sabato 19 marzo 2011

Caccia francesi in volo sopra la Libia



Primi bombardamenti sui veicoli

Iniziate le operazioni internazionali. Gli aerei si trovano a 100 chilometri da Bengasi. Distrutti quattro tank dell'esercito lealista. Il rais minaccia i leader occidentali: "Vi pentirete per questa ingerenza"
Sarkozy: "Gheddafi eviti il peggio e rispetti il cessate il fuoco". Obama: "Interverremo con urgenza"


I paesi della coalizione hanno deciso: Gheddafi deve rispettare il cessate il fuoco per evitare che la situazione precipiti. Il presidente francese: "I caccia bombarderanno i tank libici". L'Italia ha schierato i suoi tornando a Trapani. I jet stanno sorvolando il cielo sopra Bengasi.La città dei ribelli, questa mattina, è stata attaccata dalle forze lealiste. E questo nonostante ieri il ministro degli Esteri avesse annunciato un cessato il fuoco totale in rispetto degli accordi internazionali. Così non è stato (leggi l'articolo). L'obiettivo del rais era quello di riconquistare le città prima del summit parigino tra Lega Araba, Unione europea e Stati Uniti. Ad attaccare saranno Gran Bretagna, Francia, Norvegia e Canada e in seconda battuta Usa e Paesi arabi. L'azione militare potrebbe cominciare con un bombardamento di missili Cruise per neutralizzare le difese aeree libiche, bombardamenti ravvicinati delle piste di decollo. Ci sarebbero circa 15 obiettivi gia' individuati. Lo stesso presidente americano Barack Obama ha detto che "la coalizione è pronta a intervenire con urgenza" (leggi l'articolo). Posizione altrettano netta quella del segretario di Stato Hillary Clinton che ha invitato il rais a cessare immediatamente il fuoco


LA RISOLUZIONE DELL'ONU: ECCO LA BOZZA
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LA CRONACA ORA PER ORALAMPEDUSA SCOPPIA, I CITTADINI IMPEDISCONO GLI ATTRACCHI
COSI' GHEDDAFI E' DIVENTATO PADRONE DEL PAESE
SARKOZY, LA LIBIA E LE PRESIDENZIALI 
Commenti (590)
il fatto quotidiano.it

    L'urlo degli italiani

    Domani alle 14.30 a Roma, in piazza Navona (guarda il programma), apriremo la campagna referendaria per cancellare la legge sul legittimo impedimento, uno scudo giudiziario ad personam per Silvio Berlusconi, e per abolire le norme che permettono al governo di tradire la volontà popolare, riaprendo le centrali nucleari bocciate dal referendum del 1987. Il pomeriggio sarà trasmesso in diretta sul canale 872 di Sky e in streaming sul blog e su www.italiadeivalori.it.

    L’Italia dei Valori ha raccolto due milioni di firme per ripristinare il principio per cui la legge è uguale per tutti e per consentire ai cittadini di decidere loro se vogliono correre il rischio di una catastrofe come quella che si sta verificando a Fukushima in cambio di un’energia obsoleta e che costa moltissimo come quella nucleare.
    L’Idv è impegnata al 100% anche sul fronte degli altri due referendum, quelli che chiedono ai cittadini se vogliono che l’acqua resti un bene comune a disposizione di tutti oppure se vogliono privatizzarla e farla diventare un bene di mercato da mettere in vendita, promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua.
    Sul palco insieme a noi dell’Italia dei Valori ci saranno anche esponenti della cultura, dello spettacolo e della ricerca, così come politici di altri partiti: perché noi abbiamo sì raccolto le firme, ma il referendum non è “nostro”. E’ di tutti i cittadini che credono nella uguaglianza di fronte alla legge e che non vogliono il nucleare. Non c’è bisogno di essere dell’Italia dei Valori o del centrosinistra per credere che quando la legge non è uguale per tutti non si può più parlare di democrazia, o per contrastare una follia come il tornare al nucleare proprio quando tutti stanno pensando di abbandonarlo.
    Spero che in piazza Navona ci siano moltissime persone, e sono convinto che sarà così. Solo una grande mobilitazione dal basso potrà contrastare la strategia delle disinformazione e il muro di silenzio col quale i governo e i suoi molti servitori sperano di contrastare slealmente e alla faccia della democrazia i referendum. Ma la mobilitazione è fondamentale anche per impedire che il governo provi a uscire dal vicolo cieco in cui si è infilato col ritorno al nucleare con un ennesimo trucchetto.
    Non ci vuole molto a capire cosa sta succedendo. Fino a due giorni fa i ministri Romano e Prestigiacomo erano pronti a mordere chiunque gli chiedesse di fermarsi un attimo a riflettere invece di continuare a correre verso il burrone come cavalli ciechi.
    All’improvviso tutto è cambiato. All’improvviso tutti questi signori vogliono riflettere e prendere un po’ di tempo. Tutti spiegano di essere preoccupati per la sicurezza dei cittadini mentre fino a ieri giuravano che non c’era nessunissimo problema. Se avessero davvero aperto gli occhi e cambiato idea, noi saremmo i primi a esserne felici. Ma non credo che sia così. E’ stata proprio la ministra Prestigiacomo a svelare involontariamente il gioco: si è fatta pizzicare mentre diceva che bisogna mollare il nucleare sennò si perdono le elezioni.
    Però quello che pensano di fare non è ritirare la legge e rinunciare al loro folle progetto, ma solo bloccare tutto per un po’, in modo da far passare la nottata e scavallare il referendum per poi ricominciare come prima.
    Sarebbe l’ennesima presa in giro e noi dobbiamo fare capire a Berlusconi, già da domani in piazza Navona, e al suo governo che gli italiani si sono stufati di essere presi in giro. Per evitare il referendum sulle centrali nucleari c’è solo un modo limpido onesto e trasparente: ritirare definitivamente la legge. Seppellire di nuovo e una volta per tutte il nucleare in Italia.


    venerdì 18 marzo 2011

    Così il governo uccide lo Stato di diritto”.


    La denuncia di Giuseppe Bianco, sostituto procuratore della Repubblica a Firenze

    Intervista a Giuseppe Bianco di Ilaria Donatio
    Perché questa riforma è stata definita punitiva per i cittadini?L’Italia è l’unico paese al mondo ad aver deciso che il problema di questa epoca è la giustizia e non la crisi economica. Il monopolio dell’informazione diventa anche monopolio della formazione delle menti di milioni di persone: la rappresentazione del reale è stravolta. Ad ogni modo, il vero pericolo non si trova in questo megaprogetto futuribile ma nelle pieghe nascoste di altre leggi già approvate ed in vigore.
    Per esempio, appena pochi giorni fa tutti hanno riportato le denunce del Procuratore Generale della Corte dei Conti sull’enormità degli sprechi. Ma nessuno ha detto che una legge del 2009 ha depotenziato la Corte, stabilendo che dinanzi ai rilievi della Corte, fatti per “gravi irregolarità gestionali”, il ministro competente può cavarsela semplicemente comunicando al Parlamento ed alla stessa Corte “le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte”. Può opporre la ragion politica, insomma.
    In Gran Bretagna i rilievi della Corte dei Conti sono discussi in apposite sessioni del Parlamento con l’obbligatoria presenza del ministro interessato che deve rispondere, pena le dimissioni.
    In Italia, invece, il ministro è stato autorizzato per legge a non rispondere nemmeno.

    Un altro esempio?

    In uno dei tanti pacchetti sicurezza è stata inserita una norma che ha eliminato di fatto la possibilità tecnica di ricorrere al cosiddetto procedimento per decreto penale, che era un rito speciale che consentiva di definire i procedimenti per reati bagatellari (reati con pene inferiori a 2 anni, ndr) senza fare l’ennesimo processo. Il risultato è stato un ulteriore aggravio processuale. Nessuno lo dice. Qualche giorno fa la Procura di Agrigento ha dovuto iscrivere 6mila tunisini sul registro degli indagati: risultato? Sono 6mila processi in più grazie all’inutile reato di clandestinità. Da dove vengono tutti questi processi se non da una legislazione incomprensibile?

    Su "Il Foglio" dell’11 marzo, veniva sottolineata l’utilità di questa riforma nella direzione di una migliore organizzazione dell’attività giudiziaria. Questo, secondo l’autore del pezzo – Carlo Stagnaro che confrontava dati a livello internazionale – deve avvenire tramite “incentivi corretti per gli attori del sistema: per esempio separando le carriere della magistratura inquirente e giudicante allo scopo di rimuovere eventuali conflitti di interesse”. Che ne pensa?I meccanismi di ipnosi collettiva rischiano di drogare il dibattito. È surreale: il rapporto giudici-pm non ha niente a che fare col concetto di “conflitto di interessi” ma con quello della comune cultura giurisdizionale. Fin dal 2000 una raccomandazione del Consiglio d’Europa suggerisce a tutti gli stati europei di consentire un interscambio costante delle varie funzioni in modo che lo stesso pubblico ministero si formi nella cultura delle garanzie e dell’imparzialità del giudice. È nell’interesse di tutti che il magistrato inquirente venga nutrito dello stesso abito mentale di quello giudicante, che sia indipendente nella valutazione delle prove, che sia capace di fare da freno anche ad iniziative investigative orientate alla ricerca di un colpevole, quale che sia, per tacitare “i moti di viscere” della folla. Sono momenti storici che abbiamo già vissuto.

    Sempre secondo il pezzo pubblicato su "Il Foglio", che cita il rapporto “European Judicial Systems” della European Commission for the Efficiency of Justice, la giustizia sarebbe tutt’altro che sottofinanziata in Italia: la spesa per abitante è pari a 47 euro per i tribunali e 20 euro per i pubblici ministeri: e rispetto all’Europa sarebbero in linea con la media la prima, nettamente superiore l’altra. Lei come commenta questi dati?I dati del rapporto CEPEJ vanno letti tutti: la spesa è maggiore semplicemente perché l’Italia è il Paese europeo col maggiore carico penale, che è esattamente il doppio di quello francese. La legislazione di questi anni è orientata verso il panpenalismo assoluto. Anziché esser messi in condizione di dedicarci ai grandi fenomeni criminali, siamo obbligati a fare processi penali per qualsiasi cosa, si introducono continuamente nuovi microreati, si tagliano le risorse. Per cinque anni il ministero Castelli ha ritardato i concorsi di assunzione, col risultato che per fronteggiare un carico di lavoro sempre più pesante, oggi, abbiamo 1200 magistrati in meno, con un deficit ormai cronico. Ed ora che la giustizia è in coma, la responsabilità viene scaricata sulle spalle dei giudici, con una propaganda che ci accusa sistematicamente di lavorare poco e male. Di qui, le proposte di riforma della responsabilità civile. La distorsione logica è evidente.

    Chi è il giudice? 
    Il giudice non fa l’ingegnere, decide i contenziosi. Ed è un potere dello Stato, non è un professionista privato.
    Che si tratti di un litigio condominiale o di un divorzio piuttosto che del processo Parmalat, la magistratura deve sempre attribuire delle responsabilità. Ogni atto del magistrato incide sugli interessi di qualcuno. Anche quando si archivia si delude chi ha fatto la denuncia.
    Rosario Livatino – magistrato siciliano assassinato dalla mafia – era contrario al principio della responsabilità diretta dei magistrati, appunto, perché si rischierebbe un giudizio di danno per ogni provvedimento preso. Ecco perché la legge Vassalli impone un filtro e consente l’azione di danno solo alla fine dei tre gradi. La verità è che il vero risultato di queste riforme sarà quello di moltiplicare le possibilità di sostituire il giudice sgradito con meccanismi automatici lasciati totalmente nelle mani degli indagati: una specie di giustizia rimessa completamente nelle mani di Bertoldo che non si deciderà mai a scegliere l’albero o il giudice naturale. Una riforma di questo tipo bloccherebbe l’intera giurisdizione, sicuramente bloccherebbe quella impegnata contro i portatori di interessi forti.

    Morale?
    L’architettura dello stato democratico risponde al principio della cupola del Brunelleschi, con delle istituzioni di controllo che con la loro assoluta autonomia fanno da contrappeso alle istituzioni della rappresentanza e della decisione politica. L’equilibrio è stabile ma delicato. Se l’autonomia del potere giudiziario viene meno, l’intera volta rischia di cadere.
    L’esempio della Corte dei Conti è emblematico. Sono in crisi tutte le forme di vigilanza liberale del potere. D’altronde c’è chi è arrivato perfino a sostenere che l’unica legittimazione del potere politico è la semplice vittoria elettorale mentre il principio fondamentale dello Stato di diritto è che tutti i poteri dello stato – anche quelli elettivi – sono subordinati appunto al diritto, che è un concetto molto più ampio del semplice voto popolare e della stessa legge. Insomma, ci sono enormi rischi di involuzione autocratica. E una magistratura che denuncia simili rischi non fa una invasione di campo.
    Perchè denunciare pericoli così gravi vuol dire solo non abdicare alla nostra coscienza critica di uomini liberi e portare almeno un contributo di ragionevolezza tecnica. Prima che sia troppo tardi.