martedì 22 marzo 2011

Da amici a traditori, dai baciamano ai raid aerei. . Intervista a Di Pietro


Sembra passata una vita ma sono trascorsi appena due mesi da quando Silvio Berlusconi, in occasione della firma del Trattato di amicizia italo-libico, riceveva il leader Muammar Gheddafi nella Capitale, riservandogli fastosi omaggi e un’abnegazione quasi imbarazzante per un presidente del Consiglio e per gli stessi italiani. Nessuno dimentica che quel Trattato, votato da quasi tutte le forze politiche tranne dall’IdV e pochi altri, stabilisce una reciproca difesa dei territori tra l’Italia e la Libia. Un’amicizia ostentata e poi schiacciata con la velocità della luce e già i nostri caccia e Tornado hanno preso il volo e hanno colpito Tripoli. E ancora non sappiamo chi è rimasto sotto quelle bombe. Allo stesso modo, il ministro degli Esteri,Frattini, che il 18 gennaio scorso, aveva addirittura definito il Colonnello Gheddafi, un modello di riformismo arabo, ora si appresta a congelare i suoi beni.
Non che sia considerato reato cambiare idea, ma qual è la posizione del governo in questa guerra? Insomma, si passa da un eccesso all’altro. Chiaro sintomo di una politica estera improvvisata e sempre supina alle altre potenze. Prima agli ordini di Gheddafi e poi dell’asse composto da francesi e inglesi che, man mano che passano le ore, si dimostrano sempre più interventisti, interpretando a proprio piacimento modalità e condizioni del mandato ricevuto dall’Onu attraverso la risoluzione 1973. Ieri, l’exploit di questa schizofrenia si è tradotto con le dichiarazioni del ministro della Difesa che ha affermato: “Non è intenzione dell’Italia di mettere caveat al proprio intervento”. In altre parole La Russa dice: non porremo limiti. Che per i nostri promotori guerrafondai vuol dire: piatto ricco mi ci ficco!.
Chiediamo che il governo, invece di blaterare a reti unificate, ponga subito la questione in Parlamento e chiarisca la sua posizione. Qualunque passo in più va affrontato nella sede preposta, ossia il Parlamento. Non esistono scorciatoie. Non bisogna andare oltre il mandato Onu, né interpretarlo a proprio uso e consumo.

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