domenica 12 agosto 2012

Debito in comune, l’offensiva della Spd

Offensiva della Spd sul fronte della mutualizzazione del debito europeo. Dopo il presidente del partito Sigmar Gabriel e il capogruppo al Bundestag Franz-Walter Steinemeier ieri ha preso posizione a favore di misure di condivisione del debito anche Peer Steinbrück, ex ministro delle Finanze nella grosse Koalition. Così tutti e tre i possibili candidati socialdemocratici alla cancelleria per le elezioni dell’autunno 2013 sostengono la necessità che la Repubblica federale accetti di mettere i conti in comune. Pur se a breve termine ciò può voler dire maggiori pesi finanziari per Berlino, sui tempi lunghi è l’unica strada se si vuole evitare che alla fine la crisi dell’euro si abbatta anche sulla Germania, dove produrrebbe effetti devastanti. Steinbrück ammette che le proposte socialdemocratiche sono «controcorrente» perché la maggioranza dei tedeschi è contraria alla mutualizzazione (54% contro il 31% secondo un sondaggio recente) e anche fra l’elettorato della Spd i dubbi prevalgono. «Le nostre proposte avranno vita difficile», ha ammesso ieri Steinbrück, il quale ha aggiunto, però, che anche nello schieramento dei duri e puri sulla linea del rigore i dubbi stanno crescendo: «Presto la cancelliera Merkel si troverà in grosse difficoltà», specialmente se dovrà presentarsi al Bundestag con richieste di maggiori contribuzioni tedesche per tenere nell’euro la Grecia e aiutare la Spagna. Quanto agli insulti che sono venuti dalla Fdp e dalla Csu alla proposta di Gabriel, stigmatizzata come “socialismo dei debiti”, l’ex ministro delle Finanze ha fatto notare che da quando esistono i fondi di protezione esiste di fatto una condivisione del debito. «L’Europa – secondo Steinbrück – è di fronte a una alternativa decisiva: o gli Stati cedono più sovranità all’Europa stessa oppure si va a una rinazionalizzazione, che per la Germania, Paese che prospera con le esportazioni, sarebbe un esito fatale». La soluzione dell’Unione politica richiede, ovviamente, tempi abbastanza lunghi. Intanto, nel breve periodo, si può ricorrere a strumenti di emergenza, come l’acquisto di titoli sul mercato secondario da parte della Bce e il risanamento del mondo bancario, con l’istituzione di meccanismi di controllo comuni.
Le proposte di forme di condivisione del debito, dagli eurobond al Redemption fund alle licenze bancarie per i fondi di stabilità, sono intimamente legate, nell’ispirazione socialdemocratica, al passaggio all’Unione politica. Una entità federale al di sopra degli stati risolverebbe automaticamente il problema dei controlli da imporre in cambio di eventuali aiuti. Insomma, un balzo in avanti dell’integrazione politica toglierebbe dal tavolo l’oggetto dei contrasti più duri a proposito della strategia anticrisi attuale. Non ci sarebbe bisogno di memorandum e di trojke, perché tutti controllerebbero tutto. Premessa per riprendere il cammino verso l’Unione politica è una modifica della Costituzione tedesca nelle parti che escludono la possibilità di cessioni di sovranità. Per questo Gabriel individua lo strumento del referendum popolare che, pare di capire, piace anche agli altri due possibili candidati socialdemocratici alla cancelleria.
Intanto, l’idea di ricorrere alla consultazione dei cittadini va facendosi strada anche a destra, oltre che a sinistra. I più favorevoli sembrano proprio i protagonisti della fronda che ha tolto alla cancelliera i numeri della “sua” maggioranza. È la prova di come nell’idea del referendum convergano due propositi molto diversi tra loro: quello di chi ritiene che nella consultazione i tedeschi voterebbero in maggioranza per mantenere lo status quo, liquidando ogni ipotesi di condivisione del debito, e quello di chi pensa che sarebbe l’occasione buona per convincere i cittadini che soltanto l’approfondimento dell’integrazione potrebbe far uscire l’Europa dalla crisi della moneta unica.
L’esempio greco
Nel frattempo c’è da gestire l’emergenza greca. Il ministro degli Esteri Guido Westerwelle, ieri, è tornato agli argomenti ai quali il governo tedesco fa appello da mesi. La Grecia non deve uscire dall’euro, ma il governo di Atene deve attuare «con molta serietà, impegno e affidabilità» le misure indicate da Ue, Fondo monetario e Bce. Non ci può essere una «deflessione sostanziale» dagli accordi sulle riforme. L’uso dell’aggettivo “sostanziale” , a voler essere ottimisti, fa pensare che forse il ministro vede qualche possibile margine di rinegoziazione, magari sui tempi con cui rispondere alle richieste della trojka. Westerwelle, comunque, se l’è presa con il ministro bavarese delle Finanze Markus Söder che giorni fa aveva invitato la Repubblica federale a «dare l’esempio» agli altri Paesi in difficoltà con il debito lasciando cadere la Grecia fuori dall’euro. L’idea di usare un Paese come “esempio” per gli altri è una volgare sciocchezza: «Pensate come verrebbe accolta in Germania se qualcuno la proponesse per noi».

Nessun commento:

Posta un commento