lunedì 17 gennaio 2011

Investimenti: quale strategia per il futuro?

di Andrea Modena


Anche il  2010 si è concluso con soddisfazione per gli investitori con una “normale” propensione al rischio e con portafogli ben diversificati: la crescita dei mercati azionari di tutto il mondo (Italia purtroppo esclusa) e delle principali materie prime, ha più che compensato gli scarsi risultati ottenuti da chi ha investito soltanto in bond governativi dell’area euro, ricercando una sicurezza ormai effimera.

Tali risultati, insieme a quelli del 2009, non vorrei che facessero tuttavia dimenticare una questione importante: il mercato azionario, in particolare quello americano, è molto probabilmente ancora inquadrato in un bear market secolare iniziato nel 2000. Il metodo più utile per individuare i cicli bull e bear secolari del mercato azionario (si vedano in proposito gli studi di Robert Shillerhttp://www.econ.yale.edu/~shiller/data.htm), è utilizzare una serie di indicatori congiuntamente. Ci si riferisce all’indice S&P 500 corretto per l’inflazione, il P/E e il dividend Yield dello stesso indice ed infine il trend dei tassi di interesse.

Il P/E rappresenta sostanzialmente il prezzo che gli investitori sono disposti a pagare per gli utili aziendali futuri ed il dividend Yield il rendimento dato dallo stacco dei dividendi rispetto al prezzo del titolo.  Lo studio è evidenziato nel grafico che segue:


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Come si può notare, nell’ultimo secolo si sono alternate fasi positive e negative della durata media di circa 18-20 anni, durante i quali, all’euforia delle fasi finali  toro, si sono alternati lunghi momenti nei quali gli eccessi sono stati “ripuliti”.
Come si può notare, l’ultima fase di rialzo “secolare”, iniziata nel 1982 (P/E intorno a 6 e dividend yield intorno a 6,5%), è terminata nel 2000 (P/E intorno a 44 e dividend yield intorno all’1%).

Alla fine delle fasi di rialzo prolungato, l’investitore normalmente perde di vista i rischi e sopravvaluta gli utili futuri delle società quotate; viceversa, nei lunghi periodi di ribasso, si arriva al momento nel quale tutti gli eccessi vengono spazzati via con momenti di forte panico, fino a quando non ci si rende conto che il futuro sarà più roseo di quanto si pensava fino a qualche tempo prima. E’ in  questo periodo che si gettano le basi per un nuovo  secular bull market..
E’ bene inoltre rilevare che, durante ogni fase prolungata di ribasso, sono state necessarie 4-6 recessioni più o meno forti per ripulire il mercato dagli eccessi precedenti.

La questione dunque che ci interessa studiare è: a che punto siamo ora?

Le recessioni importanti sono state fino ad ora due, quella del 2000 (bolla della New economy) e quella recente del 2008 (crisi subprime). Il P/E sugli utili 2010 della borsa americana è oggi intorno a 20, mentre il dividend yield è attorno all’ 1,15%: i due valore sono ben lontani dall’indicare che tutti gli eccessi siano stati eliminati. Tuttavia, se consideriamo anche il tasso free risk di breve e lungo termine del mercato americano, oggi rispettivamente intorno allo 0,3% e al 3,5%, non sembra che le azioni Usa in questo momento siano particolarmente sopravvalutate.

Ma purtroppo ciò non è tutto: è abbastanza probabile che i tassi di interesse possano salire (e non poco) nel medio lungo termine e, se ciò avverrà, le valutazioni appena fatte dovranno essere modificate (in peggio) di conseguenza. Ricordiamo inoltre che i problemi strutturali che hanno portato ed accompagnato la crisi subprime, sono lungi dall’essere svaniti: resta il problema della scarsa trasparenza nell’utilizzo degli strumenti derivati, degli elevati debiti pubblici, del mercato immobiliare americano ed inglese che non sembrano volersi riprendere, e della forte disoccupazione, che non aiuta certo a far aumentare la domanda aggregata.

Lo scenario delineato porta dunque a fare due considerazioni di ordine pratico, con gli occhi dell’investitore accorto.
La prima considerazione: il metodo di investimento “compra e tieni”, che ha molto senso durante i periodi di crescita ventennali sopra descritti, può diventare deleterio in periodi come quello che stiamo vivendo dal 2000 ad oggi: chi, fino al 2000, si sentiva “un fenomeno della borsa”, dal 2000 in poi lo ha già capito a proprie spese.

La seconda: l’investitore poco propenso al rischio, che si è sempre rifugiato nel reddito fisso, se effettivamente i tassi di interesse saliranno per un tempo prolungato, patirà assai nei prossimi anni.

La soluzione in ottica strategica di lungo periodo dovrà dunque essere sostituita da un approccio più dinamico degli investimenti, con particolare attenzione alle diverse fasi del ciclo economico, quello tipicamente della durata di 4- 5 anni per intenderci, e per ogni fase effettuare le scelte  di volta in volta più opportune.

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