lunedì 7 marzo 2011

Gli arabi si battono per la democrazia? Noi stiamo a guardare

Wikio

risponde Gianni Riotta


Gentile direttore, la democrazia non si esporta con la forza? Le chiedo come è stata allora esportata in Germania, Giappone e nella fascistissima Italia. Diciamo piuttosto che non si esporta solo con la forza, ma l'hard power serve. Quello che manca non è l'hard ma il soft power delle diplomazie occidentali, in primis europee. Ma i giovani popoli arabi hanno forse capito il chiaro messaggio di George W. Bush: se non lo fate voi, il lavoro lo farò io e quando non ci sarò più io qualcun'altro. Magari un Premio Nobel...
Luigi Pelizzo
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Caro Pelizzo, mai avere ragione troppo in fretta nella vita, si prendono un sacco di botte. Beninteso Bush sbagliò a intignare con una guerra unilaterale, condotta contro il piano delle forze armate e tralasciando l'esempio, che in democrazia è sempre il miglior maestro. Ma che si potesse arrivare alla pace in Medio Oriente solo con la maturità democratica degli arabi era strategia giusta e ora se ne vedono gli effetti. Chi allora non cedette al cinismo dei Soloni che "la sanno lunga", venne aspramente criticato. Non se ne curi, capita sempre. Il cinismo è carburante che brucia in fretta e porta poco lontano. La speranza si accende con lentezza, ma alla lunga funziona meglio. Peccato per il silenzio dei "pacifisti": ma dove sono mentre Gheddafi bombarda il suo popolo? In week end temo.

Economia al primo posto
Gentile direttore, l'annunciata ripartenza dell'economia è rimasta uno slogan che è già dimenticato, mentre i problemi come la bassa crescita e la disoccupazione giovanile sono rimasti inalterati. Sinceramente a me interessa poco l'attività ricreativa del premier e i suoi procedimenti legali, ma vorrei al contrario che le questioni economiche restassero prioritarie nell'agenda del governo. Invece si ripete continuamente che la riforma della giustizia è fondamentale. Tuttavia senza risorse finanziarie non si può amministrare decentemente nemmeno la giustizia, e prima di pensare alle riforme di altri settori bisognerebbe aver presente la condizione economica.
Lettera firmata

Qui serve una scossa
Gentile direttore, da mesi non si fa altro che leggere apprezzamenti sul conto del ministro dell'Economia Tremonti per come sia riuscito a tenere a bada i conti pubblici in un periodo di grave crisi come quella che l'intera economia mondiale ha attraversato in questi anni. Al ministro però tutti, soprattutto le opposizioni ovviamente, rimproverano di non aver o di aver fatto troppo poco per lo sviluppo. Il nostro è un paese che non cresce. La domanda che mi pongo io allora è: è possibile che il super ministro, e chi gli sta attorno, con le sue conoscenze e il suo sapere non abbia una strategia per uscire da questa impasse? Tra poco più di un anno si parlerà ovviamente di elezioni, salvo non accada prima considerato il clima politico, e la popolazione darà molto più peso a questo aspetto, che tocca il proprio benessere personale, e meno alle riforme della giustizia, del federalismo e altro ancora che, seppur importanti, stanno a cuore al governo. Il nostro debito pubblico è così enorme da impedire a chiunque sieda in quel ministero di approntare politiche che diano davvero una scossa all'economia? Mi sembra strano 
che lo sviluppo sia così marginale nell'agenda di chi ci governa. 
È possibile o no dare questa scossa? Oppure le difficoltà sono davvero insormontabili?
Luigi Stefanopoli 
Nuoro

Il Memoriale per i caduti di pace
Gentile direttore, complimenti per l'impegno dedicato alla causa dei morti in guerra per la pace. So di sembrare melenso, ma in certi casi, nei pochi in cui personalità pubbliche mostrano tale onestà intellettuale e distanza dall'opportunità politica, mi pare necessario spendere qualche complimento. Grazie.
Ennio Emanuele Piano 
email

Basilicata d'autore
Gentile direttore, splendida la pagina dei "Centocinquant'anni d'Italia" dedicata alla Basilicata. Saluti dal Vulture.
Avv. Gennaro Grimolizzi
Barile (PZ)

Le firme per le liste
Gentile direttore, di quando in quando torna a galla la faccenda delle firme di presentazione di liste elettorali ormai storiche. I magistrati hanno la funzione di applicare la legge, non di farlo pedissequamente. Scopo della legge sulla presentazione delle liste elettorali era quello di impedire la loro proliferazione. Più ragionevole sarebbe abolire la regola del numero delle firme di presentazione e riferirsi al numero dei voti raccolti in quella determinata circoscrizione da ciascuna lista. Se il partito che ha presentato la lista nelle passate elezioni ha ottenuto centinaia di migliaia di voti, che senso ha pretendere che i presentatori siano in numero non inferiore a una certa quota minima e comunque irrisoria rispetto agli elettori di quel partito? 

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