giovedì 27 gennaio 2011

Così ho pianto davanti Auschwitz

Lettera di un ragazzo dopo la visita ad Auschwitz
Mi rendo conto di essere stato veramente fortunato ad aver fatto questo viaggio. Si scherza, si ride, si gioca quando l’aereo atterra sulla pista dell’aeroporto di Cracovia, si parla delle cose più effimere e leggere… leggere come il primo giorno trascorso per le strade di una bella città, cogliendone il ritmo, le abitudini, i simboli (pioggia compresa). Ma quando si esce dalla sinagoga ci si accorge quanto sono diverse le interpretazioni, le etnie della memoria. È logico e bello che sia così. Siamo uomini che pensano, giudicano, criticano, interpretano, prima di considerare tutte quelle magnifiche facoltà che possediamo. Ognuno di noi ragazzi avrà vissuto questa esperienza in maniera diversa. Ma tutti abbiamo visto con l’occhio l’impossibile, l’abbiamo toccato con mano, l’abbiamo respirato, l’abbiamo percorso camminando sulle molli traversine di legno madido d’acqua dei binari che costeggiano la “Juden rampe” a Birkenau, l’abbiamo sentito attraverso la voce tremante di Piero, attraverso quella decisa di Shlomo, attraverso quella simpatica e familiare di Mario e Giuseppe, ma anche attraverso quella singhiozzante e interrotta dal pianto di chi ci stava vicino mentre assistevamo alle testimonianze. Mi sono sentito schiacciare dal peso dei capelli, entrando in quella sala, sono dovuto uscire, ho pianto bagnando l’oculare della mia macchina fotografica. Ho pianto bagnando lo spioncino della porta di una delle tante celle nei sotterranei, ho pianto bagnando un fango che è stato già bagnato da troppe lacrime e da troppo sangue. Mi sono sentito circondato dalle urla strazianti dei gasati mentre ascoltavo Shlomo guardando solo tante macerie. Ho sentito i peli rizzarsi avvicinandomi al filo spinato, avevo la nausea dentro la piccola camera a gas di Auschwitz. Ho pianto dentro di me, e piango ora mentre scrivo queste memorie, e mi chiedo come possano i testimoni parlare delle loro memorie con la loro vitalità e la loro speciale capacità di non abbandonarsi mentre raccontano ciò che hanno vissuto. Io, che questa tragedia l’ho vista sfilare lontano nel mio specchietto retrovisore, e per fortuna mi ha sfiorato solo perché correvo tanto veloce, ho avuto paura a guardarla negli occhi. Non posso giudicare lo sterminio,è impossibile giudicare l’impossibile, l’importante è non abbandonarsi, questo mai, all’indifferenza.

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