domenica 19 agosto 2012

Gesù, un ribelle politico?

Sono tante le ipotesi sulla figura ''storica'' di Gesù. Tante, forse troppe, alcune pericolose, altre strampalate, altre ancora semplicemente grottesche e incredibili. Sulla forte valenza politica della figura di Gesù, però, sono d'accordo in tantissimi e lo studio della situazione mediorientale dell'epoca per quanto riguarda l'aspetto geopolitico, invita con molta facilità ad una interpretazione  che va proprio in questo verso. Plausibile diventa allora vedere in Gesù un possibile leader politico, un rivoluzionario, un'agitatore, insomma, una figura che aderisce bene a tutti quei discorsi che parlano la lingua della politica passata e recentissima.
Di seguito riportiamo una di queste ipotesi, con la speranza di accendere la vostra riflessione e solo quella, perché di riflettere oggi ce ne tanto bisogno, forse più che in ogni tempo...
    



Gesù, un ribelle politico?
del Rev. William E. Alberts * 
(Fonte: Counterpunch - Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media)

La vera cospirazione attorno alla figura di Gesù non riguarda l'occultamento del suo matrimonio con Maria Maddalena, bensì la sua teologica trasformazione in ''sposo''della Chiesa cristiana (Marco 2: 18-22). Gesù era ebreo, non cristiano. La sua morte non è avvenuta per fare sì che tutti i credenti potessero ricevere vita eterna, ma per liberare gli ebrei dall'occupazione di Roma nella sua terra. La sua crocifissione non ha significato la resurrezione dei morti, piuttosto la rianimazione dei vivi. Il suo sacrificio non ha riguardato paradiso o inferno per tutti coloro che verranno, ma liberazione e rinascita per il popolo ebreo in questa vita. Il grande complotto sta nel fatto che l'antica Chiesa cristiana ha trasformato il modello di liberazione di Gesù da uno stato oppressivo ad una condizione che si conformasse allo Stato.
E' meno rischioso oggi rispetto al passato credere che Gesù sia morto per i peccati del mondo piuttosto che unirsi nel cercare di liberare lo stesso mondo dai peccati politici, corporativi e militari che negano agli individui il proprio diritto alla libertà e al benessere. E' meno rischioso perché molte confessioni cristiane hanno permesso a se stesse di essere integrate, ''benedette'' ed elette dallo status quo dominante. Il vero inganno di cui si è resa protagonista la cristianità tradizionale è l'aver reinterpretato la salvezza come questione individuale, lontano dalle realtà istituzionalizzate politiche ed economiche che determinano in larga misura chi, usando le parole del Vangelo di Gesù, potrebbe realmente ''avere la vita, e averla in abbondanza'' (Giovanni 10:10).

Ironicamente, lo stesso Gesù sembra rappresentare la più grande minaccia per le Chiese cristiane: in particolare, il suo ''pericoloso'' modello di intervento - il dire la verità alle strutture di potere ed esprimere ciò attraverso i fatti - nell'esclusivo interesse delle persone oppresse. Questo rischio sembra in parte stare alla base della più ingannevole cospirazione perpetrata dalla cristianità istituzionalizzata: ovvero, consacrare Gesù allo scopo di paralizzare il suo pericoloso modello di liberazione. Trasformare la sua croce in un'effigie da venerare annulla la minaccia che la croce stessa pone come modello. Un'indiretta identificazione con la sua lotta potrebbe essere sostituita da un coinvolgimento in attuali lotte etiche simili dei nostri giorni.Qui il potere sta nella preghiera. L'imponenza nella statua. Il diritto nel rito.
La richiesta personale del salvare la propria anima per l'eternità sostituisce il più altruista e impegnativo dei comandamenti, quello dell'amare il prossimo tuo come te stesso. Un principio di redenzione personale potrebbe anche impedire di capire come le proprie benedizioni istituzionalizzate possano diventare una maledizione lanciata da qualcuno a spese di qualcun'altro.
Un ulteriore ''rischio'' per il prossimo sta nel fatto che un unico vero e solo salvatore del mondo attrae le persone insicure. Il bisogno di queste ultime di assoluta certezza e rettitudine, e la loro intolleranza verso l'ambiguità, le differenze e la complessità, incoraggia e razionalizza il potere sugli altri e la dominazione degli stessi. Si è venuta a creare un'altra cospirazione: l'oppressione del proprio prossimo in nome della stessa persona la cui missione era quella di liberare un popolo. Tali cospirazioni, tutte, dipendono da come viene riscritta la storia.



La necessità tipica degli antichi cristiani di trascendere la realtà della croce li ha evidentemente portati a cancellare la storia. La realtà storica è che gli ebrei hanno subito una brutale oppressione sotto l'occupazione romana, e che Gesù era semplicemente uno dei tanti profeti messianici crocifisso secondo lo stile dell'impero per ragioni di insurrezione politica. La sua morte non è avvenuta per fare in modo che tutti i credenti potessero ereditare vita eterna, ma per liberare gli ebrei dall'occupazione di Roma nella proprie terre - che aveva violato la loro sovranità nazionale, occupato il loro paese e crocifisso migliaia di ebrei ''rivoltosi'' e astanti. Il credere nel Messia si fondava non in paradiso, ma sulla terra: sovranità nazionale, libertà e pace.
Da quel che si dice, Gesù considerava la sua come una missione caratterizzata da una dimensione politica fondamentale. Era ''consacrato... per annunziare ai poveri un lieto messaggio... [e] per rimettere in libertà gli oppressi'' (Luca 4:18). Come Paula Fredriksen, storica del Nuovo Testamento, scrive nel suo ''From Jesus to Christ''(lett. ''da Gesù a Cristo'' - NdT), Gesù ha condiviso un primo secolo di consenso ebreo ''su ciò che era religiosamente importante: il popolo, la Terra, Gerusalemme, il Tempio e la Torah... La situazione politica era di interesse religioso perché'', come la Fredriksen ha ripetutamente notato, ''il Giudaismo non tracciò una distinzione tra le due sfere: una forza di occupazione idolatra ha posto un problema religioso''.
Il potere di occupazione di Roma, a sua volta, vedeva Gesù come un problema politico, e prontamente l'ha crocifisso dopo la sua ''trionfante'' entrata in stile messianico a Gerusalemme in occasione della Pasqua ebraica. Un'iscrizione venne posta sulla sua testa: ''Questi è il re dei Giudei'' (Luca 23:38). 

La missione di Gesù era quella di conferire potere al popolo, non imporglielo - un altro aspetto etico del suo modello stravolto nei secoli dai costruttori del regno cristiano evangelico. Assieme ai propri discendenti, questi hanno dichiarato di rispondere alla chiamata di un Cristo risorto, un Gesù risorto che apparve agli undici discepoli e disse loro: ''Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato'' (Matteo 28: 16-20). Non importa che la Santa Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo corrisponda a una formulazione cristologica dell'antica Chiesa cristiana creata molto dopo che Gesù e i suoi discepoli erano vissuti.
Gli antichi cristiani hanno stravolto la storia per porre un Gesù risorto sui propri piedi - e dargli delle gambe. L'hanno trasferito da un regno politico ad uno teologico per sopravvivere e prosperare nel mondo romano.
Gli ebrei credevano in un Messia vivente e non risorto. Il vero Messia li avrebbe salvati dalla dominazione romana, avrebbe ristabilito la loro sovranità nazionale e la loro libertà. Quindi, per la maggior parte degli ebrei, qualsiasi fede in Gesù come Messia è venuta meno dopo che la loro oppressione è andata avanti negli anni dopo la sua crocifissione. La loro continua lotta contro l'occupazione di Roma si conclude con una violenta insurrezione tra il 61 e il 73, una rivolta che ha visto Roma distruggere Gerusalemme, massacrare più di un milione di ebrei e schiavizzare e imprigionare decine di migliaia di persone. (Christians and Anti-Semitism: A Calendar of Jewish Persecution).
Gli antichi seguaci di Gesù hanno trovato più sicuro dissociarsi dai disprezzati ebrei e perseguitati dai romani. Meno rischioso reinterpretare la messianicità di Gesù in termini teologici ed evangelici anziché in quelli politici ed istituzionali. Meno rischioso appellarsi ai pagani, dato che la sopravvivenza degli antichi seguaci fa scorta della diffusione di un Vangelo cristiano ai romani, il Vangelo di un Messia risorto e salvatore del mondo, la cui resurrezione miracolosa prova, piuttosto che negare, il suo essere il Messia e il solo Figlio di Dio. Pertanto, i suoi seguaci abbracciano l'unica vera religione nel palmo della propria fede.

La conversione di Gesù da ebreo a cristiano è vista nel suo dissociarsi dal Giudaismo e accogliere le preghiere dei romani. Questa distorsione della realtà storica coinvolge anche l'attribuire la colpa della crocifissione di Gesù agli ebrei, anziché ai romani. L'anti-semitismo nel Nuovo Testamento è visto nell'ipotetico crudele prefetto romano Ponzio Pilato, angosciosamente solidale ad un sedicente liberatore degli ebrei dalla confessione romana, e nell'atto drammatico di Pilato di lavarsi le mani della responsabilità per la morte di Gesù - anche se era egli stesso ad avere il potere di vita e di morte su quest'ultimo (Giovanni 19:10).
La distorsione della realtà storica è anche riscontrabile nel fatto che gli ebrei sono etichettati come ''assassini di Cristo''. Una moltitudine, eppure insicura, Pilato che cede al ''volere'' di sacerdoti soggiogati e impotenti, ufficiali religiosi del popolo ed altri ebrei che ripetutamente gridano:''Crocifiggetelo!'' (Marco 15: 12-16). Dipingere l'Impero Romano in maniera così positiva nei libri del Nuovo Testamento, scritti dai 50 ai 100 anni dopo l'episodio, può aver favorito l'evangelizzazione dei romani da parte degli antichi seguaci di Gesù, ma ha gettato un tremendo anatema sul popolo ebreo. Così nelle bocche dei loro discendenti oppressi: ''Il suo [di Gesù] sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli'' (Matteo 27:25).
Circa 300 anni più tardi, l'evidente conversione dell'Imperatore Romano Costantino ha portato la Cristianità non solo ad essere riconosciuta, ma anche a godere dei favori dello Stato. Alla fine, la persecuzione e il martirio dei cristiani è cessato, ma non quello degli ebrei. La costante oppressione di questi ultimi è suggerita dal fatto che Costantino abbia sostenuto la separazione della Pasqua cristiana da quella ebraica. Egli definì gli ebrei ''totalmente depravati'' e ''assassini di nostro Signore'', e ha scritto: ''E' sembrato indegno che nella celebrazione di questa festa, tra le più solenni, dovessimo seguire il rito degli ebrei, che si sono empiamente sporcati le mani con enormi peccati e sono, quindi, meritatamente afflitti da cecità d'animo... cerchiamo di non avere nulla in comune con la detestabile folla ebrea poiché abbiamo ricevuto dal nostro Salvatore una strada diversa''. (Eusebio, Vita di Costantino, Vol. III Capitolo XVIII [1]) (Constantine 1 (emperor) - Wikipedia, the free encyclopedia).
''Abbiamo ricevuto dal nostro Salvatore una strada diversa?'' Da ebreo liberatore a cristiano salvatore. I cristiani oppressi sono stati legittimati ed accettati dallo Stato, e, nel nome di Gesù, si sono uniti allo Stato nell'opprimere gli stessi discendenti di coloro che Gesù ha cercato di liberare dallo Stato. Questa è la cospirazione che è tutt'oggi in atto.

 NuoviMondiMedia

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