martedì 18 gennaio 2011

stavolta Silvio non può sfuggire al processo

Stavolta l’impresa è davvero difficile.
Questa volta per Silvio Berlusconi i guai giudiziari sono serissimi. Trovare una scappatoia lo metta al riparo dalla condanna di concussione e di sfruttamento della prostituzione è molto difficile. Non c’è legge ad personam che tenga. Non c’è articolo del codice di procedura penale o della Costituzione che possa scudare il premier.
INCHIESTA A MONZA? – In questo senso le argomentazioni degli uomini più vicini al Cavaliere valgono come un disperato tentativo di arrampicarsi sugli specchi. Ieri a Porta a Porta, ad esempio, il ministro Mariastella Gelmini e il capogruppo Pdl al Senato MaurizioGasparri – sulla scia dei legali berlusconiani Ghedini e Longo -hanno parlato di inchiesta da trasferire a Monza e di mancata trasmissione degli atti al Tribunale dei Ministri.
NIENTE TRIBUNALE DEI MINISTRI – Non è un caso che ciò non sia avvenuto. Innnazitutto, secondo l’articolo 16 del c.p.p., “la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave”. E dil reato più grave è quello di concussione, quello – per intenderci – relativo alla telefonata in Questura con la quale Berlusconi ha provato, riuscendoci, a far affidare l’allora minorenne Ruby alla consigliera regionale del PdL Nicole Minetti. In secondo luogo l’art. 96 della Costituzione prevede il trasferimento di atti al Tribunale dei Ministri solo nel caso un rappresentante del governo venga indagato per reati commessi “nell’esercizio delle sue funzioni”. Non è il caso di Berlusconi.
VIETATO SCAPPARE – Per il presdiente del Consiglio si chiude anche la strada del ricorso allegittimo impedimento. La sussistenza dei motivi, infatti, sarà valutata dal pm – lo ha appena stabilito la Consulta – e qualora lo ritenga necessario potrà fissare una nuova data. Ghedini e Longo pensano di ricorrere a questo escamotage, infatti, esclusivamente per prendere tempo. E a poco possono tornare utili i numeri favorevoli di cui può godere il Cavaliere a Montecitorio e Palazzo Madama. La Giunta del Parlamento – lo stabilisce l’art. 68 della Costituzione – può impedire la “perquisizione personale o domiciliare”, l’arresto o altre privazioni della libertà personale, ma non può affatto impedire lo svolgimento del processo. Altro pericolo per Berlusconiè il rito abbreviato (art. 453 del c.p.p.). Può essere chiesto dal pm “se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quale emerge l’evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l’osservanza delle forme indicate nell’articolo 375 comme 3, la stessa abbia omesso di comparire”.
LA STRATEGIA DI GHEDINI – Se il premier dovesse ricorrere al legittimo impedimento, evitando di presentarsi all’interrogatorio previsto tra venerdì e domenica, ed anche a nuove date previste dalla procura, i pm invieranno ilf ascicolo al gip, che avrà, a quel punto, 5 giorni per decidere: respingere la richiesta e rinviare gli atti in Procura (quindi dare il via ad una udienza preliminare dove il giudice decide se rinviare o meno a giudizio Berlusconi) o accogliere la richiesta (in questo caso il Cavaliere andrebbe direttamente a processo). A quel punto Ghedini e soci potrebbero sollevare un conflitto di attribuizioni fra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale. Ciò fermerebbe il processo per mesi. Ma nell’attesa della decisione della Consulta verrebbero fermati anche i tempi di prescrizione. Una serie di corcostanze che preoccupano il premier e i suoi avvocati. I tempi per mettere a punto una strategia stringono: l’indagato potrebbe essere processato al massimo a fine marzo.

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