro diritti politici e amministrativi, noi abbiamo bisogno della stabilità e di non cadere nelle mani di chi complotta contro di noi. I manifestanti non hanno vere richieste. Sono manipolati da Bin Laden”.
La rivolta, secondo Gheddafi sarebbe “una farsa a cui dovremmo porre fine, una farsa portata avanti dai giovani che vengono manipolati anche attraverso l’uso di droghe. La Libia è vittima di un malocchio”. Ed ancora: “se la situazione peggiorerà si interromperanno i flussi di petrolio”.
Cresce intanto la preoccupazione tra i paesi europei per l’ondata di immigrati che potrebbero giungere nelle nostre coste in seguito alla gravissima emergenza libica. Il ministro italiano La Russa ha fatto sapere che sono già stati individuati una serie di luoghi dove poter accogliere gli eventuali profughi, mentre il ministro Maroni ha invitato l’Unione Europea ad applicare il principio di solidarietà per fronteggiare l’urgenza creata dalla rivolta in Libia.
L’Unione Europea , che nel frattempo si tiene pronta ad un eventuale intervento umanitario nel paese africano, ha nuovamente rinnovato la richiesta per una fine immediata dell’uso della forza contro i manifestanti in Libia.

MEREDITH: CASSAZIONE, DELITTO DI PIU' PERSONE

(AGI) - Roma, 24 feb. - Una "plurima, collettiva condotta" fondata sul "motivo di fare sesso". E' quella che individuano nell'omicidio diMeredith Kercher i giudici della Prima Sezione Penale della Cassazione, come emerge dalle 23 pagine di sentenza con cui motivano la condanna definitiva a 16 anni di reclusione inflitta a Rudy Guede il 16 dicembre scorso.
  La studentessa inglese, ritrovata morta nell'appartamento di Via della Pergola a Perugia, la mattina del 2 novembre del 2007, fu vittima di "una escalation di violenza" volta ad annullarne le resistenze e, alla fine, "scannata con un colpo di coltello alla gola, mortale".
LA CORTE NON CREDE A RUDY
Per i giudici, dunque, legittima e' l'aggravante dei futili motivi contestata a Rudy Guede (al quale la Corte non crede), ed e' "palese" l'"irragionevolezza della pretesa difensiva volta ad infirmare il riconoscimento giudiziale" della suddetta aggravante: "come se -si legge nella sentenza - la soppressione violenta della liberta' di autodeterminazione ed il corpo martoriato di una giovane vita, quella di Meredith Kercher, non imporrebbero di qualificare meramente occasionale e pretestuoso il motivo di fare sesso per scatenare, a fronte della resistenza della donna, la forza brutale e prevaricatrice di una plurima, collettiva condotta che rivela nei suoi tristi protagonisti la volonta' orgiastica di dare sfogo agli impulsi criminali piu' perversi tali da destare un profondo senso di sbigottimento, ripugnanza e disprezzo in ogni persona di moralita' media". Il contributo di Rudy Guede all'azione delittuosa "si situa in un contesto di violenza crescente e di qualche durata che non puo' certo ritenersi eccezionale, improvvisa, meramente occasionale tale da non far prevedere, come conseguenza di una violenza cosi' decisamente polarizzata all'atto sessuale in seguito ad una pluralita' di ecchimosi e ferite provocate dall'uso del coltello, il possibile sbocco mortale delle azioni".
Gli 'ermellini', nella sentenza depositata oggi, ricordano che "la decisione a cui e' chiamata questa corte concerne, e solo, la responsabilita' del Guede in ordine al fatto contestato e dell'eventuale partecipazione di altri al delitto si dovra' tener conto solo nella misura in cui una tale circostanza valga ad incidere sul tema che costituisce l'impegno esclusivo in punto di riforma o conferma della declaratoria di responsabilita' dell'imputato, quest'ultima del tutto condivisa dai giudici di primo e secondo grado".
  Per l'omicidio Kercher sono attualmente imputati davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Perugia la giovane americana Amanda Knox e lo studente pugliese Raffaele Sollecito, giudicati con rito ordinario. La prossima udienza del processo a loro carico e' fissata al 12 marzo prossimo: in primo grado i due giovani sono stati condannati rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. La ricostruzione fornita agli inquirenti da Rudy Guede su cio' che accadde la notte tra il 1 e il 2 novembre del 2007 nella casa di via della Pergola a Perugia dove venne ritrovata cadavere la studentessa inglese Meredith Kercher e' "del tutto inverosimile". 

mercoledì 23 febbraio 2011

Centinaia di soldati italiani a Tripoli?

 Cosa ci farebbero portaerei italiane attraccate al porto libico? Stanno andando ad aiutare il socio d'affari di Tripoli o la povera gente? E' vero che centinaia di soldati italiani sono entrati a Tripoli, a piedi? Stanno andando a proteggere le aziende italiane?

 In poche parole, se la notizia che rimbalza su Twitter dovesse essere confermata, cosa ci faremmo, esattamente, in Libia?

TV OLANDESE: Berlusconi criminale come Gheddafi.

 Olanda. 21 febbraio 2011. Nederland2, l'equivalente di RaiDue. Nel corso del programma di approfondimento "Nieuwsuur" viene intervistato il corrispondente da Londra Mohammed Ali Abdallah, del Fronte Nazionale di Liberazione della Libia(NFSL - National Front for the Salvation of Libya). Il conduttore non pare minimamente in disaccordo con quanto sostiene il libico, non lo ferma e non si dissocia.

 Che in Libia ci siano caccia italiani a bombardare la gente o meno, che ci siano o meno mercenari italiani in giro a giocare al tiro a segno per le strade di Tripoli, resta il fatto che i baciamano, le dichiarazioni fuori luogo e prive di qualsiasi intelligenza politica, i ritardi nelle prese di posizione diplomatiche e la stima ostentata verso il leader di un regime tirannico fanno sì che per l'ennesima volta l'Italia venga considerata non solo il paese di pulcinella, ma addirittura collusa con le malversazioni criminali dei peggiori dittatori.

 E' tempo di ricominciare una lunga e faticosa marcia che riporti il nostro paese verso uno standard minimale in quanto a dignità, rispetto e credibilità sulla scena internazionale. E prima di tutto in quella ben più importante del rispetto e dell'orgoglio che ogni cittadino deve a se stesso.

 Ecco la trascrizione fedele di quello che si può sentire in una televisione europea. 

Abdallah: Le ultime informazioni che arrivano dalla Libia oggi sono che decine di caccia hanno attaccato e bombardato Tripoli, le sue aree residenziali e quasi tutte quelle intorno. Ci sono rapporti che dicono che alcuni di questi caccia non sono caccia libici. Alcuni rapporti che non possiamo confermare dicono che ci sono anche caccia italiani a bombardare Tripoli. Ci sono due piloti dell'aeronautica che si sono rifiutati di eseguire gli ordini di Gheddafi di bombardare, e sono scappati a Malta, sono atterrati a Malta e hanno chiesto asilo politico. Ci sono anche molti rapporti che migliaia di mercenari dai paesi africani, come molte milizie dalla Tunisia, così come molti riportano di mercenari italiani che girano nelle strade di Tripoli, in molte aree [ndr: elenco delle aree locali], e questi mercenari camminano per le strade, alcuni di loro in auto, fino a 4 persone per macchina, macchine civili, e sparano a casaccio sui civili. Ci sono centinaia e centinaia di conferme, queste sono le ultime notizie che abbiamo, così come di almeno 250 corpi che sono stati trasportati negli ospedali di Tripoli, con moltissimi altri corpi che restano nelle strade perché le persone hanno paura a recuperarli, hanno paura che i mercenari gli sparino e  hanno paura delle bombe. Il regime sta usando armi di artiglieria, quel tipo di armi che normalmente si usano in guerra, due eserciti uno contro l'altro, ma in questo caso l'esercito di Gheddafi le sta utilizzando contro la gente libica disarmata.
 La Libia è un partner strategico per ogni paese in Europa, compresa l'Olanda. La Libia può essere un paese amico per tutto il mondo, la Libia può essere la meta per le vacanze, una meta di prosperità. La Libia ha un potenziale altissimo, ma non può raggiungerlo sotto a questo tipo di regime, sotto a questo genere di brutalità..

Conduttore: Cosa si aspetta dalla comunità internazionale?

Abdallah: Ecco le richieste che ho fatto alcuni giorni alla comunità internazionale:
  1. il Consiglio di Sicurezza deve condannare fermamente ciò che accade, ed emanare un ordine di arresto internazionale per Muammar Gheddafi e per i suoi miliziani.
  2. Devono congelare tutti i loro beni nelle banche, sia in Europa che in Africa, che vengono utilizzati per pagare i mercenari e per comprare alcune di queste armi e di questa artiglieria.
  3. Bisogna inviare aiuti sanitari e umanitari agli ospedali e a tutta la Libia che ne hanno bisogno immediatamente.
 Queste sono cose che possono essere fatte. Al momento quello che vediamo sono solo questi massacri. Io credo che bisognerebbe fare e domandare di più. Bisogna costringere con la forza questi aerei che bombardano ad atterrare. E se è vero come è riportato che alcuni di questi caccia sono italiani, io credo che sia chiaro quello che i paesi europei dovrebbero fare all'Italia e al signor Berlusconi, che è tanto criminale quanto Gheddafi se sta contribuendo in prima persona a questo massacro.
 Questo è ciò che chiediamo alla comunità internazionale, e io chiedo alle persone che hanno visibilità nei media e che supportano la gente libica, ...quello che io chiedo a questa gente di fare... è di parlare ai loro governi, di parlare con chi prende le decisioni.

Conduttore: Signor Abdullah, la interrompo un attimo. Abbiamo appena avuto una notizia dell'ultima ora. Il primo ministro Berlusconi ha condannato le azioni del colonnello Gheddafi.

Abdallah: Sì, ma è troppo tardi, amico mio. Berlusconi, ieri, il suo commento eraun insulto alla gente libica, quando il suo governo ha dato alla stampa un comunicato nel quale supportava Gheddafi, e Berlusconi si è spinto anche oltre, dichiarando che non voleva disturbare Gheddafi in questa situazione... Condannare adesso è troppo tardi, amico mio. Avete un bel problema da gestire. Gli italiani devono occuparsi di Berlusconi, così come deve occuparsene l'intera comunità europea. Questa non è una persona in grado di rappresentare nessun paese nel mondo, ancor meno un paese come l'Italia, e credo che ogni italiano dovrebbe vergognarsi di essere rappresentato da uno come Berlusconi, e spero che facciano qualcosa e che lo mettano al suo posto.


I rivoltagabbana

Nei paesi seri il voltagabbana è una figura losca, limacciosa, infida, puteolente. Uno che fa ribrezzo a tutti e dunque anche a se stesso. Striscia contro i muri, cerca il buio, spera di non esser notato e soprattutto di non apparire mai a colori, per nascondere meglio il rosso vergogna. In Italia invece il voltagabbana è un furbo di tre cotte, invidiato o almeno compreso, gode di ampio consenso e ammirazione: incede tronfio e giulivo alla luce del sole, convoca telecamere e conferenze stampa, rilascia interviste, dà lezioni, lancia moniti e appelli. Non avendo una reputazione da difendere, può fare e dire qualunque cosa. Se poi è un rivoltagabbana, di andata e ritorno, si vanta due volte, anzi due svolte. Finora, di quest’ultimo modello superaccessoriato con retromarcia multipla di serie, esisteva un solo prototipo: il Mastella, passato da destra a sinistra a destra. Ma ha presto fatto scuola: i berlusconiani divenuti finiani e tornati berlusconiani sono legione. Martedì scorso, sul volo Torino-Roma delle 11, mi ritrovo accanto Roberto Rosso da Vercelli. Lo conosco dal 1992 quando, giovane Dc (corrente Andreotti), creò il movimento “Mani Pulite” e con le sue denunce contribuì a far arrestare in blocco la giunta comunale di pentapartito della sua città. Due anni dopo era già in Forza Italia e lì bivaccò, per cinque legislature, fino a qualche mese fa, quando fu folgorato sulla via di Fli. Una crisi di coscienza per motivi ideali, infatti divenne subito coordinatore regionale dei finiani, facendo infuriare la Siliquini e Menardi (anch’essi rientrati a corte). I giornali ipotizzano un suo ritorno all’ovile. Glieli mostro, lui spalanca il sorrisone: “Tutte balle. Verdini mi chiama un giorno sì e l’altro pure, promette posti di governo, ma non ha capito chi è Roberto Rosso”. Poi si addormenta per il resto del volo. Due giorni dopo ripassa con B. Verdini aveva capito benissimo chi è Roberto Rosso. Il quale spiega al Giornale: “Verdini e Santanchè hanno fatto sì che si incuneasse nella mia coscienza l’idea di un ritorno a casa”. Perché “io sono pronipote di san Giovanni Bosco”, fondatore dei salesiani che lui confonde coi berlusconiani. Il santo dev’essergli apparso in sogno per rammentargli “la mia formazione cattolico-liberale” (era andreottiano, ma fa lo stesso) e metterlo in guardia dalla “deriva laicista che sta prendendo possesso del Fli”. Invece i bungabunga ad Arcore sarebbero molto piaciuti, al santo prozio. Ergo non poteva restare un istante di più “in un partito con l’ossessione dell’antiberlusconismo”. Che strano: a Bastia Umbra, Rosso era in prima fila a spellarsi le mani quando Fini urlò che B. doveva dimettersi. E il 15 dicembre votò la sfiducia al governo B. Poi, casualmente, ha scoperto che i finiani, massacrati per mesi da giornali e tv di B. per ordine di B., non simpatizzano per B. Strana gente, eh? Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata “la direzione nazionale, in cui ascoltavo discorsi da vecchio Msi”, “troppo di destra” per i suoi gusti. Purtroppo don Bosco non è apparso ad altri due rivoltagabbana, Barbareschi e Menardi, che invece lasciano Fli perché “vuole allearsi a sinistra con Vendola”. Poco importa se Fini l’ha sempre escluso. Menardi da Cuneo, che fino all’altroieri tuonava contro il “partito azienda”, dice che ci torna ma “per migliorarlo” e lo farà tutto da solo, con le nude mani. Anzi no, per ora non torna: “Resto a bagnomaria aspettando gli eventi”, farà un gruppo con gli altri come lui: “i Propositivi”, quelli che si propongono. Anche Barbareschi, dopo lo sblocco delle sue fiction Rai, roba da 10 milioni di euro, vuole dare “il mio contributo creativo” al Pdl con “il progetto di wikipolitics”: roba forte. Del resto lui, come Sordi ameregano a Roma, “stavo a Broadway”. E poi “Berlusconi mi ha ringraziato per la coerenza”. E “Verdini ha riconosciuto il mio atteggiamento corretto, serio”. E quando B. ti certifica la coerenza e Verdini la correttezza, puoi dormire tranquillo. È il marchio di garanzia.

martedì 22 febbraio 2011

Diaspora infinita, per Fli Berlusconi è come Gheddafi

E' ormai questione di ore per un'altro addio eccellente a Futuro e libertà, che si dovrebbe formalizzare oggi al termine della riunione dei senatori del gruppo alle 15. In uscita da Fli sono il capogruppo al Senato Pasquale Viespoli con altri 5 senatori e
Anrea Ronchi. Ancora in bilico la situazione di Adolfo Urso, per cui si stanno intensificando le pressioni di Bocchino e dello stesso Fini.

"Quando i regimi sono alla fine ricorrono ai mercenari. Accade per Gheddafi, che fa sparare sul suo popolo; lo stesso vale per Berlusconi - attacca Carmelo Briguglio, deputato di Futuro e Libertà - con lo shopping che incrementa in Parlamento la legione straniera di deputati e senatori disponibili e pronti persino a giurare senza vergognarsi che Ruby è la nipote di Mubarak. La storia ci dà segni chiari anche in questi giorni, ci insegna come andrà a finire, come andranno a finire. Basta attendere continuando a fare con onore e dignità il proprio dovere".

Pasquale Viespoli, capogruppo di Fli in Senato, si inalbera al solo sentir parlare di 'manovre di palazzo' o di 'potere finanziario del premier' che avrebbe influito su
alcuni cambi di gruppo parlamentare da parte di senatori e deputati. Piuttosto, insiste, si tratta di scelte "coraggiose e disinteressate".
"Io - dice infatti Viespoli - sto nel palazzo e mi occupo del palazzo, ma non delle manovre del palazzo. Quel che è certo è che tutti qui hanno fatto scelte disinteressate e coraggiose. Ogni scelta andrà quindi rispettata perchè sarà una scelta politica. Non so a chi si riferisse Fini quando parlava di potere
finanziario di Berlusconi, ma non credo parlasse di quei parlamentari che hanno fatto scelte in difesa di una cultura di centrodestra". 

Twitter: aerei italiani bombardano Tripoli, navi italiane nel porto

Twitter: aerei italiani bombardano Tripoli, navi italiane nel porto

Mentre in Libia divampa la protesta della popolazione contro il regime di Gheddafi, su Twitter si rincorrono le notizie di aerei italiani che bombardano i dissidenti a Tripoli ed addirittura di navi da guerra italiane che stanno navigando nelle acque nazionali libiche fino ad attraccare anche nel porto per fornire supporto militare alle operazioni direpressione del governo nei confronti della popolazione che protesta.
Per ora si tratta solo di voci, sto chiedendo link e conferme, ma vi comunico lo stesso questa fuga di notizie e dove trovare ulteriori dettagli:
BintLibya on Twitter, in particolare in questo tweet, ma anche a ritroso.
Iyad El-Baghdadi chiedendo conferma di quanto ha sentito alla tv addirittura.
Ovviamente sono notizie da prendere con le molle e da confermare, se avete aggiornamenti, smentite o sviluppi riportate pure tutto nei commenti.