sabato 2 aprile 2011

L'allarme del Quirinale "Così non si va avanti"

Il livello di allarme ha superato ogni limite. Lo scontro tra maggioranza e opposizione rischia di paralizzare l'attività del Parlamento. Il percorso del governo diventa sempre più accidentato. Giorgio Napolitano è appena tornato dal suo viaggio degli Stati Uniti. E subito deve fare i conti con una situazione politica incandescente. La rissa alla Camera con il ministro della Difesa la Russa a far da protagonista. Il blitz della maggioranza per l'ennesima legge ad personam a favore del Cavaliere. L'emergenza immigrati che sta mettendo a repentaglio l'immagine del Paese. Il capo dello Stato è preoccupato. Avverte che il quadro rivela aspetti di gravità senza precedenti.

Chiama al Quirinale tutti i capigruppo e senza giri di parole gli spiega che così non si può andare avanti. Lo fa rispettando il suo ruolo istituzionale. Non vuole forzature. Tant'è che prima di tutto avverte il suo interlocutore diretto a Palazzo Chigi: Gianni Letta. Il sottosegretario viene informato della intenzione di svolgere una "ricognizione diretta". Una procedura "istituzionale" ma inevitabile. Ieri quindi l'incontro con gli esponenti del Pdl, poi con quelli del Pd e infine con quelli dell'Udc. Sfilano Cicchitto, Franceschini con la Finocchiaro, Casini con D'Alia. Oggi, invece, sarà il turno della Lega e di Futuro e libertà.

Una convocazione in tempi rapidi, segno che la preoccupazione sul Colle ha toccato punte altissime. Per Napolitano, del resto, non si tratta di una semplice udienza. Le
sue parole non sono mirate solo a comprendere lo stato dei rapporti politico-parlamentari alla Camera e al Senato. Stavolta il presidente della Repubblica vuole avvertire che un clima di questo tipo è dannoso per tutti. Richiama al "senso di responsabilità". Anche se nei tre incontri svoltisi nello studio Alla vetrata, i toni sono ben diversi nei confronti dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione. Proprio a New York, il capo dello Stato aveva rinnovato un invito alla responsabilità e al dialogo sulle riforme, a cominciare dalla giustizia. Appelli ignorati.
La scenata di La Russa a Montecitorio è stata quindi la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Uno spettacolo indecoroso che per il Quirinale rappresenta in questa fase la prova che così non si può più andare avanti. Cresce il timore che l'esecutivo in questo contesto navighi a vista, nell'impossibilità di affrontare le emergenze: a cominciare da quella che il ministro degli Interni Maroni ha definito l'"esodo di immigrati" fino alla gestione del conflitto libico e all'urgenza che ancora minaccia l'Europa alla luce del pericolo-bailout per il Portogallo. Il capogruppo del Pdl Cicchitto prova a sdrammatizzare e a riversare le colpe sull'opposizione. Ha fatto riferimento all'"aggressività delle manifestazioni di piazza". Ma le argomentazioni non convincono Napolitano.

Sul Colle hanno ancora ben presente i recenti incontri con i rappresentanti del governo sulla riforma della Giustizia e le garanzie fornite sul dialogo e sull'intenzione di non procedere con colpi di mano. Così come non è sfuggita la reazione avuta dal sottosegretario agli Interni Mantovano dopo la decisione del Viminale di trasferire a Manduria, in Puglia, da Lampedusa oltre tremila immigrati. Senza trascurare le indecisioni sulla linea da tenere su Gheddafi e le differenze con la posizione della Casa Bianca emerse proprio durante il suo viaggio negli Stati uniti. Tutti elementi, insomma, che stanno facendo impennare la tensione.
Nei colloqui non è mai stata evocata esplicitamente la possibilità delle elezioni anticipate. Eppure tutti i capigruppo hanno avuto la sensazione che i discorsi di Napolitano fossero simili a quelli messi nero su bianco lo scorso 12 febbraio scorso. Quando la presidenza della Repubblica fu costretta a rilasciare una nota ufficiale per esortare a "uno sforzo di contenimento delle tensioni in assenza del quale sarebbe a rischio la stessa continuità della legislatura".

E in effetti che tutto possa precipitare improvvisamente è diventata di nuovo un'eventualità che nell'agenda di Palazzo Chigi ha preso piede. Berlusconi è infuriato. Ce l'ha con La Russa e con Cicchitto. È scoraggiato per la gestione dei lavori parlamentari. ma vuole andare avanti. "Possiamo arrivare fino alla fine, a Montecitorio supereremo quota 330". Eppure, sebbene il suo progetto primario sia questo, la subordinata sta cominciando a rispuntare. "Se dobbiamo fare figuracce come queste - si è sfogato ieri - allora meglio andare a votare a ottobre". Dopo aver incassato il conflitto di attribuzione sul processo Ruby e la prescrizione breve. Del resto, ammettevano i capigruppo del Pdl dopo l'incontro al Quirinale, "è chiaro a tutti che se le aule di Camera e Senato fossero sempre così, non si potrebbe andare avanti". Ma proprio in vista di questi due appuntamenti, il clima diventerà infuocato. E le manifestazioni di piazza si moltiplicheranno. E il centrosinistra si appresta a scendere in piazza martedì e mercoledì prossimi davanti a Montecitorio per contestare le ultime leggi ad personam della maggioranza. 

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