giovedì 19 maggio 2011

La Germania cresce? Ha puntato su ricerca e welfare

La Germania cresce a un ritmo “asiatico”, intorno al 5%, e si trascina dietro una parte dell’Europa. I recenti dati sulla crescita economica nell’Unione hanno fatto parlare molto di “miracolo-Merkel”. E molti si chiedono quale sia la ricetta. In realtà, se guardiamo ai dati paese per paese, scopriamo che esistono quattro diverse aree in Europa che procedono a diversa velocità. La Germania è il centro di una di queste aree, quella che dal versante settentrionale delle Alpi sale su fino alla Scandinavia, con aggregati molti paesi dell’Est. È un’area omogenea, in cui il PIL è cresciuto del 3% e più su base annua.
C’è poi una seconda area, a cavallo della Manica, in cui il PIL è cresciuto di circa il 2% (Francia, Regno Unito e Belgio). C’è una terza area, più meridionale (Italia e Spagna) con una crescita che non supera l’1%. E l’ultima area (Grecia e Portogallo, con l’aggiunta dell’Irlanda) che ha fatto registrare una crescita negativa.
Perché un’Europa a quattro velocità? Perché queste quattro aree? Una risposta a queste domande è: la scienza. E, più in generale, la conoscenza.
Per averne una riprova, basta fare una prova grafica. Provate a elaborare una carta europea fondata sugli investimenti in ricerca e sviluppo. Troverete, per l’appunto, quattro grandi macchie. La prima che parte del versante settentrionale delle Alpi (Svizzera e Austria) e procede dritta verso nord fino in Scandinavia, abbracciando Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia. È un’area molto omogenea. Caratterizzata da investimenti in ricerca intorno al 2,5% del PIL; forti investimenti nelle università e nella scuola; un numero di laureati tra i giovani che sfiora il 40%; da una specializzazione produttiva nei beni e nei servizi ad alto valore di conoscenza aggiunto che consente massicce esportazioni di qualità e alti stipendi per i lavoratori; da un welfare e, dunque, da una distribuzione della ricchezza che, sia pure eroso, resta il migliore al mondo.
Una seconda area è costituita dai paesi dell’Est: dalle nazioni baltiche, alla Polonia giù fino alla Romania e Bulgaria. È un po’ meno omogenea. Ed è caratterizzata da una spesa in ricerca che raramente supera l’1%, da scarsi investimenti nelle università, da una specializzazione produttiva in beni e servizi con scarso valore aggiunto. È l’area più povera dell’Europa. Ma è anche l’area che fa registrare il massimo tentativo di convergenza. Ovvero la massima velocità di crescita delle strutture propedeutiche a una solida economia della conoscenza. Quest’area sembra ruotare intorno al grande attrattore tedesco.
C’è una terza area, costituita da paesi che sono nel mezzo. Che cercano di tenere il passo, ma non sempre ce la fanno. Che investono in ricerca e sviluppo il 2,0% circa del PIL, hanno buone università, hanno una specializzazione produttiva un po’ meno centrata sulla produzione “hi-tech”, un welfare un po’ meno robusto che nell’area teutonica. È l’area appunto a cavallo della Manica (Francia, Regno Unito, Belgio e Irlanda).
C’è infine l’area meridionale, che comprende Italia, Spagna, Grecia, Malta, Cipro e Portogallo. In questi paesi gli investimenti in ricerca non superano l’1%. Le università sono in difficoltà, i laureati pochi, la specializzazione produttiva centrata sulla media e bassa tecnologia; il welfare frammentato, la disuguaglianza sociale massima. È, questa meridionale, l’area che tende a divergere dal resto d’Europa.
Bene, ora provate a confrontare la carta geografica dell’Europa disegnata dalla crescita economica, con la carta geografica della conoscenza. La sovrapposizione è impressionante. Abbiamo così scoperto i due ingredienti principali del “miracolo-Merkel”, che è in realtà il miracolo dell’Europa centro-settentrionale: la ricerca e il welfare. Il che significa la capacità di costruire continuamente il futuro sulla base di un presente integrato e solidale.

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