domenica 2 settembre 2012

Come favorire la ‘crescita’: i suggerimenti di alcuni economisti italiani


Si parla tanto di ‘crescita’. Si ripete questa parola come un ‘mantra’ . Nei fatti cosa si puo fare per uscire dalla palude della recessione? La Stampa ha rivolto qualche domanda ad alcuni importanti economisti italiani:
Alcuni temono che la correzione virtuosa che Monti sta cercando di portare avanti sui conti pubblici non riesca a produrre effetti altrettanto virtuosi sulla crescita. Anzi, che l’austerità abbia già innescato la spirale micidiale per cui più si stringe la cinghia e più difficilmente si riesce a tornare a crescere.
Ecco perché c’è chi suggerisce all’esecutivo di varare le privatizzazioni e liberalizzare i servizi locali in modo da abbattere il debito pubblico e poter tagliare le tasse che in parte strozzano la crescita.
Qualcuno è dell’opinione che si debba cambiare modello produttivo dell’Italia: quello manifatturiero difficilmente rifiorirà. Come? Il governo dovrebbe agevolare ilpassaggio a un modello improntato ai servizi e aiutare le imprese non solo con sgravi fiscali, ma anche riducendo la burocrazia, che pesa sui costi delle aziende private.Una soluzione, secondo gli economisti, è anche quella di favorire l’innovazione e fare in modo che le aziende puntino su beni di qualità. Da lì può venire valore aggiunto sicuro.
Qui di seguito uno stralcio delle interviste
Tito Boeri:
Professore,il pareggio di bilancio slitta al 2014.
«Si potrebbe fare della facile ironia sul fatto che martedì il Parlamento ha approvato il pareggio di bilancio costituzionale e che mercoledì il Governo ha ammesso che non lo raggiungerà nei tempi previsti…»
Tuttavia lo raggiungeremo nel 2014, l’anno successivo.
«Io credo che, se tutto va bene, azzereremo il disavanzo nel 2015. Oltretutto le previsioni del governo sono state corrette rispetto all’autunno a causa degli effetti – peggiori del previsto – della recessione. E tuttavia, anche le nuove stime divergono notevolmente da quelle rese note martedì dal Fondo monetario internazionale, che prevede invece una flessione del prodotto nell’ordine dell’1,7 per cento».
Il che peggiorerebbe anche il deficit.
«Esatto. Se chiudessimo quest’anno con una recessione vicino al 2 per cento, è ovvio che il deficit sarebbe superiore al 2 per cento – ora il governo lo prevede all’1,7 per cento. E il pareggio di bilancio si allontanerebbe ulteriormente».
I dati sulla disoccupazione sono in peggioramento. Pensa che la riforma del lavoro possa migliorare le prospettive?
«Ne dubito. Bisogna invece agire sulla leva fiscale, alleggerire il peso delle tasse sul lavoro. Dovrebbe essere questa la priorità per il Governo. Altrimenti sarà difficile ricominciare a crescere».
Michele Boldrin
“Senza un nuovo modello produttivo la situazione non migliorerà”
«Un massacro». Michele Boldrin non usa mezzi termini. L’economista della Washington University di St Louis vede nero. A meno che non cambi il modello produttivo e il Governo non agevoli le imprese sgravandole di tasse e burocrazia, in Italia le cose non miglioreranno.
Secondo Confindustria la produzione industriale è scesa del 22 per cento dal 2008. Che fare per recuperare?
«Al di là di piccole riprese tattiche è molto, molto improbabile che l’impresa manifatturiera torni in Occidente per i prossimi 20 anni. Farà il giro del mondo uscirà dalla Cina e si trasferirà in Vietnam o in Sudamerica, ma non tornerà qui. Qui serve sviluppare i servizi e l’innovazione e puntare su beni di qualità tipo i prodotti farmaceutici, o l’elettronica. Da lì può venire valore aggiunto sicuro.».
Mica si possono chiudere le impreseche non si adeguano a quel modello e che funzionano.
«Ma certo che no, ma se funzionano vanno aiutate sin d’ora: riducendo drasticamente le tasse, facendo funzionare infrastrutture e servizi e togliendo la burocrazia.»
Francesco Daveri
«Il nostro problema, mi pare, evidente, non è il deficit. I mercati lo hanno capito: il nostro problema è il debito. E non c’è nulla di serio per abbatterlo. Perché Monti non ha previsto delle privatizzazioni
Non c’è altro modo per abbatterlo?
«Sui servizi pubblici locali c’è solo un accenno a un “miglioramento dei servizi pubblici locali”. Mi sarei aspettato qualcosa in più. Un’altra possibilità è battersi peruna zona di libero commercio atlantica, tra Usa e Europa, entro le regole del Wto, ovviamente».
Paolo Guerrieri
Qual è il suo timore, dunque?
«Che ci infiliamo in una spirale recessiva: più aggiustiamo i bilanci e più inibiamo un ritorno alla crescita. Il sentiero segnato, se la situazione di incancrenisce, è quello della Grecia o della Spagna».
Sandro Trento
Ora la questione vera è: quando si faranno le riforme e, soprattutto, quando si potrà spendere per fare le infrastrutture?»
Per la banda larga è previsto un piano di modernizzazione, all’interno di una vera e propria «agenda digitale».
«Secondo me l’urgenza è quella di accelerare la capacità di spesa della pubblica amministrazione. Non se ne parla mai. O meglio, il ministro Fabrizio Barca sembra il primo, dopo molti anni, ad essersi concentrato di nuovo sul tema delle infrastrutture. Ma il problema è che se se ne allungano troppo i tempi, l’efficacia si indebolisce».
Monti ha detto ieri che il risanamento deve scongiurare di farci fare la fine della Grecia.
«Ma noi non siamo minimamente paragonabili alla Grecia. Però è vero che non siamo ancora al sicuro. E la crescita, il nostro punto debole attuale, non si fa certo per decreto, dall’oggi al domani. Si fa aprendo il mercato, introducendo la concorrenza, principio raro in Italia. Ma soprattutto, abbassando le tasse».



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